lunedì 31 dicembre 2012

WE “RAMAR” RUN ROME

La rotellina della lancetta più piccola gira e si posiziona su un morbido 08.30, utopistico tentativo di alzarmi due ore dopo delle classiche 06.30, mi esce comunque un sorriso spontaneo, “voglio dormire di più” e tentar non nuoce, giù la testa sul più soffice dei cuscini, luce spenta e testa che inesorabilmente vola nei luoghi che conosci e che fanno parte del percorso della gara del giorno dopo. Piazza Venezia, il Colosseo, tutto il centro di Roma, chi non li conosce?! Pensi che su via del Corso potresti allungare un po’ per poi ammorbidire il passo sulla salita del Pincio, una vera cima “Coppi”, pensi che sulla discesa di Via Veneto potresti andare al massimo per migliorare il tuo “personal Best”, pensi..., soprattutto pensi al ginocchio che ti fa male da una settimana e che domani ti impedirà di goderti a fondo la gara. Dicesi condropatia rotulea, chi non l’ha mai avuta?! Lascia l’amaro in bocca, è davvero fastidioso l’infortunio, lacera più la mente che il corpo. La sveglia non suona, non serve, gli occhi si schiudono da soli alle 07.30, orario più che diplomatico, Cesare è lì con il suo visetto che mi chiede di accompagnarlo al bagno, la luce filtra tra le fessure della serranda, c’è il sole, bene. Come un pugile stordito mi siedo sul letto, infilo le pantofole e accompagno questo grillo già carico a pallettoni. “Papà voglio il latte”, so che ne berrà pochissimo e che è solo la scusa migliore per non sentirsi dire di tornare a letto, c’è la gara e mi devo preparare e quindi lo assecondo. L’appuntamento con Roberto è alle 09.30 al bar per un caffè insieme, oggi con noi ci sarà anche Mauro, finalmente anche lui è riuscito dopo tanti infortuni a dare continuità alla sua corsa e vuole provare una gara, forse sarà un futuro ramarro. C’è aria di festa in giro, è il 31 dicembre e c’è voglia di baldoria, non se ne può più di sentirsi dire che c’è la crisi e che dobbiamo pagarla noi, sempre e solo noi, l’anno finisce e si tirano le somme, e per noi le somme sono i chilometri macinati durante l’anno solare, 500, 1000, 1500, chi più ne ha, più ne conta. L’aria è fredda, ma è un bel freddo, secco e pungente e il sole è forte, mi copro comunque bene e opto per il pantalone lungo. In zona Circo Massimo, la confusione regna sovrana, auto che cercano parcheggio, runners che attraversano a gruppi la strada, giovani stranieri venuti da tutta Europa per un incontro di Fede. Lo stadio di Caracalla, intitolato al mitico Nando Martellini ci accoglie nel rumore assordante degli altoparlanti da dove esce la voce di una ragazza che sprona i presenti a darsi da fare con alcuni esercizi di aerobica, che carica!! Sono le 10 in punto e io sono ancora in versione semi-Dio, metà uomo e metà divano, ciondoloni mi dirigo nella White House dei Ramarri, il mitico Presidente e gli altri sono tutti lì, un “tanti auguri” generale e ritiro il pacco gara. L’adunata viene chiamata dallo speaker che poi si attarda qualche minuto per elencare gli atleti migliori presentatisi ai nastri di partenza, le ultime chiacchiere con Roberto e un disorientato Mauro, il ginocchio mi fa male e non so cosa fare della mia gara, il via comunque arriva e il fiume di gente inonda inesorabile strade e Sampietrini romani. Percorro 100 metri e capisco subito che è meglio evitare di forzare, mi volto e alle mie spalle vedo una rassicurante onda verde, decido di cavalcarla e condividere con loro la strada, sono gli Amatori di Villa Pamphili, la mia squadra. I ramarri oggi fanno festa, qualcuno corre per un primato, qualcuno per un sorriso, l’importante è esserci, partecipare. Roma è bellissima, noi lo siamo anche di più. Urla, incitamenti, foto e schiamazzi, una gara davvero diversa dal solito, meno faticosa ma altrettanto emozionante, al traguardo i nostri palloncini verdi volano liberi nel cielo, abbiamo vinto o almeno per me è così.. Un’altra gara è finita e il gonfalone sventolato per la vie capitoline può tornare a casa, siamo già pronti per la prossima, stavolta senza infortuni spero. Tanti auguri a tutti, soprattutto alle mitiche ristoratrici del gazebo dei Ramarri, che ci fanno tornare a casa sempre con la pancia piena.

