mercoledì 24 dicembre 2014
domenica 21 dicembre 2014
Consigli per gli acquisti...
"Vivete la vostra vita! Sarà sicuramente più avvincente che cercare di vivere la brutta copia della vita degli altri".
mercoledì 17 dicembre 2014
Play List (L&L)
All I Want for Christmas
I don't want a lot for Christmas
There's just one thing I need
I don't care about presents
Underneath the Christmas tree
I just want you for my own
More than you could ever know
Make my wish come true
All I want for Christmas is you.
I don't want a lot for Christmas
There is just one thing I need
I don't care about presents
Underneath the Christmas tree
I don't need to hang my stocking
There upon the fireplace
Santa Claus won't make me happy
With a toy on Christmas day
I just want you for for my own
More than you could ever know
Make my wish come true
All I want for Christmas is you
You baby
I won't ask for much this Christmas
I won't even wish for snow
I'm just gonna keep on waiting
Underneath the mistletoe
I won't make a list and send it
To the North Pole for Saint Nick
I won't even stay awake to
Hear those magic reindeer click
'Cause I just want you here tonight
Holding on to me so tight
What more can I do
Baby all I want for Christmas is you
You
All the lights are shining
So brightly everywhere
And the sound of children's
Laughter fills the air
And everyone is singing
I hear those sleigh bells ringing
Santa won't you bring me the one I really need
Won't you please bring my baby to me
Oh, I don't want a lot for Christmas
This is all I'm asking for
I just want to see my baby
Standing right outside my door
Oh I just want him for my own
More than you could ever know
Make my wish come true
Baby all I want for Christmas is
You
All I want for Christmas is you baby
All I want for Christmas is you baby
I don't want a lot for Christmas
There's just one thing I need
I don't care about presents
Underneath the Christmas tree
I just want you for my own
More than you could ever know
Make my wish come true
All I want for Christmas is you.
I don't want a lot for Christmas
There is just one thing I need
I don't care about presents
Underneath the Christmas tree
I don't need to hang my stocking
There upon the fireplace
Santa Claus won't make me happy
With a toy on Christmas day
I just want you for for my own
More than you could ever know
Make my wish come true
All I want for Christmas is you
You baby
I won't ask for much this Christmas
I won't even wish for snow
I'm just gonna keep on waiting
Underneath the mistletoe
I won't make a list and send it
To the North Pole for Saint Nick
I won't even stay awake to
Hear those magic reindeer click
'Cause I just want you here tonight
Holding on to me so tight
What more can I do
Baby all I want for Christmas is you
You
All the lights are shining
So brightly everywhere
And the sound of children's
Laughter fills the air
And everyone is singing
I hear those sleigh bells ringing
Santa won't you bring me the one I really need
Won't you please bring my baby to me
Oh, I don't want a lot for Christmas
This is all I'm asking for
I just want to see my baby
Standing right outside my door
Oh I just want him for my own
More than you could ever know
Make my wish come true
Baby all I want for Christmas is
You
All I want for Christmas is you baby
All I want for Christmas is you baby
L'arte di Correre
....si direbbero ragazze in gamba, in buona salute, robuste, coscienziose e sicure di sé. Ma il loro modo di correre, comunque lo si consideri, non sembra mirare alla lunga distanza. E' quello tipico della distanza media. Lunghe falcate aggressive che colpiscono forte il suolo. Probabilmente correre godendosi il paesaggio circostante non rientra nella loro mentalità.
Al contrario di loro, io sono abituato a perdere, anche se non ne vado fiero. Di cose al mondo che mi sono restate fra le mani, di avversari che non sono riuscito a battere, ce ne sono montagne. E' una sofferenza....
martedì 16 dicembre 2014
"A tutte le ex...."
Premessa tratta da "Il mio ex faceva l'Ironman" di Cleto La Triplice
Edizioni Del Faro
Questa pubblicazione è dedicata e rivolta esclusivamente
alle compagne, fidanzate o mogli di
tutti i triatleti… o più probabilmente alle loro ex!
Lo scrivente è un triatleta pentito. Ancora praticante,
sia ben chiaro, ma salvo!
Le righe che seguono non saranno di minimo interesse
per i triatleti stessi. Anzi! Se ne sconsiglia vivamente
la lettura a questi onde incorrere nel rischio di capire
che la vita extra-lavorativa dopo i quaranta si possa
comporre anche di giornate vissute senza allenamenti,
di grandi abbuffate, di vizi buoni e di progetti futuri (e
qui mi rendo conto di bestemmiare per loro) che non
contemplano allenamenti o gare!
Scrivere della propria passione è la cosa più naturale
che si possa fare.
Il rischio è quello di essere ridondanti, ripetitivi e
noiosi per chi legge.
Questo timore è concreto e, qualsiasi compagna, moglie,
fidanzata o amico può confermarvelo.
