lunedì 2 maggio 2016

Pettorale 153





Nonostante la sveglia (non voluta) alle 03.30, riesco ad arrivare stretto con i tempi per l’inizio della gara. Mi ritrovo a dieci minuti dal fischio di partenza, ancora con la muta da mettere e senza una lacrima di vasellina nei paraggi. L’unica cosa che riesco a fare prima dello start è bagnarmi i piedi.
Il cielo è nuvoloso, ma qui e là fa capolino un timido sole. L’asfalto non è poi così bagnato e la frazione in bici potrebbe essere divertente. Il vero problema è la temperatura dell’acqua… gelata.
Il grigio abbraccia il panorama, dal cielo al lago, tutto si riflette di questo color cemento.
Saluto Daniela, emozionata per il suo esordio, e mi dirigo in zona partenza per la spunta.
Il gruppo della Podistica è decisamente numeroso, per molti è il battesimo assoluto e per la maggior parte di noi è la prima gara della stagione. La nostra squadra sta crescendo parecchio, Gigi e Bruna sono impagabili per il lavoro che svolgono. Il mio c’è il pettorale 153. Non mi piace.
Un’ora prima della gara mi “sparo” il solito bibitone dell’Herbalife. Ormai è un rito, ho sempre paura di avere fame durante la gara.
Con qualche minuto di ritardo il giudice di gara da il via alle ostilità.
A differenza del mare il lago ti permette pochi passi, si comincia a “mulinare” le braccia quasi da subito e l’impatto con la temperatura dell’acqua è devastante.
Milioni di spilli piantati nel corpo. Nel nuoto si deve gestire la respirazione, e farlo in un contesto dove  ti manca il fiato per il “trauma” da gelo è davvero difficile. In parecchi non termineranno la frazione a nuoto per il freddo e nei primi cento metri ho rischiato fortemente di essere uno di loro. Ho dovuto concentrarmi parecchio per non lasciarmi prendere dal panico. Dopo la prima boa ho cominciato a nuotare, ma la partenza dalle retrovie mi ha condizionato parecchio per via del traffico davanti a me. Dopo la seconda boa il freddo era sparito.
Riemergo dalle acque con un modesto 17’ e rotti, non è un granché e mi s’inceppa pure la chiusura lampo della muta. Entro in zona cambio ancora completamente vestito. Perdo qualche minuto a spogliarmi e a decidere se portarmi o no la mantellina (Strong perdonami!!). A giudicare dalle bici sono nella pancia del gruppo. Quando esco dalla zona cambio il freddo si rifà subito sentire. Un freddo diverso, più accettabile, ma comunque fastidioso. Sono solo insieme a un ragazzo della Forhans. Niente gruppetto a tirare. Facciamo un po’ di gioco di squadra, ma l’andatura è decisamente bassa… 35 km/h.
Usciamo dal centro abitato di Trevignano in direzione Bracciano. Con stupore scopro che la strada non è chiusa al traffico. I venti chilometri in bici vorrei coprirli a tutta, si tratta di uno sprint e credo che si possa lasciare poco spazio alla pedalata agile. Parto forte e mi metto a tirare, fino alla salita di Vicarello dove mi pianto come una quercia. Metto su un vergognoso 34-26 e vado su come fossi sulle Dolomiti. Scavallo e la fortuna vuole che un gruppetto di altri triatleti mi passi a fianco, mi metto a ruota e in discesa recuperò un po’, integro e rimango coperto, fino a quando davanti a me vedo macchine ferme e un ragazzo della Podistica a terra.
E’ vero che si tratta di una gara, ma è pur sempre un gioco per me e quindi senza pensarci un attimo mi fermo per vedere se sta bene e se ha bisogno di aiuto. E’ pieno di abrasioni e sangue, ma la prima cosa che mi dice è “vedo se riesco a riprendere” (kamikaze), gli dico di essere prudente e di aspettare un attimo e vedere se tutto è ok.
Risalgo in bici e mi metto a ruota di altri atleti che nel frattempo mi passano di fianco. Riprendo a pedalare e l’andatura si fa buona, nulla di eccezionale, ma siamo sui 38 km/h. Giro di boa e si ritorna indietro verso Trevignano. Una ragazza della Forhans si mette avanti a tirare, ha due polpacci che sembrano di granito. Il sole comincia a splendere e l’aria si scalda. Ripercorriamo la salita di Vicarello e questa volta va decisamente meglio, riesco a lasciarmi dietro anche qualche “collega”. In vista della zona cambio sfilo le scarpe e mi appresto a scendere da cavallo. La transizione questa volta è più veloce, per la prima volta in vita mia evito di mettere i calzini (solo per il fatto di averli dimenticati ndr), riparto e la prima cosa che noto è la temperatura primaverile.
Le gambe sono decisamente legnose, e la cosa mi coglie di sorpresa. Nel circuito da due chilometri vedo sfilare in senso opposto molti ragazzi del Pandateam e molti compagni della Podistica. Capisco di essere dietro, ma non riesco a cambiare passo, mi pianto sui 4’25 e da lì non ne esco. E’ come se avessi una pallina da tennis nel diaframma. La corsa in questo periodo è un po’ difficoltosa e quindi mi accontento di come va. Il ginocchio durante tutta la gara rimane silente e questo è un fatto positivo.
Riesco solo ad allungare nella volata finale e a chiudere lo Sprint di Trevignano in 1h10. Non è un gran tempo, ma mi accontento. Capisco di essere ancora molto indietro rispetto al grosso del gruppo. Trovo una bella panchina e mi metto seduto ad aspettare la fine della gara. Il meteo, che doveva essere funesto, ci regala un caldo sole.
Ritrovo Daniela e le faccio i complimenti per la sua “prima volta”, dopo di che riprendo la strada di casa.
Il triathlon mi piace, anche se ancora vivo quel momento del “chi me lo fa fare” prima di ogni gara e “non vedo l’ora di farne un’altra” subito dopo. Con il passare del tempo cresce l’amaro in bocca per una prestazione poco brillante, ma poi rivedendo le immagini della giornata penso che ne sia davvero valsa la pena.

Questa è stata l’ultima gara della mia Olympia, da domani (oggi ndr) passerà le consegne a una nuova bici… sarò scemo, ma mi mette un po’ di tristezza.

www.romacorre.it


4 commenti:

  1. Ciao, bella gara, c'ero anche io. Il nuoto non era poi cosi freddo, ma purtroppo il freddo è soggettivo. Complimenti a chi ha esordito in questa gara (freddo e muta la prima volta sono un bell'ostacolo)

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    1. Io sono morto di freddo :) La gara mi è piaciuta molto, peccato per le auto lungo il percorso delle bici

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