Due lunghi anni a cercare di immaginare, solo
immaginare, questo momento.
Due lunghi anni a pensare, pensare a cosa mi sarebbe piaciuto scrivere dopo, pensare alle foto che avrei guardato, al pettorale appeso in camera mia dietro il vetro, un vetro troppo più pulito di tutti gli altri per non essere evidente a chiunque di che momento importante si tratta.
Adesso ho dimenticato tutto perché l'emozione è talmente forte che è passato tutto in secondo piano, anche quello a cui pensavo da tempo e che mi sembrava giusto scrivere, ci sono voluti mesi per metabolizzare, per realizzare di esserci stata davvero, per capire di averlo vissuto davvero quel momento, di aver davvero corso LA maratona.
Si perché la maratona di New York non sono solo 42.195 metri....New York è di più.
E' gente che urla il tuo nome.
Cartelloni che ti fanno sorridere nonostante la fatica.
New York è una città in festa, la città che non dorme mai che per un giorno si ferma per noi runner.
Non un solo metro senza una folla delirante che ti trascina. Non un solo metro.
Ho sognato quella finish line per due anni, ogni allenamento, ogni mezza maratona, ogni maratona, ogni gara da 10, ogni passo, ogni ripetuta, ogni salita, ogni discesa, tutti gli allenamenti che ho fatto prima sono stati fatti pensando sempre a come sarebbe stato il momento in cui la finish line sarebbe stata quella di Central Park, nella mia testa visualizzavo sempre quel "26 mile" blu/arancio ovunque mi trovassi, sulla ciclabile lungo il Tevere, sul lungomare della mia San Leone, per le strade Liguri... io vedevo solo quello. Sempre quello. E ridevo, sorridevo, perché sapevo che era questione di tempo.
Quella finish line che nel 2012 ho visto solo da lontano sarebbe arrivata, anche per me, nonostante la delusione dell'anno precedente, nonostante il freddo, il vento, la fatica, sarebbe arrivata.
E fu sera e fu notte e suonò la sveglia alle 4.30, il pettorale già spillato saldo sulla maglia, fuori buio ma già aria di festa, caffè caldo e tanta adrenalina.
Vitamine, cappellini di pile, un po' di incredulità ancora ed arrivi lì...la partenza per Staten Island....
Ancora un po' stordita vedo lei, Elda... un abbraccio ed un sorriso ed è come se ci fossimo lasciate il giorno prima e invece non ci vediamo da un anno!
L'attesa della partenza è gelida, non c'è altro modo di definirla, il Verrazzano bridge è lì davanti a noi, tira vento, alcuni dormono in tute di piuma d'oca, alcuni si coprono con i sacchetti neri della spazzatura, un forte odore di canfora ovunque, io perdo una lente a contatto e coinvolgo i miei amici nella mia personale tragedia risolta grazie all'eccellente servizio di soccorso.
Ci chiamano, è ora, si entra nei "corral", si va in griglia... si buttano i pantaloni di pile, la felpa... ma fa freddo e si tengono i guanti e i cappellini.
Emozionati come bambini arriviamo al Verrazzano Bridge, inno
americano, lacrimuccia, New York New York e lo sparo...il momento che ho
sognato è lì, è vero, lo sto vivendo, la sto correndo sul serio, sono qui!!!!
Due lunghi anni a pensare, pensare a cosa mi sarebbe piaciuto scrivere dopo, pensare alle foto che avrei guardato, al pettorale appeso in camera mia dietro il vetro, un vetro troppo più pulito di tutti gli altri per non essere evidente a chiunque di che momento importante si tratta.
Adesso ho dimenticato tutto perché l'emozione è talmente forte che è passato tutto in secondo piano, anche quello a cui pensavo da tempo e che mi sembrava giusto scrivere, ci sono voluti mesi per metabolizzare, per realizzare di esserci stata davvero, per capire di averlo vissuto davvero quel momento, di aver davvero corso LA maratona.
Si perché la maratona di New York non sono solo 42.195 metri....New York è di più.
E' gente che urla il tuo nome.
Cartelloni che ti fanno sorridere nonostante la fatica.
