lunedì 30 maggio 2016

Tutti al mare... tutti al mare...



Sabato mattina, ore 10.00 circa. Migliaia di persone cominciano questa “pacifica” invasione del litorale romano. Il sole splende nonostante una leggera velatura delle nuvole, l’aria è calda nonostante il vento che soffia dal mare.
Io pedalo. Allenamento “lungo”, almeno per le mie gambe.  Ci sono da fare 130 chilometri e non nascondo che per me si parla ancora di distanze “importanti”. Pedalare dentro Roma è indubbiamente brutto. Semafori, traffico (anche di sabato mattina), pedoni, buche e quant’altro. 
Finalmente ne vengo a capo e mi metto alle spalle il Grande Raccordo Anulare…. ora si pedala!! Direzione mare.
E’ l’ultima uscita che farò da queste parti però, almeno per un po’ di tempo. Il traffico delle auto diventa impegnativo. Troppi automobilisti distratti. In fondo come biasimarli. E’ un giorno duro per loro.  Sono le loro prime "uscite" in spiaggia, e diventano vittime sacrificali di gestori di stabilimenti e altro ancora.
Chioschi e bar abusivi che ti chiedono per un po’ d’acqua l’equivalente di una bottiglia di champagne, sei comunque già consapevole che sarà una giornata di lacrime e sangue. Un ombrellone con due lettini acquisisce lo stesso valore catastale di un loft ai Parioli.
Il parcheggiatore abusivo che ti urla alle spalle… “Capo!!!” e mentre paghi l’obolo per un posto in divieto di sosta, dentro a una piccola discarica abusiva,  ti domandi “...ma capo di cosa??!”.
Figli urlanti e mogli stressate che si sventolano nervose fogli di carta in faccia, in attesa della tua venuta, mentre loro, gli uomini, pregano e sperano di soccombere sotto il peso della borsa frigo, dei giocattoli gonfiabili e della borsa da mare. Esalare l’ultimo respiro durante un atto di eroismo unico… la domenica al mare.
Di tutto questo però, sono consci. Accettano passivamente quello che la giornata gli pone davanti. Preparano e aspettano tutto l’anno questo momento. L’unica cosa che non sono disposti ad accettare, il vero drappo rosso davanti ai loro occhi, ciò che riconoscono come vero e unico problema in questa giornata folle… è lui!! Quel cretino che va in bici e che li costringe a rallentare verso la loro autodistruzione.
“Ma questo non ce l’ha una famiglia??!” arringano orgogliosi verso la consorte in cerca di approvazione. Cosa c’è di meglio da fare, mentre urlano con il clacson, se non tirare giù il finestrino per abbaiare a squarcia gola insulti ed epiteti di qualsiasi natura, onde dimostrare ai propri pargoli la natura da macho del loro papà. Questo rospo in gola va scacciato con la veemenza del guerriero in battaglia.
Il cretino in questione sabato ero io. Un ciclista, in uscita solitaria, che nonostante abbia “marcato” stretto la linea bianca di demarcazione della strada (con tutte le buche del caso, visto che le buche sono sempre lì), era il nemico da scacciare. Il tiranno della strada, quello che occupa un metro di corsia e che ti costringe a rimanere dentro i limiti di velocità consentiti. Quello che ti fa rallentare dal trascorrere una piacevolissima e rilassante giornata al mare.

mercoledì 25 maggio 2016

Passerà



Diario.

Ieri ho nuotato. Quattro chilometri. Avrei dovuto farli ad un ritmo allegrotto, ma non ci sono riuscito. Pazienza, ormai non me la prendo più di tanto quando un allenamento va male. Non sono un professionista e quello che faccio è già tanto.
Comunque... braccia molli e gambe dure. Ormai è un mese che vivo lo sport tra alti e bassi... più bassi che alti. Problema di testa sicuramente.
Il punto è che non ho voglia di allenarmi. Overtraining??! Forse si. 
Pescara è alle porte e sono contento, non perché finalmente posso affrontare la gara, ma perché finalmente posso levarmela dai piedi. 
È passato un anno e per quanto faccia finta di niente, il distacco è ancora duro da mandare giù. Nel frattempo la bella stagione tarda a mettere le tende e anche questo non mi aiuta.
Oggi la mia piccola ha fatto la recita. Sta per finire l'asilo e un microciclo si chiude. Sta diventando grande e questo non mi va (cit.).
Pessimismo cosmico... so che non è roba da triatleti, ma in fondo io sono solo un aspirante.