We Run Rome - 31/12/2012

domenica 9 dicembre 2012

Che tramontana!

"Bestwoman 2012"
Freddo… ancora prima di aprire gli occhi… nonostante il piumone e Isabella “ancorata” al fianco, con la mamma girata sull'altro lato… freddo. Apro gli occhi, è domenica, ma oggi è giorno di gara e alzarsi dal letto non è così sgradevole. La fluorescenza sulle lancette della sveglia segna le 06:59, un minuto prima di quel fastidioso Drin-Drin che non faccio in tempo a fermare. Allungo la mano e metto a tacere questo urlo nel silenzio. Fermo e immobile aspetto qualche secondo per controllare se tutto è rimasto invariato, nessun rumore, via libera, scivolo come sempre fuori dal letto e comincio a pregustare l’odore e il sapore del caffè. La caffettiera è già pronta ad aspettarmi dalla sera prima, oggi c’è una sorpresa in più… l’albero di natale e accendo le luminarie per farmi compagnia. Pane, miele e caffè, la colazione è archiviata e per evitare di sentire troppo freddo m’infilo subito la divisa da gara, doppia maglia termica e pantalone lungo, calze e scarpe. Cerco di fare piano per non svegliare nessuno, ma dietro di me sento dei piccoli passi e un bimbo che si lamenta “papà oggi non vai a correre?!”. Il primo figlio è sveglio e so bene che dopo lui, la piccola urlatrice, richiederà il trasporto gratuito dal lettone di mamma e papà, al divano del salone. Detto... fatto!! Mia moglie mi getta un’occhiata sinistra mal gradendo l’orario. Sono contento, la compagnia e un po’ di confusione la domenica mattina mi piace, i bambini sanno di non andare a scuola e sono più carichi, più euforici, siamo noi adulti che ci siamo fatti corrompere dal sonno. L’appuntamento con Roberto è per le 08.30 e c’è ancora tempo per due chiacchiere e per fare mente locale sul borsone… asciugamano, tuta di ricambio, maglietta, guanti e cappello. Saluto tutti, baci e abbracci, nel frattempo anche Giulia, l’ultima dormiente, si è svegliata. Lascio un quadretto familiare fatto di pigiami festanti intorno ad una colazione, antiscivolo e pantofole fanno gola, ma fuori c’è la strada ad aspettarmi e soprattutto... il freddo. 
Niente scale oggi, prendo l'ascensore, non mi sento in grande forma, ho corso poco in queste due ultime settimane, la voglia quella è sempre immutata, ma le sensazioni sono pessimistiche... portasse bene. Entro in un frigorifero mascherato da macchina e vado a prendere Roberto, destinazione Fiumicino. Il vento è forte, la tramontana dopo mesi di assenza è tornata impietosa e non c’è modo di coprirsi, il gelo trova sempre uno spiraglio. Le quattro chiacchiere del viaggio hanno per il solito oggetto, la Roma, grande vittoria la sera prima, grande Francesco Totti e giù fiumi di complimenti. La zona della gara, il parcheggio, i colori della gente, dei podisti, dei runner, di quei matti, di quei “ma chi ve lo fa fare”, riempiono una città un po’ grigia nonostante i cielo non sia proprio coperto. La casa dei Ramarri è lì, in lontananza si vedono già le canottiere verdi, qualche faccia vista e qualcun’altra no, un po’ di timidezza nel salutare chi si conosce appena e soprattutto tanta allegria. Il contesto è leggermente diverso, una pista d’atletica dove la maggior parte di noi inizia a scaldarsi, siamo in zona arrivo. La fila ai bagni è puntuale come lo starter, ore 10.00 in punto e “bang”, finalmente pone fine alla sua personale battaglia per tenere fuori dalla zona “calda” i pettorali non addetti. La gara è veloce, tanti cercano di migliorare il proprio personale, sotto l’arco New Balance passano migliaia di persone, ma le strade si prestano bene, larghe e senza troppe macchine posteggiate, gli abitanti della zona saranno già scappati per evitare la nostra pacifica invasione. Lo sforzo è comunque grande, cerchi di dare il meglio di te e di batterti, è l’unico momento dove l’attività ludica lascia il posto all’agonismo, e tu sei il rivale di te stesso, l’uomo o la donna da battere e il tempo è l’unico giudice, imparziale e tiranno. Una presentazione veloce con Luca e un altro paio di Ramarri e via verso l’ignoto, inghiottiti da un percorso che non tutti conoscono. Dopo la mezza a Fiumicino portata a termine con tanta difficoltà, i 10 km mi fanno sentire più sicuro, mi accodo ad un gruppo della Podistica Casalotti e mi faccio trainare fino all’8° km, poi stringo i denti e cerco di allungare il passo, tengo duro e il vento mi da un aiutino spingendomi verso il traguardo, ora fa più caldo, forse mi sono coperto troppo e il timido sole che si affaccia tra le nuvole ci mette del suo. Entro di nuovo nello stadio e un “dai Carlo!” urlato da Roberto, mi sprona a fare l’ultimo sforzo, l’ultima curva, breve rettilineo e traguardo. Sempre più emozionante. 46’39” il mio miglior tempo. Sono felice. Poi tutto finisce, si tolgono gli indumenti bagnati, si risale in macchina e con il cuore pieno di soddisfazione si torna a casa. Un’altra gara è finita e la fine è la parte più brutta della gara.