Lo sportivo ultraquarantenne, tranne pochissimi casi
di cui ho la fortuna di far parte, è un maniaco ossessivo
dello sport. Drogato da endorfina, serotonina e ogni
altra sostanza che il nostro cervello rilascia durante gli
sforzi aerobici prolungati.
Fortunatamente ho altre passioni.
Mi piace mangiare.
Mi piace molto mangiare.
Mi piace mangiare molto!
Mi piace anche la birra e il vino e, pur non essendo un
fumatore, l’odore del tabacco mi rilassa.
Ecco questi ultimi elementi vengono banditi da ogni
triatleta ultraquarantenne che si rispetti.
Per farvi capire di chi stiamo parlando, dovete immaginare
che la massima aspirazione per il loro palato è
rappresentata dalla mangiata pre-gara nella quale si
abbonda di pasta in bianco (sti ca**i!); o dalla birretta
che si concedono a gara terminata (sti gran ca**i!).
Stiamo parlando di fanatici, la cui lucidità si è logorata
come le loro cartilagini.
Proverò a descrivere i pericoli in cui si incorre praticando
questo sport.
Proverò a spaventare i neofiti della triplice disciplina,
nella fievole speranza che rimangano vigili e non prendano
brutte pieghe.
Anche se so già che sarà inutile o troppo tardi perché
in questo momento si stanno già allenando per la prossima
gara!
Edizioni Del Faro
Questa pubblicazione è dedicata e rivolta esclusivamente
alle compagne, fidanzate o mogli di
tutti i triatleti… o più probabilmente alle loro ex!
Lo scrivente è un triatleta pentito. Ancora praticante,
sia ben chiaro, ma salvo!
Le righe che seguono non saranno di minimo interesse
per i triatleti stessi. Anzi! Se ne sconsiglia vivamente
la lettura a questi onde incorrere nel rischio di capire
che la vita extra-lavorativa dopo i quaranta si possa
comporre anche di giornate vissute senza allenamenti,
di grandi abbuffate, di vizi buoni e di progetti futuri (e
qui mi rendo conto di bestemmiare per loro) che non
contemplano allenamenti o gare!
Scrivere della propria passione è la cosa più naturale
che si possa fare.
Il rischio è quello di essere ridondanti, ripetitivi e
noiosi per chi legge.
Questo timore è concreto e, qualsiasi compagna, moglie,
fidanzata o amico può confermarvelo.
Lo sportivo ultraquarantenne, tranne pochissimi casi
di cui ho la fortuna di far parte, è un maniaco ossessivo
dello sport. Drogato da endorfina, serotonina e ogni
altra sostanza che il nostro cervello rilascia durante gli
sforzi aerobici prolungati.
Fortunatamente ho altre passioni.
Mi piace mangiare.
Mi piace molto mangiare.
Mi piace mangiare molto!
Mi piace anche la birra e il vino e, pur non essendo un
fumatore, l’odore del tabacco mi rilassa.
Ecco questi ultimi elementi vengono banditi da ogni
triatleta ultraquarantenne che si rispetti.
Per farvi capire di chi stiamo parlando, dovete immaginare
che la massima aspirazione per il loro palato è
rappresentata dalla mangiata pre-gara nella quale si
abbonda di pasta in bianco (sti ca**i!); o dalla birretta
che si concedono a gara terminata (sti gran ca**i!).
Stiamo parlando di fanatici, la cui lucidità si è logorata
come le loro cartilagini.
Proverò a descrivere i pericoli in cui si incorre praticando
questo sport.
Proverò a spaventare i neofiti della triplice disciplina,
nella fievole speranza che rimangano vigili e non prendano
brutte pieghe.
Anche se so già che sarà inutile o troppo tardi perché
in questo momento si stanno già allenando per la prossima
gara!
No Panic!!!
La corsa, per quanto appagante, non mi dava più gli stessi stimoli di prima. Quel carico di eccitazione da endorfine che arrivava subito dopo un allenamento, anche un banale 10 km sciolto, non arrivava più. Avevo bisogno di più chilometri, di più stimoli per sentire quella scossa. Ho quindi cominciato a chiedermi cosa potessi fare per "riattivare" quell'interruttore che sembrava ormai spento. Ho pensato alle ultra maratone, ma il gesto prolungato e ripetitivo non mi convinceva e poi ho un ginocchio "farlocco". Ho valutato se buttarmi sui trail, ma anche lì, ho creduto non si trattasse della giusta direzione.
Poi un giorno guardando mia figlia nuotare ho pensato "perché no??!".
Rientrare in acqua per diversificare il mio allenamento poteva essere una buona cura.
Corsa... nuoto... triathlon. Il passo è stato davvero breve.
In testa è entrata quest'idea e per un po' è rimasta lì in attesa degli eventi.
Quando alla fine mi sono deciso di fare sul serio, di fare sul serio a modo mio... il massimo impegno per raggiungere il massimo obiettivo... il mio massimo obiettivo, ho abbandonato la strada vecchia per quella nuova.