-19

venerdì 20 maggio 2016

Divisi solo dalla fortuna



Diario di un'aspirina.


Ieri piccolo test sugli 800 in acqua.  In realtà avrei dovuto pedalare per circa 120 chilometri, ma per questioni di lavoro e quindi di tempo, mi sono ritrovato a dover invertire gli allenamenti di giovedì e venerdì, ovviamente ho richiesto l’approvazione a Strong.
La decisione è purtroppo maturata dopo il pranzo, dove non nascondo che, pensando ai 120 chilometri bike, mi sono permesso di mangiare un po’ di più. Questo fattore credo che in acqua si sia fatto sentire. Dopo un breve riscaldamento di 200 metri ho cominciato il test programmando l’Epix a 26 secondi per vasca (ogni 26” il garmin vibra dandomi l’idea dell’andatura che sto seguendo). Come ritmo di base pensavo fosse un buon riferimento… un paletto d’allarme sopra al quale non sarei mai dovuto salire.
Nell’eseguire il test ho comunque cercato di non commettere il mio solito errore, scompormi. Sacrificare la corretta esecuzione dello stile, sull’altare della foga agonistica. Questo non mi è facile. Con l’aumentare della frequenza cardiaca sento l’esigenza di “pescare” aria ad ogni bracciata, perdendo sicuramente un assetto migliore rispetto a un più congeniale 2-3-2. Comunque, senza entrare nello specifico, ho concluso la prova in 13.24 a una media di 1:41 min/100 m. ‘No schifo!!
Senza girare intorno alle parole avrei dovuto fare meglio, ma come mi ha detto il coach, non bisogna buttarsi giù quando un allenamento va male… ottimismo prima di tutto.
Uscendo dalla vasca mi avvicina un amico, ex atleta “vero” del C.S. Carabinieri e mi fa “per essere uno che non ha fatto agonistica nuoti bene” dentro di me gongolavo, felice per il complimento, ma subito dopo… “peccato che non peschi acqua”. Una mazzata!! Mi sono sentito come il dottor Slump quando andava in bianco con la maestrina di Arale. Ha cominciato a spiegarmi una serie di esercizi sulla sensibilità e su altre cose che migliorano l’acquaticità, ma ormai il mio cervello era andato, pensavo - e se mi avesse visto cinque mesi fa??!. 
La differenza tra “prendere acqua” e “non prendere acqua” si chiama nuoto… tutto qui. Me ne farò una ragione.
Nel frattempo da qualche settimana avverto un dolore sospetto nella zona pubica, piccole fitte in profondità, spero non si tratti di pubalgia, sarebbe davvero una beffa. 
Oggi si pedala.
 -23

martedì 17 maggio 2016

Nuota... prega e ama


A forza di piangermi addosso comincio a vedere la luce.... e non per questo tempo di merda!! Ma dico io, siamo a maggio cribbio!!!
Negli ultimi giorni mi sento decisamente meglio, stanco come un mulo, ma senza ombra di dubbio più motivato. Sarà che ho imbroccato tre allenamenti di fila sulla corsa... il che non guasta.  Adesso ho meno paura di allacciare le scarpe.
Nel frattempo il mio amato Fenix 2 mi ha abbandonato. Nella speranza che la Garmin non rimandi alla calende greche la riparazione, mi sono fatto prestare l'Epix (sempre Garmin) da un amico. Esteticamente non è poi così bello, ma..... cacchio che mostro!!! Pieno zeppo di funzioni, bottoni, touch, se un giorno dovessi imparare tutto su questa diavoleria potrei presentare domanda per una laurea honoris causa in ingegneria. 
Oggi ho nuotato. Quattro chilometri. Nuotare è il momento dove ascolto maggiomente il mio corpo. Lo immagino leggiadro e volteggiante nell'aria, invece i tempi dicono che sono un sacco di patate... pazienza. 
Nel frattempo Strong mi dice di abbuffarmi e pregare. La prima cosa non è un problema, potrei essere davanti a molti da questo punto di vista. La seconda... ahimè... è decisamente più complicata, ma questa è una storia lunga più di  vent'anni.

-26

mercoledì 11 maggio 2016

La corsa.... questa sconosciuta.

