giovedì 10 aprile 2014

Villa Ada

Ultimamente mi sono abituato a correre in compagnia. Il gruppo ti da forza. Ti sprona a dare di più e a fare meglio. Non solo negli allenamenti, ma anche in gara. Capita sovente che preferisco aggregarmi. Il ruolo del gregario mi sta bene. Non sono da volata e non credo di avere la forza per segnare il ritmo, mi metto lì a ruota e come un ciclista preferisco stare "coperto". Nella vita sportiva del runner però, la solitudine è un cardine fondamentale, una sorta di dogma imprescindibile, quindi nelle occasioni in cui mi trovo a correre da solo faccio più fatica. La respirazione è più affannosa e i ritmi più esasperati. Ci pensavo proprio oggi, mentre correvo a villa Ada, un parco di Roma. Per la prima volta ero lì, solo, in un posto sconosciuto e senza punti di riferimento. Dentro di me un mix di sensazioni, il bello di essere lì al caldo a correre, e il brutto di non sapermi gestire al meglio, come fossi fuori fase. Pensavo che bisogna allenarsi anche a stare soli, in fondo nel momento di difficoltà l'aiuto esterno è relativo, le forze per andare avanti le troviamo comunque dentro di noi. 

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