L'arrivo |
Spesso la mia gara, come quella di
tanti altri, comincia la sera prima con la preparazione, il pettorale, il gps,
le scarpe e tutto il resto. C’è uno zaino intero da colmare, facendo attenzione
a non dimenticare nulla, perché quando sei lì non vuoi mai farti trovare
impreparato. Esagerare, questo è bene.
Quindi stendi la canotta della tua squadra d'appartenenza sul tavolo
della cucina e con cura millimetrica posizioni il pettorale, spille da balia e
via. Metti il tuo garmin (o chi per esso) in carica, riempi il marsupio di
pozioni magiche. Poi guardi la tua opera e non vedi l’ora di svegliarti per
indossare tutto quell'ordine, quella precisione. Alcuni dormono, altri dormono
sonni agitati, qualcuno non dorme. La sveglia comunque è una liberazione per
tutti. La mia suona alle 05.30, mi piace fare con calma. Colazione abbondante
come mai in vita mia, mare di zuccheri; miele, marmellata, fette biscottate, ma
a farla da padrone per me c’è sempre il caffè. Bevo una caffettiera intera e
faccio un torto a mia moglie, di solito ne lascio un po’ per macchiare il suo
latte. Oggi capirà, come al solito, del resto.
Nonostante il forte anticipo, arrivo
con leggero ritardo all'appuntamento con Roberto delle 06.50. Chiusi dentro la
tuta d’ordinanza degli Amatori Villa Pamphili ci dirigiamo verso la
metropolitana. Questo serpentone metallico che piano, piano ingurgita altri
runners che come noi vanno a vivere questa avventura. Linea “A”, Termini, linea
“B”, Circo Massimo, 20 minuti e siamo già al primo obiettivo. Pochi gradini e
usciamo all'aria aperta e lì tanti ramarri. Rituale della foto di gruppo e come
un plotone di fanteria marciamo verso il Colosseo, neanche avessimo velleità di
conquista!
Intorno a sua maestà ci sono
migliaia di persone. Gente che si spoglia, gente che si veste. Qualcuno che fa
pipì su un muro, tanti in fila per i
bagni chimici. Entriamo dentro le prime griglie, tanta confusione, file di
camion guardaroba dove depositare i nostri piccolissimi zaini, ad ognuno spetta
il suo. Un po’ di attesa e la solita ressa. La pioggia si ricorda che deve
scendere giù e ci regala il primo generoso “sgrullone”, di freddo neanche
l’ombra, siamo talmente appollaiati che non riesce ad infiltrarsi tra gli
uomini e le donne in calzoncini e gonnelline. La sensazione è che qualcosa
nella suddivisione delle griglie sia andata storta e la partenza diventa unica.
Un blocco unito. Lenta. Pianissimo, la massa di uomini e donne si spostano in
un unico movimento, passiamo davanti al Vittoriano e comincia la danza. La nave
ha lasciato il porto.
Una moltitudine infinità di gente
impedisce di prendere il passo, continui strappi, si fa più fatica così, si
passa da scatti repentini per guadagnare pochi metri a improvvisi stop. I primi
ristori mi confermano che la macchina organizzatrice ha commesso qualche
errore, pochi rifornimenti, fortunatamente siamo solo all'inizio e spero che le
cose andando avanti miglioreranno. Trovo piacere a vedere quanti commilitoni
giunti d’oltralpe ci sono accanto a me. Mi sa d’importante.
All'ottavo km con i miei compagni di
squadra siamo ancora compatti, passiamo sotto casa di Stefano e salutiamo la
sua famiglia, Lea e i bambini. Viaggiamo già verso nord, verso il punto più
lontano. La risalita del Tevere vede il nostro gruppo sgretolato, Francesco è avanti
sin dalla partenza, altro passo il suo, rimaniamo io, Fabio e Stefano
distanziati di qualche centinaia di metri da Fabrizio, Francesco e Roberto,
dietro di noi seguono Claudio e Andrea. Comunque siamo tutti lì, fino
all'ingresso nel quartiere Prati, dove Stefano si sgancia da noi, purtroppo per
lui la maratona finirà di lì a breve, l’influenza dell’ultima settimana non gli
ha lasciato scampo.
