lunedì 24 marzo 2014

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L'arrivo

Spesso la mia gara, come quella di tanti altri, comincia la sera prima con la preparazione, il pettorale, il gps, le scarpe e tutto il resto. C’è uno zaino intero da colmare, facendo attenzione a non dimenticare nulla, perché quando sei lì non vuoi mai farti trovare impreparato. Esagerare, questo è bene.  Quindi stendi la canotta della tua squadra d'appartenenza sul tavolo della cucina e con cura millimetrica posizioni il pettorale, spille da balia e via. Metti il tuo garmin (o chi per esso) in carica, riempi il marsupio di pozioni magiche. Poi guardi la tua opera e non vedi l’ora di svegliarti per indossare tutto quell'ordine, quella precisione. Alcuni dormono, altri dormono sonni agitati, qualcuno non dorme. La sveglia comunque è una liberazione per tutti. La mia suona alle 05.30, mi piace fare con calma. Colazione abbondante come mai in vita mia, mare di zuccheri; miele, marmellata, fette biscottate, ma a farla da padrone per me c’è sempre il caffè. Bevo una caffettiera intera e faccio un torto a mia moglie, di solito ne lascio un po’ per macchiare il suo latte. Oggi capirà, come al solito, del resto.
Nonostante il forte anticipo, arrivo con leggero ritardo all'appuntamento con Roberto delle 06.50. Chiusi dentro la tuta d’ordinanza degli Amatori Villa Pamphili ci dirigiamo verso la metropolitana. Questo serpentone metallico che piano, piano ingurgita altri runners che come noi vanno a vivere questa avventura. Linea “A”, Termini, linea “B”, Circo Massimo, 20 minuti e siamo già al primo obiettivo. Pochi gradini e usciamo all'aria aperta e lì tanti ramarri. Rituale della foto di gruppo e come un plotone di fanteria marciamo verso il Colosseo, neanche avessimo velleità di conquista!
Intorno a sua maestà ci sono migliaia di persone. Gente che si spoglia, gente che si veste. Qualcuno che fa pipì su un muro, tanti  in fila per i bagni chimici. Entriamo dentro le prime griglie, tanta confusione, file di camion guardaroba dove depositare i nostri piccolissimi zaini, ad ognuno spetta il suo. Un po’ di attesa e la solita ressa. La pioggia si ricorda che deve scendere giù e ci regala il primo generoso “sgrullone”, di freddo neanche l’ombra, siamo talmente appollaiati che non riesce ad infiltrarsi tra gli uomini e le donne in calzoncini e gonnelline. La sensazione è che qualcosa nella suddivisione delle griglie sia andata storta e la partenza diventa unica. Un blocco unito. Lenta. Pianissimo, la massa di uomini e donne si spostano in un unico movimento, passiamo davanti al Vittoriano e comincia la danza. La nave ha lasciato il porto.
Una moltitudine infinità di gente impedisce di prendere il passo, continui strappi, si fa più fatica così, si passa da scatti repentini per guadagnare pochi metri a improvvisi stop. I primi ristori mi confermano che la macchina organizzatrice ha commesso qualche errore, pochi rifornimenti, fortunatamente siamo solo all'inizio e spero che le cose andando avanti miglioreranno. Trovo piacere a vedere quanti commilitoni giunti d’oltralpe ci sono accanto a me. Mi sa d’importante.
All'ottavo km con i miei compagni di squadra siamo ancora compatti, passiamo sotto casa di Stefano e salutiamo la sua famiglia, Lea e i bambini. Viaggiamo già verso nord, verso il punto più lontano. La risalita del Tevere vede il nostro gruppo sgretolato, Francesco è avanti sin dalla partenza, altro passo il suo, rimaniamo io, Fabio e Stefano distanziati di qualche centinaia di metri da Fabrizio, Francesco e Roberto, dietro di noi seguono Claudio e Andrea. Comunque siamo tutti lì, fino all'ingresso nel quartiere Prati, dove Stefano si sgancia da noi, purtroppo per lui la maratona finirà di lì a breve, l’influenza dell’ultima settimana non gli ha lasciato scampo.