New York è una città in festa, la città che non dorme mai che per un giorno si ferma per noi runner.
Non un solo metro senza una folla delirante che ti trascina. Non un solo metro.
Ho sognato quella finish line per due anni, ogni allenamento, ogni mezza maratona, ogni maratona, ogni gara da 10, ogni passo, ogni ripetuta, ogni salita, ogni discesa, tutti gli allenamenti che ho fatto prima sono stati fatti pensando sempre a come sarebbe stato il momento in cui la finish line sarebbe stata quella di Central Park, nella mia testa visualizzavo sempre quel "26 mile" blu/arancio ovunque mi trovassi, sulla ciclabile lungo il Tevere, sul lungomare della mia San Leone, per le strade Liguri... io vedevo solo quello. Sempre quello. E ridevo, sorridevo, perché sapevo che era questione di tempo.
Quella finish line che nel 2012 ho visto solo da lontano sarebbe arrivata, anche per me, nonostante la delusione dell'anno precedente, nonostante il freddo, il vento, la fatica, sarebbe arrivata.
E fu sera e fu notte e suonò la sveglia alle 4.30, il pettorale già spillato saldo sulla maglia, fuori buio ma già aria di festa, caffè caldo e tanta adrenalina.
Vitamine, cappellini di pile, un po' di incredulità ancora ed arrivi lì...la partenza per Staten Island....
Ancora un po' stordita vedo lei, Elda... un abbraccio ed un sorriso ed è come se ci fossimo lasciate il giorno prima e invece non ci vediamo da un anno!
L'attesa della partenza è gelida, non c'è altro modo di definirla, il Verrazzano bridge è lì davanti a noi, tira vento, alcuni dormono in tute di piuma d'oca, alcuni si coprono con i sacchetti neri della spazzatura, un forte odore di canfora ovunque, io perdo una lente a contatto e coinvolgo i miei amici nella mia personale tragedia risolta grazie all'eccellente servizio di soccorso.
Ci chiamano, è ora, si entra nei "corral", si va in griglia... si buttano i pantaloni di pile, la felpa... ma fa freddo e si tengono i guanti e i cappellini.
Web |
SONO
QUI CAZZO!
L'arrivo a Brooklyn è sconvolgente, un tifo mai visto, la gente legge il tuo nome sulla maglia e non fa che incitarti, bambini, nonni, giovani famiglie, tutti... dalle finestre, per strada, dai bar, la musica è ovunque, le campanelle suonano ad ogni metro e non sei mai solo, anche solo pensare di usare l'ipod è pura follia, mai e poi mai avrei potuto perdermi i "go Peppa go... go Italiaaaa... italianoooo gooooo".
Brooklyn è piatta, lo sapevo, me lo avevano detto, ma tenersi è difficile, corro, godo, sogno, canto, rido, do il 5 a tutti quelli a cui posso darlo, faccio come sempre la scema con i fotografi... è un fiume, in piena, e non si ferma.
Il cuore batte, l'emozione è a mille fino al ventunesimo quando vedo Federico con un cartellone e Sergio con la bandiera della Trinacria, li saluto urlando anche io e appena giro l'angolo scoppio a piangere "taglia la curva, taglia la curva" urlo a Silvia e così cerco di concentrarmi ancora, ma le lacrime vanno e fermarle è difficile.
Le dolenti note non tardano a farsi sentire e arriva lui, Lui anzi, il temutissimo Queensboro bridge... sconfinato, infinito, in maledetta pendenza ed in maledettissima salita, rallento ma ce la faccio, i miei amici mi seguono dall'Italia piuttosto che deluderli striscio! Arriverò, anche a quattro zampe, non posso deludere Chiara, Silvia, Fabio e Gianluca! Rallento ma è dura, sale e sale e non sembra finire mai, in quel momento ho pensato che non avrei mai più corso maratone nella mia vita, ma è durata un attimo… tranquilli, non potrei mai smettere di fare ciò che mi rende così felice.
Ho sofferto su quel ponte, ho sofferto il freddo, ho sofferto sui tibiali, ho sofferto il silenzio, perché quello si è l'unico punto dove non può esserci pubblico ed anche per questo è il punto più duro.