Ora, a questo punto del mio allenamento, mi sento abbastanza sicuro del mio nuotare, anche se sono una lumaca non mi stanco troppo a mulinare le braccia. Il mio allenamento però si effettua sempre in piscina. Acque imbrigliate da una vasca, dalla forza dell'uomo. In gara non sarà così. Dovrò confrontarmi con le famigerate "acque libere". Mari e laghi non credo possano essere definiti come un semplice "terreno" di gioco. Saranno un avversario da battere.
Ieri sera, sul tardi, guardavo la finale del Campionato del Mondo di Triathlon, l'Ironman (lungi da me tale esperienza) di Kona (Hawaii). Nella frazione a nuoto, un'immagine da sotto l'oceano di un cameraman subacqueo, mi ha pietrificato. Un vero e proprio attacco d'ansia. Ho avuto paura dell'acqua ed ero beatamente sdraiato dentro il letto di casa mia.
Mi sento un po' come Nemo davanti al "grande blu", ma se ce l'ha fatta il piccolo pesce pagliaccio, posso farcela anche io, in fondo devo solo imparare a nuotare guardando oltre il buio.
lunedì 15 dicembre 2014
"Salite, discese, amici e Limoni" di Laura Cotta Ramosino
Non chi sia stato per primo a parlarci della "maratona Coast to Coast", quasi certamente Anna. Quello che mi ricordo e' il misto di entusiasmo assoluto (per la bellezza della gara) e di timore reverenziale (per il percorso impegnativo) dei suoi discorsi che mi ha conquistato dal primo momento. Del resto la combinazione di sfida atletica, meta unica per bellezza e fascino gastronomico è diventata ormai un must delle trasferte Cotta Ramosino e questa sembrava la combinazione perfetta, con l'unico neo non proprio trascurabile che arrivava dopo due sole settimane dalla Maratona di Firenze. In pieno entusiasmo podistico da ripetute e per evitare di cambiare idea all'ultimo minuto, io e Luisa abbiamo buttato il cuore oltre l'ostacolo già un paio di mesi fa e abbiamo prenotato gara e soggiorno.
Fedeli al detto "molta brigata, vita beata", ovviamente abbiamo cercato subito adepti per l'impresa, operazione ormai non molto complicata visto l'entusiasmo diffuso per le trasferte. Che abbia potuto più il limoncello e la pizza o la vista di Positano da in cima a una discesa non lo so, fatto sta che il gruppetto si è formato piuttosto velocemente. A compensare alcune forzate e dolorose assenze (prima Anna, da cui tutto era partito, e poi Simona, bloccata suo malgrado da infortunio) ci sono stati nuovi ingressi accanto ai veterani. Al nostro piccolo nucleo (oltre a me e Luisa, Alberto, Cami, Cristina, Monia e Daniela) si è unito il quartetto di Chiara, Roberta, Fabio e Massimiliano. Un bel contingente tanto che alla fine, tra presenti e amici "fantasma", i Ramarri erano una delle squadre più rappresentate alla Coast to Coast.
E così, sabato mattina, dopo il rituale appuntamento davanti Tornatora a Colli Portuensi (per la Cortina Dobbiaco aveva portato bene, e allora perché no?) siamo partiti all'avventura verso sud, prima autostrada, fino al golfo di Napoli e all'ombra del Vesuvio, e poi sulla strada della penisola Sorrentina, che ci accoglie con un misto di curve, saliscendi e paesaggi spettacolari che sono già il preannuncio di quello che verrà.
Dal pranzo del sabato si è capito che l'eventuale carico dei carboidrati non sarebbe stato un problema: il ristoratore e il cameriere campano ti vedono sempre come le nonne di una volta, patito, e tendenzialmente ti riempirebbe di qualunque cosa presente sul menù, dai fritti (buonissimi ma non proprio da dieta del podista), alla pizza e alla pasta in porzioni generosissime senza dimenticare l'alcolico.
A dispetto del nome, la Maratona Coast to Coast non è una maratona: oltretutto quest'anno gli originali 31,3 km erano ridotti di una lunghezza stimata attorno ai 3 km (ma mai dichiarata ufficialmente), causa mancata messa in sicurezza dell'ultimo tratto di strada fino ad Amalfi. In ogni modo per lo meno fino a sabato sera, per ponderato calcolo, o almeno per un minimo di pudore, nonostante le molte tentazioni ci siamo doverosamente trattenuti dallo strafogarci del bendidio che abbondava su vetrine, bancarelle e menù.
Quale che fosse il numero dei chilometri previsti, con il diminuire delle ore e l'approssimarsi del via, l'altimetria della gara, più simile al tracciato dell’elettrocardiogramma di una prova sotto sforzo che alla descrizione di un percorso podistico (vedere per credere), gli avvertimenti di runner più allenati ed esperti, e anche un bel fastidio al ginocchio che mi accompagnava dal primo allenamento post maratona (ho scoperto poi di in essere l'unica che un po' incoscientemente aveva immolato disturbi vari, raffreddori, doloretti, a questa prova così affascinante) hanno cominciato a farmi credere che per una volta, forse, avevo davvero fatto il passo più lungo della gamba...