Io e Fabio andiamo avanti insieme per qualche altro km, ma vedo che non ce la faccio a sostenere il suo ritmo e lo lascio “scivolare” avanti seguendolo con lo sguardo.
Il momento più bello è stato poco prima della mezza, del 21° km, sul ciglio della strada vedo in lontananza Moira con i miei tesori, mi fermo e li bacio tutti e tre e in mente mi rimane lo sguardo smarrito di Isabella. Sono soddisfatto, riprendo la mia fatica e spero di riuscire a rivederli al traguardo.
La seconda mezza maratona è sofferenza, il primo pensiero che ti fai è quello di dirti che devi correre per lo stesso identico numero di km, una follia! Ormai solo, procedo verso l’acqua acetosa, la parte più brutta del percorso. La pioggia è intensa fino a ponte Milvio dove si affaccia un timido sole e qualche sparuto tifoso.
Roma è silenziosa, ai romani della maratona importa poco. Incontro Peppa in leggera difficoltà, corriamo qualche metro insieme e poi mi invita a proseguire, so che arriverà, è un monumento alla tenacia. Al ristoro del 31 km vedo da dietro sbucare Andrea e Claudio, capisco che il mio passo non è più brillante come prima e mi metto a ruota di questi due “mastini”. Come sempre divido la corsa in tronconi e aspetto quindi il 35° e il suo ristoro, facce note da quelle parti. Vedo prima di tutti Abramo, dopo di lui Ilario con lo sguardo basso, lo chiamo, mi fermo e gli chiedo un bicchiere d’acqua, è rigenerante. Rita, Marina e gli altri. Sorrisi e incitamenti mi spingono fino all'imbocco di via del Corso, tra due ali di transenne piazza del Popolo mi appare lontanissima, nel frattempo mi sono perso sia Claudio che Andrea, il primo più avanti e il secondo dietro. Da lontano vedo un ragazzo a terra avvolto dalla coperta termica, mi giro a guardarlo e vedo che si tratta di Fabrizio, mi fermo a chiedergli come sta, mi dice che sono solo crampi e m’invita a proseguire.
Finirà anche lui stoicamente la sua maratona.
Mi sarebbe piaciuto fermarmi lì con lui a fare due chiacchiere. Prima della galleria del traforo mi sento chiamare alle spalle, mi volto e vedo Andrea, è un sollievo. Percorriamo la discesa finale dell’ultimo km insieme, lui qualche metro avanti. L’ingresso a piazza Venezia è entusiasmante, migliaia di persone, gente che urla nomi di amici, di mogli e mariti, di padri, madri e figli. Prima dell’arco finale sento urlare “papà!” mi giro e sulla tribuna vedo Moira e Giulia, la mia grande campionessa.
Alzo gli occhi al cielo, anche questa volta ce l’ho fatta. Sono felice. Mi appoggio alle transenne spossato insieme a Roberto e Andrea, è davvero una bella soddisfazione.
Carlo, Andrea e Roberto
Quattro mesi fa ho cominciato a preparare quest’avventura, oggi è tutto finito. In fondo penso che  le 3h 57m con cui ho percorso la maratona siano ben poca cosa rispetto a tutto quello che ho vissuto nei giorni precedenti. Adesso che la preparazione è finita e che la gara è  stata corsa sento un senso di vuoto agonistico, una sorta di limbo. Alla fine ripensi a quello che hai vissuto, ai flashback che ti ritornano in mente, alle cose che avresti dovuto fare e non hai fatto a quello che hai sbagliato e a quello che vorresti cambiare. Sono soddisfatto, ma quel retrogusto amaro per qualcosa di non compiuto c’è sempre. Adesso è ora di fermarsi, di far riposare spirito e fisico, in attesa di ripartire. C’è sempre un’altra maratona da correre.


Tutte le emozioni che ho vissuto nel tragitto che mi hanno portato al compimento di questa avventura, sono merito di una persona speciale. Grazie mille Francesco.  

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