Vento e ancora vento, freddo e ancora freddo e il ginocchio, sta zitto tu! non fa male, non fa male, non fa male, parte il mantra e smette di fare male, perché la psicologia funziona più del ketoprofene.
Arrivati nuovamente a Manhattan avevo già deciso di fare almeno altre due maratone e di rifare New York senza averla ancora finita, perché quando si fa questo sport le endorfine vanno in circolo e tu sembri a tutti un pazzo esaltato nel godere a fare una cosa che tutti i sani di mente evitano accuratamente di fare 42,195 KM SULLE TUE GAMBE!
Il resto del saliscendi continua a farmi soffrire ma vedere Central Park mi fa mettere tutto da parte.
Il 26 miglio.
Quando lo vedo inizio a fare facce strane per trattenere la commozione, qualunque cosa io abbia provato non sono capace di descriverla ma so che se fosse necessario fare altre cento maratone per provarlo di nuovo le farei.
La gente lo vede ed inizia ad incitarmi in un modo pazzesco, urlandomi che ormai è finita "400 yards to go" leggo alla mia destra, le lacrime spariscono, la poca gente che dopo Boston ha il permesso di stare all'arrivo fa tifo come se non ci fosse un domani, come se tutti fossimo degli eroi "stai entrando nella storia" ti urlano...e tu un po' gladiatore ti senti in quel momento, con quasi 42 km sulle gambe sprinti un attimo e l'agognata finish line è lì, il pianto ha lasciato il posto all'esaltazione totale, incontenibile....
"è realtà" ho gridato..."è realtààààà" ho continuato a dire fino a quando non mi hanno messo la medaglia al collo.
"E' realtà cazzzooooooooo" (che malafigura ho pensato con il senno di
poi)
Il mio sogno è diventato realtà il 3 novembre del 2013, con 1 grado, il sole, tanto freddo e tante lacrime miste a sorrisi.
So che volere è potere non è una frase fatta ma è una grande verità. Ci sono delle persone che voglio ringraziare.
Federico... grazie, grazie per avermi sempre sostenuta, sin dal primo giorno, per averci creduto sempre anche quando era solo un'idea, per non avere mai messo in dubbio che ce l'avrei fatta anche quando ero io stessa a dubitare, per avere sopportato tutti i miei veti alimentari, gli allenamenti estenuanti, i dolori, gli infortuni, per avermi accompagnata sempre alle gare più dure, per tutti i cartelli di tutte le maratone per i cartelli di Firenze, per le urla al 40 km a Roma e per essere impazzito in metro a NY pur di beccarmi ben due volte, per le tabelle appese in cucina, per gli integratori sparpagliati per casa, per la roba da corsa lasciata in giro, per le volte che ti sei alzato alle 6 anche tu la domenica.
Sergio, il mio migliore amico da 37 anni... grazie anche a te, grazie del sostegno, di aver sopportato tutte le mie foto assurde dopo gli allenamenti, grazie per avere tifato sempre, da lontano sei stato sempre vicino, faraway so close. Grazie per essere venuto a New York per me, grazie per quella mail in cui mi dicevi che gli amici ti aspettano all'arrivo e io non capivo cosa volevi dire fino a quando non ho visto il biglietto per NY allegato... grazie per la bandiera e per l'hamburger la sera della maratona!
Il mio sogno mi ha fatto soffrire, mi ha regalato altre due maratone bellissime, mi ha dato nuovi amici, mi ha fatto piangere, mi ha fatto eleggere i killers padrini musicali della ING NYC MARATHON, il mio sogno mi ha fatto allenare in orari che ritenevo impossibili, con condizioni climatiche proibitive, sotto l'acqua, sotto il sole, con il ghiaccio sotto le suole delle brooks, sudata, fradicia, infreddolita, con il raffreddore, in mezzo al lavoro ed in vacanza, mi ha fatto affrontare gare da 30 km con la febbre a 38 mentendo a tutti e dicendo di star bene, mi ha fatto alzare alle 6 la domenica, mi ha fatto superare le cadute, le ginocchia sbucciate, il sangue sui gomiti e i polpacci gonfi fino ad esplodere.
