C’era una volta la ciclabile, ormai il biondo Tevere, che di biondo poi ha veramente poco, ha deciso di appropriarsene. Speriamo non in via definitiva. Il volgere della bella stagione ci fa sperare che prima o poi le acque si ritireranno, lasciando ai romani e ai turisti, questo spazio a cielo aperto dove dedicarsi alla corsa, ma non solo. Certo è che la piena, è passata da un pezzo, ma lui è ancora lì sopra a fare la voce grossa e proprio quando sembra ritirarsi eccolo pronto ad un colpo di coda. Guardo il fiume e penso che non è certo colpa sua, era lì molti anni prima. Mi domando spesso poi perché in una città come Roma, dove migliaia di anni fa venivano costruite opere futuristiche, oggi non si riesca a mettere in piedi un’opera semplice come una pista ciclabile, utilizzabile tutto l’anno e non solo a mezzo servizio per la stagione primavera/estate. Misteri italiani.
Nel frattempo, tutte le mattine
passando sopra al solito ponte, butto un
occhio lì sotto con la speranza di rivedere quelle righe tratteggiate, sarà che
in fondo quella lingua d’asfalto mi ricorda tanto l’estate!
Stefano Agostino
Te ‘ncrocio sempre si sò de
passaggio,
ar punto che me pari mi
fratello,
l’oasi tranquilla p’uscì dar bordello,
der traffico che ormai m’ha fatto
ostaggio.
***
Vorebbe un giorno, sai, pijà er
battello,
pure che pago un botto de pedaggio,
e arilassato lento adaggio adaggio,
gustamme Roma nostra sur più bello.
***
Tanti anni fa t’hanno chiamato “bionno”
pe via de li riflessi misti a l’oro,
che sluccicavi tutti fino ar fonno.
***
Ma adesso grazzie a chi nun cià decoro,
tu hai cambiato ponti, tinte e sfonno,
l’anima de li mejo tacci loro.
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