martedì 23 febbraio 2016

C'era una volta un bar...




La mia mezza maratona a Terni è nata per caso, scambiando qualche messaggio con un’amica.
Nella sua fitta agenda podistica c’erano anche i 21 chilometri di San Valentino. Mi sono detto “perché no?!”. Le trasferte mi piacciono, mi piace dormire in albergo, mi piace l’aria di festa della vigilia, le strade invase da invasati in tuta e scarpe da running.
Preso il pettorale e prenotato l’albergo, non rimaneva che darsi da fare con gli allenamenti, non come obiettivo primario, ma come un buon test in vista del primo vero appuntamento stagionale, la Roma Ostia.
Certo che una gara è pur sempre una gara e quindi l’impegno è sempre massimo, anche quando la sfortuna si accanisce su di te regalandoti a  dieci giorni dallo start, una bella infiammazione al tendine achilleo. A quel punto le cose cambiano radicalmente. Il test sulla condizione atletica diventa una prova sulla tenuta fisica.
Qualche giorno prima di partire sento Strong, gli chiedo se posso provare un ritmo intorno ai 4’40 di media finale. Lui mi dice di andare in progressione e di non esagerare per via del tendine. Obbedisco.
Da quando ho iniziato a correre è la prima volta che la sera prima mi sento con qualcuno che mi da qualche buon consiglio su come affrontare la gara. E’ un fattore che da sicurezza, spesso siamo troppo critici con noi stessi, mentre una persona “esterna” riesce a cogliere meglio le vere possibilità di chi corre.
A differenza di altri viaggi sportivi, questa volta parto in solitaria, con il buio intorno a me. La corsa è passione, ma pur sempre un gioco e quindi gli impegni familiari non possono essere messi in disparte e dopo aver messo in cantiere la cena di Cesare e Isabella, parto in direzione Terni.
La mattina della gara mi alzo alle 05:50, senza l’ausilio della sveglia, purtroppo sarà per l’età, ma senza il cuscino non riesco a dormire come si deve. Le levatacce in fondo  non sono un problema per me. Guardo il telegiornale, mi faccio una doccia e scendo per fare colazione. Dopo tutti i riti scaramantici, insieme al resto del gruppo, ci facciamo una breve passeggiata per raggiungere il luogo della partenza. Man mano che ci avviciniamo le strade si riempiono di runners.
La piazza che ospita il via delle gare (mezza e maratona) non è molto grande. Siamo in tanti e la cosa che salta di più agli occhi è il fatto che sembra di essere… a Roma. Tantissime facce della capitale. Orange, Bancari, Amatori, Purosangue, ci sono tantissime società capitoline. Il cielo è sgombro dalle nuvole e il sole ci da un assaggio importante di primavera.
Lo start come al solito mi da l’idea di un treno in partenza. Non sono uno che punta a mettersi in prima linea, non ho un tempo adeguato e quindi resto nella pancia del gruppo ad aspettare che questa massa umana mi spinga in avanti. Della Mezza di Terni ho sempre sentito dire che si tratti di una gara tutta in discesa, allora mi domando come sia possibile che dopo due minuti dalla partenza siamo su un “muro” in salita da un chilometro e mezzo. Misteri.
Dopo qualche rotatoria e qualche curva all’interno della città, ci dirigiamo fuori le mura, direzione cascate delle Marmore… lungo la Valnerina, siamo al quinto chilometro e il passo gara è buono, il tendine dorme e la malinconia è passata. La temperatura è perfetta, anche se il sole è decisamente caldo. Durante i primi chilometri il ritmo è sempre un’incognita, trovo una compagno di squadra, Francesco, e mi metto al suo fianco. La sua corsa è regolare e molto simile alla mia, inoltre due chiacchiere e un po’ d’incitamento reciproco non possono che giovare alla prestazione. 
Prima del tredicesimo chilometro la nostra gara saluta i maratoneti e ritorna indietro verso la città. Dopo una decina di minuti in piano, la strada si mette in discesa e facilità il compito. Approfittando di questo aiuto abbasso sensibilmente il ritmo e mi metto intorno ai 4’15 a km. In salita ho perso un po’ la media generale che mi ero prefissato, sono quindi intenzionato a darci dentro. Sarà che il tendine non mi fa male, sarà che Strong ci sa fare, sarà che due terzi della gara sono alle mie spalle, sarà per un sacco di cose, ma mi sento davvero bene e per niente affaticato, riesco addirittura (di solito vado in apnea) a parlare con un “collega” di Terni. Spingo per almeno sei chilometri a questo ritmo, ma non ho idea del tempo complessivo, il mio Garmin è settato male e mi passa solo alcune informazioni,  quindi non so di preciso come sto andando. Nonostante l’ultimo chilometro più appesantito, nella mente credo di poter chiudere in 1h35’ circa, che sarebbe per me un tempo eccellente. Purtroppo sotto il traguardo butto un occhio sul display ufficiale e leggo 1h38’17 (real time 1h37’55). Rimango deluso. E’ vero che ho centrato i miei obiettivi (4’40 e progressione), ma sapendo di averne ancora avrei potuto almeno limare il mio best time
Ora davanti a me c'è Ostia, sono più fiducioso dei miei mezzi e credo di potermi migliorare. Certo, non farò mai cose eccezionali in questo sport, ma posso sopravvivere a questo. 
E’ stata un’avventura per me molto particolare, ci tenevo a venire qui, a vedere questi posti in modo diverso. Avevo voglia di ricordare. La Valnerina per me è un posto magico. Sono luoghi che ho vissuto in parte da bambino quando ci passavo in macchina con papà e m'incuriosiva guardare gli orti e i terreni coltivati, immaginavo questi vecchietti piegati sulla schiena "annoiarsi" per quel lavoro. Con mio fratello giocavamo a chi vedeva prima un cavallo o una mucca. Quando passi con la macchina su una strada non cogli mai veramente il paesaggio, non riesci a percepirlo, è come vedere un quadro appeso fuori dal finestrino. Correndo  senti i profumi, percepisci l’aria sulla pelle, vedi l’inverno andare via e lasciare spazio alla primavera. Mio padre era di un piccolo paese dell’Umbria e passare per certe strade mi regala sensazioni particolari. Ricordo che con quella vecchia passat blu partivamo da Roma la domenica mattina prestissimo e dopo aver dormicchiato sull’autostrada ci fermavamo a Terni, sempre al solito bar, per fare colazione. Correre lì davanti è stato il momento più duro della gara, ho immaginato che tu fossi lì dentro a guardarmi con il tuo caffè in mano e la tua vecchia giacca sulle spalle... 


"ciao pa'
così hai saltato giù e ora sei in volo
ti sei fermato un giorno e io corro solo
perchè non m'hai aspettato e stai lontano
e non mi prendi più per la mano
che senza un legno adesso un po' più piano
vado e spesso cado
ma andiamo avanti..." 

4 commenti:

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