sabato 17 novembre 2012

La fuga

Ama, Acea, Planimetrie, piagnistei, bla... bla... bla..., ALT! Fermi tutti.
Ad un certo punto la mente si ferma, gli occhi vedono il movimento delle labbra altrui, ma le orecchie non percepiscono il suono, tutto si fa molto ovattatato, solo una vocina da dentro ti fa dire "vado a correre", allora ti alzi e come nella più classica delle ritirate, prendi su le prime cose che servono e ti catapulti fuori... niente gare, ma la classicissima uscita che da ormai un anno a questa parte è diventata compagna, amante e soprattutto terapeuta. Il luogo è sempre quello, Villa Pamphili, un tempo sconosciuto posto privo di interesse, oggi il mio tempio dedicato alla salute del corpo e della mente. La salitella di Sanpietrini all'ingresso, da fare a marcia ridotta, è il preludio alla fatica, raggiungi la cima e sei lì, sguardo a destra verso la casetta dei runner e a sinistra verso il viale alberato dove già qualcuno corre. Un po' di stretching, il chrono e via... oggi niente tempi, niente lavori, solo lei... villa Pamphili. Le gambe un po' dure ancora offese dalla fatica di domenica stentano a reagire, qui e là le mamme con i loro passeggini che si pavoneggiano dei loro tesori nascosti sotto le copertine, anziani che passeggiano con sguardi malinconici. I colori sono accesi, il verde è lussureggiante e il cielo è più azzurro, corro la mia oretta con estrema passione, stringo i denti e mi godo tutti i profumi del bosco. Quando torno a casa le ricevute, i pagamenti e i bla... bla... bla... sono ancora lì, ma hanno tutto un altro sapore. 

