venerdì 21 marzo 2014

"Aspettando altro" di Annalisa Gabriele

Ladispoli. Arrivo e cerco il mare. Alzo un po’ la testa, mi sporgo ma niente. E' lì. dietro l'angolo ma tagliato fuori da questa gara che non a caso si chiama ''Correndo nei Giardini''. Il passaggio sul lungo mare e l'arrivo in piazza è stato sostituito per necessità logistiche. Ora è tutto più godibile con l'ampio spazio per il ritrovo delle società. Il pratone circostante dove i nostri figli hanno giocato e ci hanno ignorato fino al momento di ripartire e un percorso più lineare con una zona partenza ampia e scorrevole. Meglio. Sicuramente meglio in  tutto e per tutto. Eppure la mia natura nostalgica mi fa comunque rimpiangere quell'altra corsa. Quella di qualche anno fa, con il tratto sul lungo mare e l'odore del sale. Quella che se capitava la giornata nera dovevi correre prima contro il vento e poi con i km. Bella quella gara, bella anche questa. Sicuramente meriterebbe maggior attenzione mentre invece rimane un pò strozzata nella terra di nessuno. Là sul limite ambiguo di una maratone incipiente. Ma non una maratona...LA MARATONA. La maratona di Roma. Quella tanto attesa e preparata. Quella dei sogni, dei debutti, della paura, dell' esserci a tutti i costi. Quella che catalizza e muove ogni km, ogni gara, ogni discorso prima di lei. E dopo....dopo non c'è niente. Non lo so. Vorrei solo che finisse. Che passasse. Vorrei solo essere già al di là.
Chiaro quindi che i 10mila a Ladispoli sono km corsi con un piede in due scarpe, gareggiando qui ma pensando ad altro. Riduttivo purtroppo relegare la Correndo nei giardini come un mero test. Ma per moltissimi è così. Un check up prima del grande salto anche se la giornata meriterebbe di più. Ma c'è poco da fare. Quando uno passa mesi con un obbiettivo scritto in fondo ad una tabella, l'obbiettivo è tutto ciò che rimane. Non c'è spazio per niente'altro se non per la nostra stessa ansia che sale. Ce la farò? Sarò all'altezza? A volte tutto sembra congiurare e tutto sembra precipitare un attimo prima del momento atteso. Dolori, infortuni, febbri. Con una analisi psicologia da pacchetto di patatine si liquida il tutto  con una definizione: '' strizza ''. E' la paura. Il  nervosismo. Come se il nostro corpo ci offrisse un'alternativa. Una via di scampo da quello che a volte ci auto-infliggiamo. Troppa tensione e carica a mille e rischiamo alla fine di arrivare scarichi come palloncini mosci della festa della sera prima. Sarà così o no questo non ci è dato di sapere. Ma la Maratona, anche se la GARA, in fondo non è altro che UNA gara...un bel viaggio a cui vale la pena di partecipare.Una festa, un evento. Non dobbiamo rimane vittima delle prestazioni o delle aspettative. Le nostre prima di quelle altrui. Ma dobbiamo avere il coraggio di provare. Di fare quel primo passo e saltare giù. Come un giro sulla giostra che da sotto fa paura, in volo toglie il fiato ma quando finisce, con il cuore ancora a mille e le guance rosse d'emozioni, ti viene solo da pensare: Lo rifacciamo?
Ma dov'è il mare che non lo vedo? C'è, c'è. E' solo un po' più in là. Dietro quella curva...corro e penso ad altro. A domenica. La partenza. Il lungo Tevere. Il fiume infinito di gente.
Corro e sento la fatica, i dolori... mi metto le mani sui fianchi. Scuoto la testa.
Ma domenica è qui. Si avvicina. Ci viene in contro col passo sciolto del Keniano campione. Saremo pronti?
Lo scopriremo presto, troppo presto mi dico.
Ma lì. Fermi in attesa tremanti ,con il numero appiccato proprio sopra il cuore, sarà tutta un'altra storia.   
Correrò forse...e intanto cercherò il mare.

Nessun commento:

Posta un commento

Licenza Creative Commons
runisnow è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.