Onde
togliere di mezzo ogni dubbio non intendo parlare di accorti consigli da
nutrizionista, menù e diete o altre cose molto serie (che come le famose o
famigerate tabelle degli allenamenti conosco solo per sentito dire). Essendo per
l’appunto cose serie le lasciamo a chi se ne intende…
Non mi dilungherò nemmeno sul fatto che una
delle ragioni per cui ho deciso di iscrivermi a una maratona è perché ho
scoperto che nei due/tre giorni precedenti posso fare un “carico di
carboidrati” che per una come me, perennemente con l’occhio all'ago della
bilancia, è come dire a un drogato che improvvisamente ogni stupefacente è
legale e gratuito. Ecco, appunto, mettiamo da parte anche questo capitolo del
tutto personale.
In un blog ramarro, invece, mi sembra molto
più opportuno parlare di tutte quelle
cose buonissime che in teoria non dovremmo mangiare (quanto meno non prima di
una gara), ma che puntualmente popolano il tavolo del nostro gazebo ogni
domenica, scatenando l’invidia (e lo spirito predatorio) dei colleghi che non
portano la maglia verde.
Decidere
quale torta portare la domenica successiva è un esercizio di fantasia che
faccio volentieri (e in compagnia, della twin) cercando di selezionare ricette
che contengano almeno un ingrediente “da runner” in modo da poter teorizzare
che il dolce in questione è proprio quello che ci vuole.
Ecco
dunque:
…la
torta di banane e nocciole: non lo dicono tutti che la frutta secca è perfetta
per i runners?
…e
quella alle carote: perché sì, ci sono le vitamine, e poi le mandorle (vedi
sopra)…
…e
al cioccolato, perché sono endorfine naturali…
…ma
anche pere e cioccolato (magari con un goccetto di porto), perché tanto abbiamo
corso 1° km e quindi si smaltisce, no?
Un
approccio dal sapore atletico-godereccio che a giudicare dall'aumento
esponenziale delle ramarre (e dei ramarri) pasticcere è abbastanza condiviso.
Detto questo non posso non ammettere che da
un annetto a questa parte il “dolce del sabato pomeriggio” è diventato un
appuntamento che aspetto con ansia. E non solo perché mi piace cucinare. Il
bello è cucinare pensando alle facce affaticate e affamate di tutti i ramarri
che sciameranno al gazebo dopo la gara, perché ti fa venire voglia di
inventarti qualcosa che li ripaghi della fatica e faccia già pensare al
prossimo appuntamento; il divertente è immaginare Marina con la frusta che
“doma” gli attacchi alle cibarie e salvaguarda qualcosa per i ritardatari…
Insomma, come dalla notte dei tempi, quando
i primitivi (che pure loro correvano, anche se forse non per diletto…) si
radunavano intorno al fuoco, dividere il cibo e un modo in più per ribadire che
siamo una tribù, rumorosa, affamata (di vittorie e di dolci!) e comunque e
sempre eccezionale!
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