"Quella che sto per raccontarvi nelle righe che seguono è
una storia bellissima che ha avuto inizio a primavera inoltrata quando, dopo
tanto pensare, ho deciso di iscrivermi ad una maratona e la scelta è caduta su
Venezia. Non c’è una motivazione particolare sulla scelta di quella città
se mai un insieme, come la bellezza del percorso, il fatto che la prima la
volessi fare in Italia, il fatto che fosse a fine ottobre e quindi con un clima
ancora gradevole.
E così compro il pettorale. Subito inizio a pensare
quando cominciare ad allenarmi, che tabella seguire, il tutto con una sana
eccitazione. Poi arriva puntuale l’ostacolo. Un dolore alla gamba, latente
da mesi, esplode in una gara a L’Aquila. Delusione per non aver potuto tagliare
il traguardo da ramarra nella mia città e preoccupazione per la preparazione
che a breve avrei dovuto cominciare. Ferma, non puoi correre se la gamba non
va! Fermati. Analizza. Valuta. Intervieni. Nuoto. Diagnosi. Strappo. Terapia.
Ad agosto mi sento meglio, ormai il sogno di Venezia mi
sembra sempre più lontano anche se il mio pettorale è li quasi a
ricordarmi che i giochi sono ancora aperti. Inizio quindi a riallenarmi, poco
alla volta aumento i km poi vado in vacanza e mi fermo di nuovo ed è
esattamente nel viaggio di ritorno che inconsapevolmente decido di provarci e
così riprendo, con una costanza e una dedizione impeccabili. Sappiamo tutti
però che questa è una condizione di sicuro necessaria, ma non altrettanto
sufficiente, al raggiungimento dell’obiettivo di una maratona che nel mio caso
era “semplicemente” tagliare il traguardo.
Le gambe c’erano, la testa c’era, il cuore non chiedeva
altro.
Non mi ripeto sulla maniacalità dei preparativi di cui
tanti hanno parlato. Io non sono stata da meno!
Venezia 26 ottobre 2014.
Dopo una ricca colazione salgo sulla navetta che mi
porta dall’hotel a Mestre. Insieme a tutti gli altri atleti prendo l’autobus
che da Mestre porta a Stra (luogo della partenza). Il tragitto è lungo e
sembra di stare in un mezzo a Roma all’ora di punta, unica differenza è che
tutti hanno le scarpe da corsa! Come arrivo intercetto subito Luca ed Elisa
sorridenti come sempre che mi salutano con tutto il loro calore e pian piano ci
dirigiamo insieme alla griglia di partenza.
Con Elisa, con la quale ci eravamo già spallegiate in un
allenamento di lungo domenicale, decidiamo di iniziare fianco a fianco. La
bellezza della riva del Brenta è difficile da descrivere, poi con una giornata
spettacolare come quella, con il sole che dorava dolcemente i colori
dell’autunno, tutto si esaltava. Le prime sensazioni: calore, calma e
gioia. Si perché ero consapevole di avere davanti a me tanti km ma di questo ero felicissima. Io ed Elisa cerchiamo di prendere il ritmo che ci eravamo
indicativamente date, con un tira e molla tipico di chi non ha molta esperienza
e rimproverandoci a vicenda quando spingevamo troppo. Tutto questo guardare
l’orologio ha avuto fine quando Elisa, nel chiedere conferma del ritmo ad una
persona a fianco a noi, riceve in risposta: “Non so, io corro senza orologio, a
sensazione e campanili!” Magia! Quelle parole sono entrate in sintonia perfetta
con la poesia che avevo intorno. Da quel momento io ed Elisa, senza dirci
nulla, abbiamo guardato sempre meno l’orologio e ascoltato sempre di più noi
stesse e ciò che ci circondava. Da brave allieve ci siamo rifornite ad ogni
ristoro senza mai fermare le gambe (grazie Chiara, Fabrizio e Francesco per
avermelo detto!) e poi ci siamo fatte trasportare dal passaggio nei paesini,
dal calore delle persone, dalla musica dei gruppi che suonavamo per noi, dai
bambini che volevano “battere il cinque” e ci siamo divertite (grazie Camila e
Peppa che mi avevate detto di godermela!).
Passa la mezza in tranquillità e arriva il tratto meno
piacevole a Marghera e poi l’ingresso a Mestre. Arriviamo a 30 Km senza
problemi (lì ti ho pensato Roberta e sai perché!) ma sapevamo di dover
attraversare a breve il ponte della Libertà, il tratto sul mare che collega
Mestre a Venezia, il più critico del percorso (nulla a confronto della tua esperienza
Giancarlo!)
Prima del ponte la delusione. Elisa vede Luca che
cammina a bordo strada. “Amore no!” quelle parole e quel tono di dolore sono
ancora vivi nei miei ricordi. Le sue lacrime, l’abbraccio con Luca e forse la
voglia di fermarsi anche lei. Senza insistere ma con i miei modi forse non
troppo delicati la invito a non fermarsi e a prendere quella medaglia per
regalarla a Luca.
Ricominciamo a correre al nostro ritmo, anzi a ritmo più
sostenuto forse per la rabbia... chissà.
Saliamo sul ponte. Vento leggero, mare, luce accecante.
Fianco a fianco poi una dietro l’altra poi senza chiedere il permesso ma con
tacito consenso iniziamo a correre da sole, io con i miei pensieri, lei
con i suoi.
Questo ponte è lunghissimo, Venezia la vedo ma non si
avvicina mai. L’anca che già al decimo mi dava fastidio inizia a bruciare. A
quel punto mi dico che devo andare, ce la devo fare e aumento un po’ il ritmo e
con fatica arrivo alla fine del ponte e sorpasso un atleta cieco con il suo
accompagnatore urlandogli tutta la mia stima. Mi carico ancora di più, corro,
corro, incrocio Stefano, una persona conosciuta in treno che mi incita, entro a
Venezia. L’ingresso alla città è un po’ modesto ma quando si apre lo scenario e
arrivo al km 40 inizia a salire un’emozione mista a commozione che chi conosce
può capire. Salto sui ponti, arrivo a piazza San Marco gremita di persone,
rido, piango, rido, non ci credo, ci credo.
Ultimo ponte, un saluto e arrivo!
Dopo poco arriva Elisa, in lacrime anche lei. Poi la
sorpresa più bella: arriva Luca con la medaglia al collo.
Grazie Venezia per avermi regalato un’emozione così
bella!
Grazie Elisa per avermi accompagnata, non sarebbe stato
lo stesso.
Grazie anche a tutti quelli che non ho citato, ma tanto
lo sanno che mi hanno aiutata!!!