domenica 13 ottobre 2013

4 km in mezzo al mare…

GDL, io e Checco



…svolto a sinistra lasciando alle mie spalle una rassicurante lingua d’asfalto. Davanti a me c’è solo terra, sole e polvere, i miei occhi guardano quello che la mente registra come qualcosa di doloroso, tutto sembrava andare per il meglio, ma poi... poi il crollo, lento e inesorabile. Il bianco… il ricordo più forte è il bianco di un sentiero di pineta, i sassi come lame sotto i piedi, il terreno duro da abbandonare ad ogni passo, come volesse trattenerti a sé. Le gambe che diventano più rigide e le ginocchia che stentano a piegarsi, il desiderio di vedere dietro ogni curva un traguardo che sai però essere ancora troppo lontano. Non sapere che carte giocare, sei in mezzo a tanta gente che fatica come te, ma in realtà sei solo e ogni persona che ti passa accanto ti vede scivolare via… sembra davvero di correre in mezzo al mare. Ti domandi com’è possibile, fino a pochi istanti fa eri tu a metterti loro alle spalle e poi?!?.... poi il crollo, lento e inesorabile. Il sudore scivola dentro gli occhi bruciandoli, cerchi di asciugarti la fronte, ma ti accorgi che ad ogni passaggio della mano è più bagnata di prima, l’ombra è l’unica amica che ti tiene compagnia e ti corre avanti spinta dalla luce del sole alle tue spalle, le labbra assetate si seccano ai lati e continui a leccarti la bocca in cerca di refrigerio. In lontananza vedi l’ultimo ristoro proprio all’inizio di un viale alberato, ogni mutamento del paesaggio è un sollievo, più per l’anima che per il corpo, ti fermi qualche istante per bere avido di sali minerali e acqua, poi però in testa rimbombano le parole di Stefano e Francesco “non ti fermare o non riparti più” allora subito metti un passo avanti all’altro e riprendi questa lenta processione verso l’arrivo, ogni tanto pensi di mollare, è un pensiero che scivola via... piuttosto crepo. Vedi il cartello degli ultimi 2 km e capisci che in qualche modo arriverai, qualcuno che si sente male al bordo della strada, vorresti aiutarlo, ma ne hai poca per te di forza e non puoi sprecarla per gli altri, tiri dritto.
L’ingresso allo stadio, non capisci bene se stai correndo o camminando, il ricordo del nome di Annalisa urlato dallo speaker che ne annuncia la vittoria tra le donne, l’arrivo, anonimo e sommesso, ma mai così tanto agognato. Per la prima volta ho conosciuto il lato oscuro della corsa, la fatica e il dolore li avevo già incontrati, la sofferenza no! Guardo l’orologio per la milionesima volta negli ultimi quattro chilometri, 2 ore e 47 minuti, mi verrebbe da pensare che tutto sommato per me potrebbe andare bene, invece no, ho l’amaro in bocca, sono deluso, in cuor mio oggi ho perso. Ritrovo i miei amici e scambio quattro chiacchiere con loro, il sorriso torna subito e pure la baldanza di poter dire che la prossima volta andrà meglio, faccio tesoro dei consigli e mangio qualcosa al ristoro, sono stanco.
Pensare che era stato tutto perfetto fino a quattro chilometri prima, l’euforia della partenza, i colori della gente, le gambe brillanti, i matti del 19°km, tutto perfetto. Bisognerà tornare a lavorare sodo, Valencia non è poi così lontana… meno male che ci sono i Ramarri.


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