Io e Fabio andiamo avanti insieme
per qualche altro km, ma vedo che non ce la faccio a sostenere il suo ritmo e
lo lascio “scivolare” avanti seguendolo con lo sguardo.
Il momento più bello è stato poco
prima della mezza, del 21° km, sul ciglio della strada vedo in lontananza Moira
con i miei tesori, mi fermo e li bacio tutti e tre e in mente mi rimane lo
sguardo smarrito di Isabella. Sono soddisfatto, riprendo la mia fatica e spero
di riuscire a rivederli al traguardo.
La seconda mezza maratona è
sofferenza, il primo pensiero che ti fai è quello di dirti che devi correre per
lo stesso identico numero di km, una follia! Ormai solo, procedo verso l’acqua
acetosa, la parte più brutta del percorso. La pioggia è intensa fino a ponte
Milvio dove si affaccia un timido sole e qualche sparuto tifoso.
Roma è silenziosa, ai romani della
maratona importa poco. Incontro Peppa in leggera difficoltà, corriamo qualche
metro insieme e poi mi invita a proseguire, so che arriverà, è un monumento
alla tenacia. Al ristoro del 31 km vedo da dietro sbucare Andrea e Claudio,
capisco che il mio passo non è più brillante come prima e mi metto a ruota di
questi due “mastini”. Come sempre divido la corsa in tronconi e aspetto quindi
il 35° e il suo ristoro, facce note da quelle parti. Vedo prima di tutti
Abramo, dopo di lui Ilario con lo sguardo basso, lo chiamo, mi fermo e gli
chiedo un bicchiere d’acqua, è rigenerante. Rita, Marina e gli altri. Sorrisi e
incitamenti mi spingono fino all'imbocco di via del Corso, tra due ali di
transenne piazza del Popolo mi appare lontanissima, nel frattempo mi sono perso
sia Claudio che Andrea, il primo più avanti e il secondo dietro. Da lontano
vedo un ragazzo a terra avvolto dalla coperta termica, mi giro a guardarlo e
vedo che si tratta di Fabrizio, mi fermo a chiedergli come sta, mi dice che
sono solo crampi e m’invita a proseguire.
Finirà anche lui stoicamente la sua
maratona.
Mi sarebbe piaciuto fermarmi lì con
lui a fare due chiacchiere. Prima della galleria del traforo mi sento chiamare
alle spalle, mi volto e vedo Andrea, è un sollievo. Percorriamo la discesa
finale dell’ultimo km insieme, lui qualche metro avanti. L’ingresso a piazza
Venezia è entusiasmante, migliaia di persone, gente che urla nomi di amici, di
mogli e mariti, di padri, madri e figli. Prima dell’arco finale sento urlare
“papà!” mi giro e sulla tribuna vedo Moira e Giulia, la mia grande campionessa.
Alzo gli occhi al cielo, anche
questa volta ce l’ho fatta. Sono felice. Mi appoggio alle transenne spossato
insieme a Roberto e Andrea, è davvero una bella soddisfazione.
Carlo, Andrea e Roberto |
Quattro mesi fa ho cominciato a
preparare quest’avventura, oggi è tutto finito. In fondo penso che le 3h 57m con cui ho percorso la maratona
siano ben poca cosa rispetto a tutto quello che ho vissuto nei giorni
precedenti. Adesso che la preparazione è finita e che la gara è stata corsa sento un senso di vuoto agonistico,
una sorta di limbo. Alla fine ripensi a quello che hai vissuto, ai flashback
che ti ritornano in mente, alle cose che avresti dovuto fare e non hai fatto a
quello che hai sbagliato e a quello che vorresti cambiare. Sono soddisfatto, ma
quel retrogusto amaro per qualcosa di non compiuto c’è sempre. Adesso è ora di
fermarsi, di far riposare spirito e fisico, in attesa di ripartire. C’è sempre
un’altra maratona da correre.
Tutte le emozioni che ho vissuto nel
tragitto che mi hanno portato al compimento di questa avventura, sono merito di
una persona speciale. Grazie mille Francesco.
bellissime parole e ancora grazie. :)
RispondiEliminagrazie a te per la breve compagnia :)
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