Diario di un'aspirina

www.romacorre.it
Venerdì ho finito l'allenamento della corsa con il morale sotto i piedi... scendere sotto i 4'30 è stato impossibile. Tornavo a villa Glori dopo essermi detto "mai più!!", ma poi mi sono ritrovato lì e ho ripreso le mazzate. Credo sia la villa più dura di Roma.... non so perché però, per me è cosi. 
Ho scritto a Strong dicendogli che il lavoro era venuto uno schifo e che il giorno dopo il 3x3000 sarebbe venuto anche peggio visto i risultati e nonostante lui mi avesse suggerito di saltarlo e fare altro, ho insistito per provarci. 
Sabato mattina... bellissima giornata. Programma 3x3000 e a concludere un'ora e quaranta totale da chiudere. "Non ce la farò mai" era il mio pensiero. 
Dopo i primi dieci minuti di riscaldamento, con un po' d'ansia e con il dubbio di quale strada seguire, ho cominciato ad aumentare il ritmo. Ci sono momenti nell'allenamento, soprattutto nelle distanze lunghe, dove ho una percezione del mio corpo in movimento, sgraziato e claudicante. Come se stesse correndo uno alle prime armi e in piena crisi cardiaca. Quando "lappo" il Garmin, scopro con piacere che il tempo c'è... ed è anche migliore di quello stabilito dal coach. Peccato per il Fenix2 che decide improvvisamente di impazzire e di spegnersi. Dopo 52 minuti di ripetute ero solo a metà dell'allenamento. Correre altrettanto tempo, anche se a ritmo decisamente più lento, è stata la vera fatica della giornata. Ho chiuso soddisfatto e meno stanco del previsto. 
Quando un allenamento va bene ti regala una giornata diversa, potrebbero passarti sopra i piedi con uno schiacciasassi e non batteresti ciglio.
Ieri in piena euforia da successo, mi sono addirittura regalato un'uscita run "fuori sacco" e a Villa Glori, con un buon 10x200 forti fatti dopo un paio di chilometri in acqua. 
Spero che sia la fine di questo periodo buio che ho attraversato in questo periodo nella corsa. A casa ho scritto a Strong che mi ha giustamente "brutalizzato" per l'iniziativa, ma era la ricerca di una piccola conferma, ne avevo bisogno... più per la testa che per il  fisico.
Manca un mese, ho più dubbi che certezze e probabilmente mi sto facendo troppe "seghe mentali", ultimamente mi prende anche un po' di strizza e vorrei che tutto fosse già finito. So che è un gioco, ma sono comunque brividi forti.

