Brandybuck running
team, ovvero, perché i bombi, nonostante la fisica, volano….
Sono giunta a una conclusione: da
qualche parte del mio albero genealogico devo avere sangue hobbit. Si dirà, che
c’entra questo con la corsa? C’entra c’entra…
E non solo perché i miei piedi,
specie in certi giorni d’estate, quando escono dalle Nimbus assomigliano
parecchio a quelle di Bilbo Baggins all’uscita dalla contea (anche se un gobbi
corre benissimo anche a piedi nudi…)
C’è anche il fatto che, come
Bilbo Baggins, se mi dicono che ci sono una decina di ospiti comincio a pensare
che due torte forse non sono abbastanza.
O il fatto che, dieta o non
dieta, mi separano buoni 15 chili (dal lato sbagliato della scala) dal runner
tipo, che assomiglia molto più a un elfo
snellissimo che a un abitante della Contea.
Ma sono gli ultimi due anni di corsa coi Ramarri che hanno trasformato questo sospetto in una quasi certezza.
Io di mio sarei una persona
tranquilla, con un livello di competitività, per lo meno sportiva, che sfiora
lo zero. Un Baggins della Contea, appunto, o al limite un Brandybuck , visto
che mi piace molto viaggiare.
Poi però c’è questa faccenda
della Compagnia, che ti frega, o ti salva, a seconda dei punti di vista e ti fa
fare cose che, misurandole con un metro di buon senso, forse non sarebbe il
caso nemmeno di pensare. E invece…
Sì perché quando Tonino Severa o
Roberta La Porta (due ramarri doc ndr) ti dicono che l’anno prossimo sarò ai nastri di partenza con
loro per la Pistoia-Abetone (50 km, tutti in salita) o addirittura per il
Passatore (100 km, però c’è la discesa…), una qualsiasi persona sana di mente e
cosciente dei propri limiti farebbe un sorriso di circostanza e augurerebbe
tanta fortuna agli audaci.
E invece tu, chissà com’è, ti
senti come Frodo Baggins, quando Gandalf gli dice che deve portare l’Unico
Anello sul Monte Fato.
Non è che pensi seriamente di
esserne capace, ma in qualche modo sai che ti devi mettere in viaggio comunque.
E ti fidi dei compagni di percorso… Al limite, per non tradire del tutto la tua
natura, chiedi quanti punti di ristoro ci saranno e che cosa si può mangiare.
È con questa allegra incoscienza
che cominci a programmare viaggi in giro per il mondo, non più solo per vedere
monumenti, ma anche per provare una maratona o anche solo una mezza.
Con la stessa incoscienza decidi
di affrontare gare di 12 km in salita quando le salite sono sempre state il tuo
mostro nero.
La verità è che dopo un po’
l’amicizia e la compagnia cambiano anche il tuo modo di sentire la fatica, ma
soprattutto cambia il modo in cui guardi te stesso e le cose che pensi di poter
fare. Le gambe non diventano all’improvviso lunghe e magre, i chili di troppo
non scompaiono (se non in parte e per un breve momento miracoloso di circa tre
settimane prima e dopo la maratona, quando il cibo e le calorie finiscono in
qualche luogo misterioso diverso dalle cosce), ma anche i bombi possono volare
e qualche volta è proprio vero che quella cosa chiamata cuore, oltre a
conoscere ragioni che la ragione non conosce, possiede anche forse che il corpo
non sapeva di avere. È allora che inizi
a domandarti non “ce la posso fare?” ma “Qual è il prossimo traguardo?”
La
Via prosegue senza fine
Lungi
dall'uscio dal quale parte.
Ora
la Via è fuggita avanti,
Devo
inseguirla ad ogni costo
Rincorrendola
con piedi alati
Sin
all'incrocio con una più larga
Dove
si uniscono piste e sentieri.
E
poi dove andrò? Nessuno lo sa.
La
Via prosegue senza fine
Lungi
dall'uscio dal quale parte.
Ora
la Via è fuggita avanti,
Presto,
la segua colui che parte!
Cominci
pure un nuovo viaggio,
Ma
io che sono assonnato e stanco
Mi
recherò all'osteria del villaggio
E
dormirò un sonno lungo e franco
Voltato l'angolo forse si trova
Un ignoto portale o una strada nuova;
Spesso ho tirato oltre, ma chissà,
Finalmente il giorno giungerà,
E sarò condotto dalla fortuna
A est del Sole, ad ovest della Luna
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