martedì 3 giugno 2014

"Correre per me..." di Daniela Venanzi

Mi sono avvicinata alla Corsa tardi, appena un anno fa. Corsa con la C maiuscola. Prima correvo per qualcos’altro, correvo per giocare a tennis, per mantenermi in forma, per disintossicarmi dalla mangiata di qualsivoglia momento. La mia unica passione è sempre stata lo sport, in ogni sua forma, più o meno di squadra. Quel giocare assieme agli altri è sempre stata la mia porta d’accesso alla spensieratezza fanciullesca. Il modo ideale per staccare dalla vita e entrare in un mondo ovattato in cui problemi, età, malumori svaniscono, in cui corpo e mente si rilassano. L’unico posto in cui poter essere realmente se stessi, l’unico mondo in cui tutto dipende da me e me sola. Adoro il silenzio della gara, sentire il rumore degli sforzi, dei passi sul selciato, del fiato che si accorcia, sentire nell’aria quell’adrenalina mista a tensione. Perché in quel momento siamo tutti uguali, tutti stanchi, tutti attenti ad ascoltarci, intenti a creare delle distrazioni mentali che ci portino alla fine, e pronti ad attaccarci a qualsiasi dettaglio ci dia la motivazione di spingere ancora. Il silenzio in gara anche se c’è non esiste. A volte riesco ad entrare in uno stato di grazia in cui la mente è vuota. In cui la concentrazione non conta. E’ uno stato di trans, in cui tutto torna, tutto è in sintonia, tutto va. Non so cosa succeda, non so se entro in perfetta sintonia col mondo esterno o se semplicemente il mondo esterno non esiste più. Sento il silenzio del gruppo che mi corre accanto, che mi sostiene, ci capiamo perché in quel momento stiamo vivendo esattamente lo stesso istante. Allo stesso tempo è come se nulla esistesse: non esistono cronometri, non ci sono avversari, non esistono salite e discese, ci sono solo io e la voglia di dare il massimo, di metterci tutta l’energia che ho, perché dietro a quel traguardo potrò riposarmi, ma ora no. Perché la fatica passa, ma la delusione di aver mollato, quella no, rimane lì. Non ho mai corso per primeggiare, non corro per vincere, né semplicemente per divertirmi. Quel che conta per me è dare il massimo: il massimo che io, in quel momento, posso dare. Non importa se è meno di qualcun altro, se è più di altri, se potrei far meglio … per me in quel momento dev’essere il Mio massimo, e nient’altro conta. A detta di tanti il mio fisico è forte, a detta di altri la mia mente non lo è altrettanto (mi mancano disciplina e costanza). Potrà essere deludente, ma per me vincere non conta, se penso alle gambe, al cronometro, alla prestazione, a superare un avversario, tutto si ferma … per me è lo spirito a sovrastare tutto, e a detta mia sono determinata a difendere quest’isola felice che raramente mi delude. E voglio che resti di una purezza quasi infantile. Pulita.
Forse ho iniziato a correre solo da un anno perché un anno fa ho capito che corro meglio quando posso condividere questa passione, ho capito che avevo bisogno di un gruppo. Ed è bellissimo esserne parte, perché sul percorso non manca mai un sorriso … persino a Cortina.


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