Il mio sogno mi ha fatto sopportare la corsa con 40 gradi, le vesciche ai piedi, le unghie saltate, gli allenamenti andati male e quelli andati alla grande, mi ha fatto tenere regimi alimentari che mai avrei creduto di poter sopportare.
Tutto questo per un sogno, una finish line, una medaglia.
Tutto questo per la gloria, la gloria di un giorno, la gloria personale, tutto questo per trasformare un "impossibile" in "possibile", un "non posso farlo" in "l'ho fatto"! ed io l'ho fatto si, e me la sono goduta, ah quanto me la sono goduta!
Tanto sacrificio.
Con il sorriso, sempre, comunque, con il sorriso.
Ne è valsa la pena? Si. Ne vale sempre la pena.
lo rifarei? LO RIFARO'.
L'arrivo a Brooklyn è sconvolgente, un tifo mai visto, la gente legge il tuo nome sulla maglia e non fa che incitarti, bambini, nonni, giovani famiglie, tutti... dalle finestre, per strada, dai bar, la musica è ovunque, le campanelle suonano ad ogni metro e non sei mai solo, anche solo pensare di usare l'ipod è pura follia, mai e poi mai avrei potuto perdermi i "go Peppa go... go Italiaaaa... italianoooo gooooo".
Brooklyn è piatta, lo sapevo, me lo avevano detto, ma tenersi è difficile, corro, godo, sogno, canto, rido, do il 5 a tutti quelli a cui posso darlo, faccio come sempre la scema con i fotografi... è un fiume, in piena, e non si ferma.
Il cuore batte, l'emozione è a mille fino al ventunesimo quando vedo Federico con un cartellone e Sergio con la bandiera della Trinacria, li saluto urlando anche io e appena giro l'angolo scoppio a piangere "taglia la curva, taglia la curva" urlo a Silvia e così cerco di concentrarmi ancora, ma le lacrime vanno e fermarle è difficile.
Le dolenti note non tardano a farsi sentire e arriva lui, Lui anzi, il temutissimo Queensboro bridge... sconfinato, infinito, in maledetta pendenza ed in maledettissima salita, rallento ma ce la faccio, i miei amici mi seguono dall'Italia piuttosto che deluderli striscio! Arriverò, anche a quattro zampe, non posso deludere Chiara, Silvia, Fabio e Gianluca! Rallento ma è dura, sale e sale e non sembra finire mai, in quel momento ho pensato che non avrei mai più corso maratone nella mia vita, ma è durata un attimo… tranquilli, non potrei mai smettere di fare ciò che mi rende così felice.
Ho sofferto su quel ponte, ho sofferto il freddo, ho sofferto sui tibiali, ho sofferto il silenzio, perché quello si è l'unico punto dove non può esserci pubblico ed anche per questo è il punto più duro.
Vento e ancora vento, freddo e ancora freddo e il ginocchio, sta zitto tu! non fa male, non fa male, non fa male, parte il mantra e smette di fare male, perché la psicologia funziona più del ketoprofene.
Arrivati nuovamente a Manhattan avevo già deciso di fare almeno altre due maratone e di rifare New York senza averla ancora finita, perché quando si fa questo sport le endorfine vanno in circolo e tu sembri a tutti un pazzo esaltato nel godere a fare una cosa che tutti i sani di mente evitano accuratamente di fare 42,195 KM SULLE TUE GAMBE!
Il resto del saliscendi continua a farmi soffrire ma vedere Central Park mi fa mettere tutto da parte.
Il 26 miglio.
Quando lo vedo inizio a fare facce strane per trattenere la commozione, qualunque cosa io abbia provato non sono capace di descriverla ma so che se fosse necessario fare altre cento maratone per provarlo di nuovo le farei.
La gente lo vede ed inizia ad incitarmi in un modo pazzesco, urlandomi che ormai è finita "400 yards to go" leggo alla mia destra, le lacrime spariscono, la poca gente che dopo Boston ha il permesso di stare all'arrivo fa tifo come se non ci fosse un domani, come se tutti fossimo degli eroi "stai entrando nella storia" ti urlano...e tu un po' gladiatore ti senti in quel momento, con quasi 42 km sulle gambe sprinti un attimo e l'agognata finish line è lì, il pianto ha lasciato il posto all'esaltazione totale, incontenibile....