@ fotofhania - Villa Pamphili - Roma

domenica 11 novembre 2012

La mia prima mezza...

www.romacorre.it
Nonostante la sveglia fissata per le ore 06.30, alle 05.45 sono già in piedi. Scivolo fuori dal letto nel silenzio più assoluto, neanche fossi un topo d’appartamento, sono molto in anticipo rispetto all'incontro fissato con Roberto per le ore 07.45. Un’ora e un quarto è più che sufficiente per prepararmi, evitando di farlo la sera prima e poi quell'oretta di solitudine mi piace, Roma ancora dorme, i figli pure e tutto è semplicemente… silenzio. Per me è quasi un rito, tutto deve essere svolto con assoluta calma, caffè caldo non troppo amaro, due fette di pane con il miele, il borsone, il completo da Ramarro, il cambio per la pioggia e soprattutto le scarpe… fedeli compagne di tanti chilometri, oggi all'ultima uscita... tutto accuratamente posizionato all'interno della sacca. La luce fuori dalle finestre è più forte, il giorno è cominciato, ma dentro casa la notte è ancora sovrana come non volesse andar via. Fuori le nuvole sono nere e non lasciano presagire nulla di buono, ma la temperatura è gradevole. Arriva il momento di uscire, chiavi della macchina in mano e borsa nell'altra inforco le scale del mio palazzo e tutte d’un fiato me le lascio alle spalle, davanti al portone la macchina ad attendermi, parcheggiare davanti casa è un miracolo a Roma. Passo sul luogo dell’appuntamento e trovo Roberto in tenuta da gara, pronto ad aspettarmi con ancora tanto sonno a fargli compagnia. Il tragitto passa veloce, Fiumicino è vicina e non ci vuole molto, le solite quattro chiacchiere pre-derby e siamo in zona palazzetto dello sport dove fortunatamente troviamo un grande parcheggio. Tante auto, tanta gente, solita atmosfera ludica, ma con un’insolita variante… il libeccio, forte e caldo. A circa 100 metri da noi scorgiamo il gazebo bianco e verde degli Amatori di Villa Pamphili (un gruppo fantastico), non ci sono le bandiere a sventolare per via del vento, ma è ben riparato da una casetta dell’Enel, ottima sistemazione. Saluti e convenevoli come da copione e soprattutto ritiro del pettorale, oggi mi tocca il 1313, non mi piace un granché, il 14 è il mio numero preferito, ma non è poi un grande problema. Tolgo la tuta, via le scarpe e indosso calzoncini e canottiera bianco verdi, il mio ramarro sul petto ha lo sguardo aggressivo oggi, io molto meno, ipod al braccio, indebitamente asportato nella notte dalla scrivania della mia piccola Giulia, sintonizzato sui 92.7 per sentire un po’ di corbellerie calcistiche su Roma e Lazio. Roberto è in forma, l’influenza l’ha finalmente abbandonato, tonico come sempre m’invita ad iniziare il riscaldamento, intorno al palazzetto di Fiumicino migliaia di persone corrono su e giù lungo il viale come uno stormo di storni che insegue il capo e si lasciano andare a giochi e acrobazie degne di un pittore. Gli ultimi minuti passano veloci ci portiamo verso la linea di partenza dove troviamo già tante persone che cercano di accaparrarsi i migliori posti per la partenza, con assoluta reverenza e ammirazione si lasciano i posti davanti ai runner più forti per evitare”tappi” insensati, il bello di quest’ambiente è che non ci sono prime donne, ma tanti amanti di uno stile di vita. Lo speaker avvisa che manca 1 minuto alla partenza, con Roberto ci salutiamo lui si porta più avanti per raggiungere la zona più adatta al suo crono, io mi piazzo davanti al pacemaker con il palloncino fuxia che segna 1h 45... è il mio secondo obiettivo, il primo è solo arrivare. E’ la mia prima mezzamaratona, sono pronto, emozionato e eccitato, niente paura, niente giochi... solo sport.