Chiara e compagnia, oltretutto, avevano avuto la bella idea di un giro a Positano, e così potevano testimoniare di prima mano che la salita c'era ed era bella tosta...Ma come si dice, una volta che sei in ballo devo ballare e la mattina, quando alle sei e mezzo del mattino ci siamo trovati davanti alla colazione a prevalere era la determinazione.
Lo stile del podista si riconosce un po' in tutto e già in questo momento fondamentale e' stato divertente riconoscere il marchio di fabbrica di ciascuno: la colazione brasiliana a base di prosciutto,formaggio e cornetto, quella prudente e sana di chi preferisce non strafare, e i caffè espressi a ripetizione di chi senza la dose minima di caffeina neppure riesce a uscire dall'albergo.
E alla fine la gara....
Io e Luisa avevamo un accordo di ferro con Cristina, che complice una piccola delusione alla 30 del Mare si sentiva meno sicura: saremmo arrivate al traguardo (e su questo non si discuteva) e saremmo arrivate insieme, anche perché avevamo preso un impegno con un amico assente (Giovanni) che avrebbe viaggiato con noi, secondo chip sulla scarpa di Cristina. Un ottimo incentivo per arrivare in fondo in qualunque modo...
La gara parte presto, ma le necessità fisiche incombono, per cui ci troviamo a fare la fila alla toilette a dieci minuti dalla partenza, è il risultato è che è che mentre ci scapicolliamo con Cristina e Monia verso la partenza (riusciremo anche a farci cazziare dall'organizzazione, anche se poi il tempo ci sarà) io riesco a piantare un bel volo di faccia e sbucciarmi l'unico ginocchio sano....
Ed è finalmente il via, si parte tutti abbastanza guardinghi, si sa che fino al settimo chilometro sarà dura e non si vogliono sprecare le forse in inutili strappati, tanto più che il viale principale di Sorrento non è enorme, siamo in mille e tutti ammassati. A sorpresa i primi tre chilometri sono abbastanza tranquilli, un po' di lieve salita, anche una discesa, la gente che ti incita anche se gli blocchi la strada, non sarà che ci hanno tutti preso in giro?
Al km 3, però, inizia la fatica, la pendenza inizia ad aumentare, di spazio per riprendersi non ce n'è molto e qualcuno (me compresa), almeno pochi metri ogni tanto deve camminare per calmare il respiro e il battito del cuore. Il paesaggio intorno però aiuta. Si sta uscendo dal paese, di fianco alla strada iniziano le piantagioni di limoni, arriva il primo ristoro e l'incoraggiamento di chi ti offre una bottiglietta d'acqua e ti fa i complimenti ma anche delle vecchiette appollaiate alle finestre o sulle porte delle case.
Ancora uno sforzo, nel frattempo mentre gli altri scattano avanti, al terzetto formato da me, Luisa e Cristina si aggiunge Monia e da quel momento le "Ragazze di Villa Pamphilj", come ci hanno soprannominato due simpatici compagni di gara, hanno corso una sola gara, tirando, aspettandosi e incoraggiandosi fino alla fine.
Al sesto chilometro a sorpresa, la salita si fa più dolce, arrivano i tornanti e il ritmo può riprendere più sostenuto: saranno gli apprezzamenti per le ragazze in verde che riceviamo lungo il percorso, sarà la compagnia, ma riusciamo ad aumentare il ritmo e raggiungiamo la cima del passo almeno con dieci minuti di anticipo rispetto quello che avevamo calcolato. La parte, dichiaratamente, più dura della gara ce l'abbiamo alle spalle, adesso si tratta di aggiungerci una mezza maratona...
La discesa verso Positano e' spettacolare ed esaltante, ci buttiamo giù con una certa incoscienza, temperata solo dal desiderio di risparmiare le ginocchia e goderci il paesaggio che si apre sempre più stupendo; ci accompagnano per un tratto due podisti campani che gentilmente ci segnalano quello che stia ammirando: Capri e i faraglioni, l'isola dei Galli, Positano in lontananza...
Sul percorso si appostano i fotografi, anche una vecchia conoscenza di Romacorre, e iniziano le foto di gruppo...
A Positano ci accoglie un altro panorama meraviglioso, la gente festosa, ma sappiamo che poi ci aspetta un'altra salita, forse meno ardua, ma lunga e insidiosa e bisogna vedere come reagiranno le gambe al cambio di pendenza. Reagiscono e reagiscono bene, e ci accorgiamo che nonostante la salita iniziale ci stiamo avvicinando a un ritmo di 6minuti a chilometro che mai ci saremmo sognate su un percorso così.