lunedì 2 maggio 2016

Pettorale 153





Nonostante la sveglia (non voluta) alle 03.30, riesco ad arrivare stretto con i tempi per l’inizio della gara. Mi ritrovo a dieci minuti dal fischio di partenza, ancora con la muta da mettere e senza una lacrima di vasellina nei paraggi. L’unica cosa che riesco a fare prima dello start è bagnarmi i piedi.
Il cielo è nuvoloso, ma qui e là fa capolino un timido sole. L’asfalto non è poi così bagnato e la frazione in bici potrebbe essere divertente. Il vero problema è la temperatura dell’acqua… gelata.
Il grigio abbraccia il panorama, dal cielo al lago, tutto si riflette di questo color cemento.
Saluto Daniela, emozionata per il suo esordio, e mi dirigo in zona partenza per la spunta.
Il gruppo della Podistica è decisamente numeroso, per molti è il battesimo assoluto e per la maggior parte di noi è la prima gara della stagione. La nostra squadra sta crescendo parecchio, Gigi e Bruna sono impagabili per il lavoro che svolgono. Il mio c’è il pettorale 153. Non mi piace.
Un’ora prima della gara mi “sparo” il solito bibitone dell’Herbalife. Ormai è un rito, ho sempre paura di avere fame durante la gara.
Con qualche minuto di ritardo il giudice di gara da il via alle ostilità.
A differenza del mare il lago ti permette pochi passi, si comincia a “mulinare” le braccia quasi da subito e l’impatto con la temperatura dell’acqua è devastante.
Milioni di spilli piantati nel corpo. Nel nuoto si deve gestire la respirazione, e farlo in un contesto dove  ti manca il fiato per il “trauma” da gelo è davvero difficile. In parecchi non termineranno la frazione a nuoto per il freddo e nei primi cento metri ho rischiato fortemente di essere uno di loro. Ho dovuto concentrarmi parecchio per non lasciarmi prendere dal panico. Dopo la prima boa ho cominciato a nuotare, ma la partenza dalle retrovie mi ha condizionato parecchio per via del traffico davanti a me. Dopo la seconda boa il freddo era sparito.
Riemergo dalle acque con un modesto 17’ e rotti, non è un granché e mi s’inceppa pure la chiusura lampo della muta. Entro in zona cambio ancora completamente vestito. Perdo qualche minuto a spogliarmi e a decidere se portarmi o no la mantellina (Strong perdonami!!). A giudicare dalle bici sono nella pancia del gruppo. Quando esco dalla zona cambio il freddo si rifà subito sentire. Un freddo diverso, più accettabile, ma comunque fastidioso. Sono solo insieme a un ragazzo della Forhans. Niente gruppetto a tirare. Facciamo un po’ di gioco di squadra, ma l’andatura è decisamente bassa… 35 km/h.
Usciamo dal centro abitato di Trevignano in direzione Bracciano. Con stupore scopro che la strada non è chiusa al traffico. I venti chilometri in bici vorrei coprirli a tutta, si tratta di uno sprint e credo che si possa lasciare poco spazio alla pedalata agile. Parto forte e mi metto a tirare, fino alla salita di Vicarello dove mi pianto come una quercia. Metto su un vergognoso 34-26 e vado su come fossi sulle Dolomiti. Scavallo e la fortuna vuole che un gruppetto di altri triatleti mi passi a fianco, mi metto a ruota e in discesa recuperò un po’, integro e rimango coperto, fino a quando davanti a me vedo macchine ferme e un ragazzo della Podistica a terra.
E’ vero che si tratta di una gara, ma è pur sempre un gioco per me e quindi senza pensarci un attimo mi fermo per vedere se sta bene e se ha bisogno di aiuto. E’ pieno di abrasioni e sangue, ma la prima cosa che mi dice è “vedo se riesco a riprendere” (kamikaze), gli dico di essere prudente e di aspettare un attimo e vedere se tutto è ok.
Risalgo in bici e mi metto a ruota di altri atleti che nel frattempo mi passano di fianco. Riprendo a pedalare e l’andatura si fa buona, nulla di eccezionale, ma siamo sui 38 km/h. Giro di boa e si ritorna indietro verso Trevignano. Una ragazza della Forhans si mette avanti a tirare, ha due polpacci che sembrano di granito. Il sole comincia a splendere e l’aria si scalda. Ripercorriamo la salita di Vicarello e questa volta va decisamente meglio, riesco a lasciarmi dietro anche qualche “collega”. In vista della zona cambio sfilo le scarpe e mi appresto a scendere da cavallo. La transizione questa volta è più veloce, per la prima volta in vita mia evito di mettere i calzini (solo per il fatto di averli dimenticati ndr), riparto e la prima cosa che noto è la temperatura primaverile.
Le gambe sono decisamente legnose, e la cosa mi coglie di sorpresa. Nel circuito da due chilometri vedo sfilare in senso opposto molti ragazzi del Pandateam e molti compagni della Podistica. Capisco di essere dietro, ma non riesco a cambiare passo, mi pianto sui 4’25 e da lì non ne esco. E’ come se avessi una pallina da tennis nel diaframma. La corsa in questo periodo è un po’ difficoltosa e quindi mi accontento di come va. Il ginocchio durante tutta la gara rimane silente e questo è un fatto positivo.
Riesco solo ad allungare nella volata finale e a chiudere lo Sprint di Trevignano in 1h10. Non è un gran tempo, ma mi accontento. Capisco di essere ancora molto indietro rispetto al grosso del gruppo. Trovo una bella panchina e mi metto seduto ad aspettare la fine della gara. Il meteo, che doveva essere funesto, ci regala un caldo sole.
Ritrovo Daniela e le faccio i complimenti per la sua “prima volta”, dopo di che riprendo la strada di casa.
Il triathlon mi piace, anche se ancora vivo quel momento del “chi me lo fa fare” prima di ogni gara e “non vedo l’ora di farne un’altra” subito dopo. Con il passare del tempo cresce l’amaro in bocca per una prestazione poco brillante, ma poi rivedendo le immagini della giornata penso che ne sia davvero valsa la pena.

Questa è stata l’ultima gara della mia Olympia, da domani (oggi ndr) passerà le consegne a una nuova bici… sarò scemo, ma mi mette un po’ di tristezza.

www.romacorre.it


Licenza Creative Commons
runisnow è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.