3… 2… 1… partenza! Il ruggito della folla e le prime gocce d’acqua iniziano la competizione insieme, poche decine di metri e subito una rotatoria ci lancia nel controviale come a fare da molla, solita bagarre per cercare un metro di strada libera davanti, attenti a non sgambettare chi si trova a pochi centimetri da noi. Il cartello del primo km arriva quasi subito, il ritmo è quello programmato e all'orizzonte non sembrano esserci problemi, tutto procede al meglio, la strada è abbastanza larga da permettere una discreta distanza tra i runner presenti. La gente che guarda non sembra molto entusiasta di questa invasione e le macchine che aspettano il passaggio del gruppo hanno sguardi sinistri e spazientiti. Fino al 7° km tutto procede al meglio, corriamo fuori dal centro abitato, poi mi accorgo di aver commesso un errore abbastanza grossolano, esco dal gruppo e mi metto a fare andatura davanti al pacemaker, lasciando che il vento si abbatta su di me con tutta la sua forza. Sul lungo mare tra l’ottavo e decimo chilometro soffro parecchio le condizioni meteo, anche se la pioggia non è ancora battente. A metà percorso si scatena il diluvio. Stiamo per risalire il Tevere e vedo tante persone abbandonare la gara, le condizioni diventano a dir poco proibitive, vento trasversale e pioggia forte, le nubi nere lasciano la sensazione che stia tornando in anticipo la sera. Le scarpe appesantite dalla pioggia e dall'acqua sull'asfalto, le pozzanghere sono tante, qui e là ogni tanto si vede il flash di qualche fotografo che solidarizza con noi e si prende la propria dose di acqua. Riesco a tenere il ritmo dei 5’ a km, con qualche difficoltà, fino al 14° poi entro irreversibilmente in crisi, maledicendo i 10 km del giorno prima fatti a 4’50, troppo per me. Stringo i denti e pian piano perdo contatto con il mio gruppetto e soprattutto con quei palloncini fuxia che mi avevano dato forza. L’andatura diventa sempre più lenta, cerco però di non demordere e soprattutto di non andare via con la testa, rimango concentrato, nelle cuffie mi passano i gol dei vecchi derby vinti dalla Roma e “urlati” da Carlo Zampa, il volume è troppo alto, ma non ce la faccio neanche ad abbassarlo, dovrei “smontarmi” il braccio. Gli altri corridori che mi sfilano m’incitano, grazie a Francesco un altro Ramarro di Villa Pamphili e a Roberta con il nome scritto in bianco sulla canottiera blu, arrivo al ristoro del 18° km con le labbra completamente asciutte, nonostante la pioggia. Bevo un sorso d’acqua al ristoro rischiando di affogare, e comincio a contare uno ad uno i birilli arancioni e bianchi che delimitano la corsia a noi riservata rispetto alla auto, tento di distrarre la mente dalla fatica. Continuo a ripetermi che devo farcela, non sto andando poi così male e la pioggia è anche finita. Il cartello dei 20 km, mai percorsi in vita mia, è bello e mi strappa un sorriso, vedo da lontano il palazzetto dello sport, manca poco ma non sono ancora arrivato e non devo mollare. C’è più gente in giro, ci sono molti fotografi, qualcuno incita a non mollare, tanti hanno già finito… lì davanti a me ci sono gli ultimi 100 metri, ultimo flash, sono arrivato, fermo l’orologio a 1h47’54” con 5’07 a km. Le gambe m’implorano di fermarsi, cammino e vedo Roberto che si sta già cambiando. 
Sono distrutto, ma sazio di felicità, ce l’ho fatta, la mia prima mezza maratona.