Poi di nuovo limoni, buganvillee, negozietto di peperoncino dove la gente si fa fotografie, una vecchietta che si sporge da una casa sopra una galleria e ci da' il buongiorno, i vecchietti al successivo paese che ci salutano leggendo il nome sulle maglie, e i compagni di gara che si scopre pare abbiano in massa figli gemelli e trovano il tempo di fare domande in merito a me e Luisa...
L'unica incognita e' sempre la lunghezza del percorso, ci siamo accorte subito che le indicazioni dei km non corrispondono a quello che ci raccontano i nostri Garmin e comunque non abbiamo mai saputo quanti fossero i km totali... È così al ristoro del 25 chiedo ad uno dei volontari e scopro che ne mancano solo tre: a sorpresa, potremmo chiudere una gara che contavamo di farei in tre ore e mezza con un tempo molto inferiore....
Abbiamo superato Praiano, ci resta Furore, con il fiordo più piccolo del mondo (come ci ha detto con orgoglio un podista del luogo), e poi già si vedono sul percorso i podisti arrivati che tornano indietro, le navette posteggiate e anche gli amici più veloci che ti incoraggiano al passaggio: non mollare che manca poco...
Manca poco, pochissimo, l'arrivo e' in salita, ma chi la sente più, uno sguardo all'indietro, ci ricompattiamo e ci prendiamo per mano per arrivare tutte insieme (ops, tutti insieme, ci sarebbe anche Giovanni, anche se solo in spirito...) salutati dall'annunciatore che loda il nostro affiatamento (ci verrebbe da dire piuttosto il fiatone in certi momenti).
Questo arrivo e' stato uno dei più emozionanti della mia storia di podista: io scherzo sempre dicendo che al traguardo mi piace arrivare accompagnata (e ci sono state le volte in cui la presenza di un'amica o di mia sorella ha fatto tutta la differenza, specie negli ultimi chilometri). Questa volta sono stata felice di aver fatto la mia parte anch'io perché arrivassimo in fondo così.... Così veloci (forse),ma soprattutto così felici.
C'è tempo, prima di ritornare verso Sorrento, per scambiare le impressioni con gli altri ramarri; siamo tutti soddisfatti, chi per un bel risultato che va pure in premiazione, chi per l'esperienza. Alberto alla fine è il più veloce, un fenomeno, che spesso ci dimentichiamo di avere tra noi perché è generoso e gli piace accompagnare gli amici verso risultati che non credono di avere nelle gambe.
Per la cronaca, alla fine i km dichiarati dall'organizzazione saranno 27,5, ma sui nostri Garmin le cifre, pure variabili, dicevano un po' meno. E se fino al giorno prima, complice la paura dei saliscendi, quei km guadagnati sembravano un favore, alla fine è dispiaciuto un po' a tutti mancare l'arrivo davanti alla cattedrale di Amalfi. A seconda se si vuole vedere il bicchiere (di limoncello) mezzo pieno. O mezzo vuoto, prevale la piccola delusione o il pretesto per ripetere l'esperienza l'anno prossimo...
Ubicazione:
Amalfi SA, Italia
Il mio diario... di una schiappa
ACQUA
Preparazione Triathlon...
Tema del Giorno
"Rotture e aperture"
RISCALDAMENTO:
20x50 (6 SL, 2 DO, 4 SL, 2 DO, 4 SL, 2 DO)
Rec. 10"
PINNE:
20x25 Gambe SL (Senza tavola! Braccia tese avanti! Una respirazione ogni 6 colpi di gambe. Quando soffi, piega il collo fino a portare il mento al petto).
Rec. 10"
PALETTE & BAMBOLOTTO:
8x100 SL
Rec. 10"
50SL (Rec. attivo)
8x100 SL
Rec. 10"
50 SL (Rec. attivo)
8x100 SL
Rec. 10"
Togli tutto tranne il costume... recuperi 60" e poi...
50 SL A PALLA DI CANNONE!!!
Totale 4050 metri.