"è realtà" ho gridato..."è realtààààà" ho continuato a dire fino a quando non mi hanno messo la medaglia al collo.
Web |
Il mio sogno è diventato realtà il 3 novembre del 2013, con 1 grado, il sole, tanto freddo e tante lacrime miste a sorrisi.
So che volere è potere non è una frase fatta ma è una grande verità. Ci sono delle persone che voglio ringraziare.
Federico... grazie, grazie per avermi sempre sostenuta, sin dal primo giorno, per averci creduto sempre anche quando era solo un'idea, per non avere mai messo in dubbio che ce l'avrei fatta anche quando ero io stessa a dubitare, per avere sopportato tutti i miei veti alimentari, gli allenamenti estenuanti, i dolori, gli infortuni, per avermi accompagnata sempre alle gare più dure, per tutti i cartelli di tutte le maratone per i cartelli di Firenze, per le urla al 40 km a Roma e per essere impazzito in metro a NY pur di beccarmi ben due volte, per le tabelle appese in cucina, per gli integratori sparpagliati per casa, per la roba da corsa lasciata in giro, per le volte che ti sei alzato alle 6 anche tu la domenica.
Sergio, il mio migliore amico da 37 anni... grazie anche a te, grazie del sostegno, di aver sopportato tutte le mie foto assurde dopo gli allenamenti, grazie per avere tifato sempre, da lontano sei stato sempre vicino, faraway so close. Grazie per essere venuto a New York per me, grazie per quella mail in cui mi dicevi che gli amici ti aspettano all'arrivo e io non capivo cosa volevi dire fino a quando non ho visto il biglietto per NY allegato... grazie per la bandiera e per l'hamburger la sera della maratona!
Il mio sogno mi ha fatto soffrire, mi ha regalato altre due maratone bellissime, mi ha dato nuovi amici, mi ha fatto piangere, mi ha fatto eleggere i killers padrini musicali della ING NYC MARATHON, il mio sogno mi ha fatto allenare in orari che ritenevo impossibili, con condizioni climatiche proibitive, sotto l'acqua, sotto il sole, con il ghiaccio sotto le suole delle brooks, sudata, fradicia, infreddolita, con il raffreddore, in mezzo al lavoro ed in vacanza, mi ha fatto affrontare gare da 30 km con la febbre a 38 mentendo a tutti e dicendo di star bene, mi ha fatto alzare alle 6 la domenica, mi ha fatto superare le cadute, le ginocchia sbucciate, il sangue sui gomiti e i polpacci gonfi fino ad esplodere.
Il mio sogno mi ha fatto sopportare la corsa con 40 gradi, le vesciche ai piedi, le unghie saltate, gli allenamenti andati male e quelli andati alla grande, mi ha fatto tenere regimi alimentari che mai avrei creduto di poter sopportare.
Tutto questo per un sogno, una finish line, una medaglia.
Tutto questo per la gloria, la gloria di un giorno, la gloria personale, tutto questo per trasformare un "impossibile" in "possibile", un "non posso farlo" in "l'ho fatto"! ed io l'ho fatto si, e me la sono goduta, ah quanto me la sono goduta!
Tanto sacrificio.
Con il sorriso, sempre, comunque, con il sorriso.
Ne è valsa la pena? Si. Ne vale sempre la pena.
lo rifarei? LO RIFARO'.
"Pubblico questa cosa due giorni dopo aver corso la mia quarta maratona, a 4 mesi da queste emozioni.....perché leggere LO RIFARO' e sapere di averlo rifatto davvero mi fa sorridere di me stessa e della pazzia che caratterizza chi corre come me, mi fa sorridere perché so che lo RIFARO' ancora, percorrerò ancora la distanza regina e soprattutto sarò ancora lì, al Verrazzano Bridge... prossimamente su questi schermi. Run a mile, Run forever, RUN FOR LIFE."
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