Fiumicino Half Marathon - 11/11/2012

domenica 8 luglio 2012

Una domenica al mare!

@fotofhania
E' domenica e, ringraziando il cielo, approfitto di una casetta al mare, dove passo generalmente i w.e. Mi aspetta un'uscita lungomare che è sempre molto gradita.
Un trillo inquietante! Apro gli occhi e vedo che la luce filtra dalle persiane, ci metto un po' a capire di cosa si tratta, è la sveglia delle ore 07.00, ma non mi muovo dal sudario prima delle 7.20, ho ancora la testa appesantita dal sabato sera appena trascorso, troppe bollicine e troppi tappi di sughero, mi trascino in cucina e mi sparo una caffettiera piena zeppa di caffè, giusto o sbagliato non lo so, ma senza non ce l'avrei mai fatta. 

Mi vesto da supereroe, metto la testa sotto l'acqua e parto, dalle cuffiette arriva una voce metallica che mi avverte "segnale GPS valido!", è simile ad un gancio destro sui reni, per me è l'equivalente dello sparo di uno starter sui 100 m piani, significa semplicemente che devo cominciare a correre perché i dati della mia attività da quel momento in poi vengono registrati. Sospiro... abbasso la testa e parto... tra i vicoli delle case bianche alle 07.30 di domenica mattina ci sono io, qualche donna anziana, che trascina assonnata verso il mercato il carrello della spesa, e qualche coppietta con i passeggini o le carrozzine che portano i pargoli a godersi le prime ore del mattino in spiaggia. Tutti si girano al rumore dei miei piedi che "sbattono" appesantiti sull'asfalto. L'aria è pungente, fresca, come a chiedere scusa per il calore della notte. Sulla strada i rigagnoli d'acqua che sbucano da sotto i cancelli, orfani di prati innaffiati alle prime luci dell'alba, danno ancora di più la sensazione di freschezza.

Il primo km passa sornione ad un ritmo lento, stranamente sento le gambe che a differenza della testa rispondono bene, davanti a me l'ingresso della spiaggia, opto per la strada e svolto bruscamente verso sinistra, mi si presenta una lingua d'asfalto non ancora infuocata dai raggi del sole, la imbocco senza patemi, nel frattempo la mia testa comincia a collaborare.

Ad ogni minuto che passa vedo il paese svegliarsi, le auto aumentano, i primi ambulanti con i loro furgoni aprono i tavoli e posizionano le mercanzie, mi guardano come fossi un alieno sceso da chissà quale pianeta, se non fosse per il lavoro starebbero sicuramente a letto. 

Ogni tanto incrocio un compagno di avventura (scoprirò poi che quel signore in canotta verde è Sandro Curzi), un cenno rapido con la mano e proseguo lungo la mia strada. Il vento è fresco e tra una casa e l'altra riesco a vedere la spuma bianca delle onde, il mare oggi è mosso e i bambini si dovranno accontentare di giocare sulla riva. Ormai l'orologio ha superato le 08.00, il mio ginocchio destro si mette a fare un po' i capricci, ma capita spesso e io preferisco ignorarlo e per dispetto alzo un po' il ritmo giusto così per fargli capire chi comanda. Il sole comincia a farsi pressante, alza la voce e io non posso far altro che cercare maggiori zone d'ombra, sono a metà del percorso e ho la sensazione che la mia rappresenti una sorta di ritirata militaresca.

Sono sereno, stanco, ma terribilmente soddisfatto di tutto quello che c'è dentro di me e fuori, a circa 2 km da casa mi chiedo se sono in grado di affondare le scarpe sull'asfalto in modo più grintoso, comincio ad allungare la falcata, le gambe vanno... il cuore pure... tutto va bene anche il ginocchio ha smesso di cigolare, le auto mi passano accanto lasciando dietro di loro un pessimo odore, respiro a pieni polmoni, continuando a sudare come una fontanella romana. 

In lontananza intravedo casa mia, sono quasi arrivato e un velo di malinconia quasi mi prende... avrei potuto correre un po' di più, ma ormai ci sono, mi fermo e do lo stop a tutto, crono, applicazione e radio... apro il cancello e una voce mi dice "Papà andiamo al mare!!!", è mio figlio, gli rispondo "Certo! di corsa!"
Amo correre!

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