Etichette:
Diario
Ubicazione:
Via Gualtiero Castellini, 00197 Roma, Italia
venerdì 12 dicembre 2014
Play List
"Ho imparato a sognare" by Negrita
Ho imparato a sognare,
che non ero bambino
che non ero neanche un' età
Quando un giorno di scuola
mi durava una vita
e il mio mondo finiva un po là
Tra quel prete palloso
che ci dava da fare
e il pallone che andava
come fosse a motore
C'era chi era incapace a sognare
e chi sognava già
Ho imparato a sognare
e ho iniziato a sperare
che chi c'ha avere avrà
ho imparato a sognare
quando un sogno è un cannone,
che se sogni
ne ammazzi metà
Quando inizi a capire
che sei solo e in mutande
quando inizi a capire
che tutto è più grande
C' era chi era incapace a sognare
e chi sognava già
Tra una botta che prendo
e una botta che dò
tra un amico che perdo
e un amico che avrò
che se cado una volta
una volta cadrò
e da terra, da lì m'alzerò
C'è che ormai che ho imparato a sognare non smetterò
Ho imparato a sognare,
quando inizi a scoprire
che ogni sogno
ti porta più in là
cavalcando aquiloni,
oltre muri e confini
ho imparato a sognare da là
Quando tutte le scuse,
per giocare son buone
quando tutta la vita
è una bella canzone
C'era chi era incapace a sognare
e chi sognava già
Tra una botta che prendo
e una botta che dò
tra un amico che perdo
e un amico che avrò
che se cado una volta
una volta cadrò
e da terra, da lì m'alzerò
C'è che ormai che ho imparato a sognare non smetterò
"Tre è il numero perfetto" di Luisa Cotta Ramosino
Ci
ho messo un sacco a scrivere questo post… Volevo che fosse qualcosa di speciale,
per celebrare un po’ la fine di un lungo percorso (di maratone e non solo)
cominciato con Roma e culminato con Firenze, un percorso alla fine del quale,
lo ammetto, mi guardo e un po’ faccio fatica a riconoscermi. Io, che non sono
mai stata una sportiva, io che alle medie ho rivendicato orgogliosamente il
privilegio di abbandonare qualunque forma di attività fisica (a parte le gite
con gli scout) per buttarmi a capofitto nei libri, io che lo sport non lo
guardo nemmeno alla tv se non in occasione delle Olimpiadi, ecco, proprio io,
sono arrivata in fondo a 3 maratone e nemmeno tanto male. Insomma, come avrete
ormai capito ci ho girato intorno per un po’, poi ho deciso che ancora un po’
passavamo al 2015 e quindi mi sarei accontenta di un ricordo normale, che è
un’urgenza prima di tutto mia, per non perdere le sensazioni e la soddisfazione
provate il 30 novembre…
Avevo
scelto Firenze prima di tutto perché è una città a cui sono molto legata (fin
da piccola ci ho passato tanti week end, l’ho girata e scoperta e imparato ad
amarla anche nei suoi angoli meno noti… insomma, la considero un po’ mia
d’adozione), ma anche perché tanti compagni di lunghi (a partire dal Secco) ci
avevano messo gli occhi come obiettivo autunnale.
Dopo
due avventure affrontate con une bella dose di incoscienza, avevo deciso che
questa l’avrei preparata come si deve. Immagino che a questo punto la frase
dopo dovrebbe essere che non l’ho fatto…
…e
invece no, salvo qualche piccolo dettaglio ancora da mettere a punto (tra gli
altri l’alimentazione un po’ sballata proprio gli ultimi giorni, non senza
conseguenze…) il programma è stato rispettato, devo dire soprattutto grazie
alla presenza di colleghi e compagni di strada che mi hanno aiutato a tenere
presente che davvero in questo tipo di sforzo l’improvvisazione (al contrario
di quanto accade nel mio ambito di lavoro) non porta affatto a buoni risultati.
Già,
perché ammetto che fino a fine estate avevo guardato con un atteggiamento tra
lo scettico e il divertito le tabelle pubblicate dai vari maratoneti (ramarri e
non). Sospetto che dipendesse molto dal fatto che a prenderle sul serio mi
sarei resa conto di dover ripensare il mio modo di allenarmi e quindi di
organizzare il tempo dedicato alla corsa. E in effetti così è stato.
È
chiaro che per fare una buona seduta di ripetute prima di andare al lavoro
bisogna alzarsi presto, molto presto. Ma è anche chiaro che se hai appuntamento
con due o tre amiche che ti fanno compagnia (mia sorella non fa testo, lei la
devo buttare giù dal letto io…) anche quando il cielo è ancora scuro e scende
la pioggia, l’impresa diventa un po’ meno ardua. Meglio ancora se i compiti,
anziché su una tabella impersonale sebbene attendibile, sono pubblicati di
settimana in settimana da un maestro che si prende la pena di adattarla a te
che sei un principiante e di spiegarti come portarla a termine in modo sensato.
E
poi i lunghi, gli amati-odiati lunghi che soprattutto all’inizio, con una
carenza di ferro che ancora mi porto dietro, sono stati una sofferenza non da
poco, sudati e guadagnati convincendosi che ora della maratona le analisi
sarebbero state a posto. Come è andata? Diciamo che è uno di quei casi in cui
ha funzionato l’effetto placebo…
Insomma,
siamo arrivati al gran giorno e devo dire che fatta la tara delle insicurezze,
dei doloretti, della fame (già, perché dopo tanta ingegneria nutrizionale sono
riuscita a sbagliare la cena del sabato e domenica mattina non è che potessi
strafogarmi per compensare), del tempo (niente pioggia, grazie a Dio, ma tanta
umidità e quasi troppo caldo) e di tutto quello che è variabile insondabile
della Maratona, mi sentivo quasi pronta. Pure se alla fine sono partita proprio
in fondo, per iniziare con Laura che era nella gabbia dietro la mia.Devo dire
che in fondo è stato forse anche meglio così, perché c’è una certa dose di
entusiasmo nel correre i primi km superando tanti altri runner senza nemmeno
doversi sforzare, solo rispettando un ritmo e una tabella che portavo al polso.
Era
il braccialettino di carta stile reparto maternità che mi avevano stampato il
giorno prima al Marathon Village quelli dello stand Asics. Bastava dire qual
era il tuo obiettivo ed ecco qui un bel “Pace your run” con indicati i tempi da
rispettare ai vari cancelli, una serie di traguardi intermedi che mi hanno
aiutato molto in termini psicologici ad affrontare la gara, specialmente visto
che ho avuto l’ardire a puntare a un 4h10’ che forse era un po’ azzardato…Scaramanticamente
avrei voluto tenere per me quell’obiettivo, ma ho una sorella con la lingua
lunga e quindi ora della mattina dopo metà dei ramarri presenti (e anche
qualche assente) era già a parte di quel bel segreto di Pulcinella… pazienza…
Ma
Firenze è una maratona dove non è così’ assurdo azzardare. È piatta, ma mai
noiosa, con il suo percorso che si snoda dal centro verso una periferia per
nulla brutta, verso il parco delle cascine che con i suoi segni per terra si fa
riconoscere come luogo di allenamenti per i locali. Una maratona che le twins
hanno affrontato appaiate, e che io personalmente ho gestito con l’attenzione
di non accelerare troppo nella prima metà per arrivare con un po’ di benzina
verso il finale. Non è stato semplice. Gli allenamenti mi avevano dato una
baldanza che non era sempre facile tenere a bada, ma essere in due in questo
caso aiuta e così i primi 20
km sono passati con piacere (per un bel po’ ho anche
rinunciato alla musica per ascoltarmi un po’ di più), in attesa di incrociare
Anna e Giovanni che ci aspettavano a metà gara. I ristori ben organizzati, la
gente sulla strada a incoraggiare fin dal mattino presto (comprese le nonnine
90enni che chissà cosa pensavano davvero di noi…), rispettosa del passaggio dei
runner come raramente capita a Roma e dintorni, i pacer che facevano il loro
lavoro senza sgolarsi come dei folli, insomma, proprio una bella gara.
Inutile
negare che comunque la fatica c’era tutta, ma intravedere Anna e Giovanni sul
Lungarno mi ha regalato una scarica di adrenalina utilissima a scavallare il
traguardo dei 21, addirittura con un paio di minuti di vantaggio rispetto a quanto
indicato sul braccialettino. Cose da farti annusare un PB che non osi sperare….
E
subito la realtà viene a ricordarti che sei solo a metà. Ecco dunque un bel
dolore intercostale che ti costringe a rallentare, sperando che respiri
profondi e molta calma ti rimettano in carreggiata. Nel frattempo ti distrai
guardando la varia umanità che condivide la tua avventura, tra cui un tizio
vestito da frate francescano, con tanto di saio e croce di legno…ma per fortuna
regolamentari scarpe da running. E subito pensi che per pazzo che tu sia c’è
sempre qualcuno che è messo peggio di te…forse.
Comunque
sia il dolore passa (o meglio viene sostituito da altri che si fanno sentire in
varie parti del corpo, come da manuale) e si riprende come da programma,
lanciandosi verso i 30 km
e il centro storico, la parte più bella anche se più faticosa. Qui le strade
mie e di Laura si separano. Lei accusa un po’ di fatica (sempre la fatidica
cena sbagliata e più avanti qualche crampo) e io sono un po’ egoista, ho voglia
di provarci a stare dietro al braccialettino…
Mi
aiutano le strade, le piazze i monumenti che per me hanno un valore speciale.
Sarà un caso ma in questo periodo lavoro su due progetti audiovisivi ambientati
a Firenze (uno nel Rinascimento, l’altro nel Novecento) e così ogni posto mi
racconta qualcosa o qualcuno, mi apre un mondo che dà a ogni metro un sapore
particolare. È divertente pensare che dove io batto le mie scarpe da running i
Medici chiacchieravano con Donatello, o alzavano gli occhi al Duomo a cui ancora mancava la cupola che avrebbe
disegnato Brunelleschi…
Storia
e storie che sono il mio pane quotidiano e mi accompagnano almeno fino al 40^ km,
orgogliosa di non aver mai camminato se non due passi ai ristori per bere senza
strozzarmi…lì dove inizia la parte della gara dove conta il cuore più che le
gambe…
Ci
arrivo con un pensiero incongruo e un po’ futile. Ricordo che all’arrivo di
Roma nelle orecchie mi risuonava la voce del Boss, un The rising molto appropriato per la circostanza, che a Tromso gli
Abba gridavano i loro Kisses of fire
incuranti del freddo del sole di mezzanotte, e ora?
Ora
sempre gli Abba, ma con Cassandra,
dedicata a quella sfortunata fanciulla che prevedeva disgrazie senza essere mai
creduta…Insomma, non esattamente benaugurante [è triste pensare che anche se
allora non lo sapevo passando al fianco di quei lenzuoli bianchi per qualcuno,
un runner come me, quel presagio si era avverato]…
Passo
il cartello del 41^ e guardo il Garmin…ci siamo, quasi, potrei farcela…sono
stanca, parecchio stanca, ma non voglio rinunciare, e allora memore del mantra del coach Luca (“non
pensare se ce la puoi fare perché stai già mettendoti in discussione, corri e
basta”), mi ci metto di cuore e di testa, perché quelle ultime centinaia di
metri li voglio fare correndo sul serio, accelerando, non per il tempo, ma per
me stessa e per il piacere di quello che ho fatto nelle ultime 4 ore, perché tanto
che importa che non sono mai stata una sportiva, visto che la maratona dopo
tutto non è uno sport?!
Il
traguardo a Santa Croce è bellissimo, e lo taglio con il sorriso (peccato che
non c’è nemmeno una foto…), felice di quella felicità che per un attimo è solo
tua e per questo vuoi tenertela stretta, e te la godi perché in fondo non hai
nemmeno il fiatone e pensi che per una volta il lavoro serio paga, e che hai
tanti da ringraziare, ma puoi anche, per una volta, ammettere di essere
contenta di te stessa, di quello che hai fatto (4 ore, 9 minuti, 32 secondi,
sarebbe stato da incidere…) e ancora potrai fare con il cuore, la testa e le
gambe che finalmente sono una cosa sola.
Ubicazione:
Firenze, Italia
giovedì 11 dicembre 2014
Happy Birthday!!
(Spazio personale)
Tanti auguri a me... tanti auguri a me... tanti auguri a Carlo..... tanti auguri a me
martedì 9 dicembre 2014
Il mio diario... di una schiappa
ACQUA
Preparazione triathlon...
Tema del giorno:
Totti (10)
RISCALDAMENTO:
10x50 (2 SL, 2 DO);
Rec. 10"
PINNE:
10X25 Gambe DO;
Rec. 10"
PALETTE & BAMBOLOTTO:
10X200 SL
Rec. 15"
10x100 SL
Rec. 10"
10x50 SL
Rec. 10"
50 SL Forti!!!
Totale 4300 (...omissis...)
Etichette:
Diario
Ubicazione:
Via Gualtiero Castellini, 00197 Roma, Italia
Best Woman
Ci
vediamo con gli altri sotto casa di Stefano. Saliamo a bordo della macchina di
Fabrizio e prendiamo la strada che ci porterà verso Fiumicino. Lungo il
percorso carichiamo anche Claudio.
Il
viaggio di andata, come quello di ritorno, è uno dei momenti che preferisco il
giorno della gara. Si ride, si scherza e si fanno “i cappotti” (sport
nazionale).
Io e Fabrizio |
Giriamo
un po' in lungo e in largo alla ricerca del parcheggio e in giro si nota subito
la confusione che portiamo ad ogni nostra invasione.
In
realtà, spesso, siamo esagerati.
Oggi
si corre la “Best Woman”.
Siamo
al solito stadio di atletica, il gazebo è al solito posto. Prendiamo il
pettorale e cominciamo a prepararci. Siamo leggermente in ritardo sulla tabella
di marcia, ma il tempo per un sorriso e due chiacchiere con gli altri si
trovano sempre. Un breve amarcord con Ilario, un saluto con Luca e un abbraccio
con Maria Pia (strepitose le orecchiette). In fondo siamo qui soprattutto per
questo. La maggior parte di noi si trova lì per partecipare, non per l’atto
agonistico in sé… per quello ci sono i top.
Mentre
il “flusso” corre in senso anti-orario lungo la pista d’atletica, con Fabrizio,
ci dirigiamo verso la zona partenza.
Espletato
il rito del “muro del pianto”, troviamo un posto al centro del gruppo in attesa
della partenza. Intorno solo amici.
La
gara in realtà, per quanto mi riguarda, ha davvero poco da raccontare. Ho
preferito fare i primi chilometri chiacchierando con Stefano e Fabio, e poi
chiudere gli ultimi tre in crescendo, giusto per vedere a che punto sono con la
preparazione. Due chiacchiere con Francesco, un incitamento a Chiara e tanti nomi
di compagni letti sulle spalle. Chiudo in volata con un dignitoso 45’48, ma la
cosa più bella è stata vedere Abramo tenere per la mano Christine e condurla
fino all’arrivo, davvero emozionante.
E’
stata la mia ultima gara con gli Amatori Villa Pamphili. In cuor mio un po’ mi
dispiace, ho vissuto più di due anni con questa squadra e ho nella mente e nel
cuore un’infinità di bei ricordi. Ho conosciuto tante belle persone e ne porterò
un ottimo ricordo. Chiudo senza rancore questo capitolo e sono entusiasta di
poterne aprire un altro.
In
fondo preferisco l’arancione al verde, ma parliamo solo di colori.
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