Una maratona che è entrata nel
programma annuale perché qualcuno (il solito Giancarlo De Lucia, già ispiratore
dell’insana ma fortunata accoppiata Maratona di Roma + Maratona di Parigi a
primavera) ha detto che insomma, era la maratona del trentennale, quando
ricapita… Una maratona che si poteva
giustificare (essendo la quarta dell’anno con Valencia a tre settimane a
completare la cinquina) dicendo che la facevamo come un lungo, seria fino al 36
e poi si vede…
Una maratona a cui per motivi
diversi io e Luisa siamo arrivate piuttosto stanche (lei da più di un mese sta
su un set televisivo in Toscana, cosa che rende molto difficile fare
allenamenti regolari, io ho problemi di insonnia) ma con la voglia di provarci
e di divertirci…
Una maratona che volevamo fare un
po’ in sordina e poi insomma lo sapevano tutti che ci andavamo quindi ovviamente
c’erano pure le aspettative con cui fare i conti.
Per fortuna che la gita era resa
più allegra dalla compagnia di tante facce note: oltre a Giancarlo, tra gli
amatori Paolo, Marco, Alessandro, Massimiliano, Federico, Alberto, Piero, e
altre facce scoperte lungo il percorso, Patrizia e Sandra, per finire con il
presidente in persona, Sandro. Ma non soltanto loro, anche il Secco con cugino,
e Roberta e il suo magico gruppo di pazzi ultramaratoneti.
Il sabato si parte abbastanza
presto, si arriva in albergo e si scopre che la maratona al venticinquesimo
chilometro possa a cento metri da lì e si comincia già a fantasticare di come
si starà domani a quell’ora proprio lì…
Nel pomeriggio ritiro pettorali e
incontri vari al Marathon Village (dove ovviamente c’ è anche l’occasione di
raccogliere i volantini di altre gare interessanti in giro per l’Italia), la
sera cena con carico carboidrati e diciamo che era per preoccupazioni
strettamente agonistiche che mi sono subito lamentata delle dimensioni del mio
piatto di pasta e che per non rischiare mi sono mangiata pure due fette di
pizza fuori programma… per non parlare della crostata post cena. L’abbiamo
infornata il venerdì sera, ormai è una tradizione che ci siamo sentite di
condividere con il gruppo appena prima di andare a nanna.
Per una volta, la prima volta,
complice anche il cambio dell’ora solare, mi sono fatta una notte di sonno
abbastanza corposa (non ci speravo, con l’insonnia ansiosa il pregara non
poteva che peggiorare) così la mattina dopo la sveglia alle 6 mi è sembrata
quasi lussuosa. Colazione e via tutti insieme ai bus per Stra. Il punto di
partenza si raggiunge abbastanza presto ed è spettacolare, lungo la riva del
Brenta e davanti a Villa Pisani. L’aria è frizzantina ma non fredda, siamo
indecise a lungo se tenere una maglia sotto la canotta sociale, ma alla fine
decidiamo per il sì e per fortuna il tempo ci sarà favorevole, con qualche
nuvola verso fine gara a tenere la temperatura su un buon livello.
Con Roberta decidiamo di partire
insieme e tenere il ritmo di 5 30” che io e Luisa ci siamo date come obiettivo
per la maratona, quella vera, ci diciamo, quella di Valencia… l’importante è tenerlo fino al km 36 (sarà il
nostro lunghissimo) e poi si vedrà…
Cosa si diceva dei buoni
propositi? Che ne è lastricata la strada dell’inferno… E così io e Luisa,
quando finalmente arriva il momento di superare la linea di partenza
(ricordatevi questo momento, perchè più avanti avrà una certa importanza…)
scattiamo subito con qualche sorpasso un po’ azzardato e nel giro di un
chilometro ci perdiamo Roberta nella folla che all’inizio è piuttosto folta.
E ovviamente nonostante tutte le
raccomandazioni reciproche iniziamo subito a inanellare una serie di chilometri
ben sotto la media prefissata, anche se, ci diciamo, visto che il
chilometraggio ufficiale è un po’ più stretto del nostro, forse va bene anche
così. Per quasi venti chilometri si procede così, attraverso paesini molto
amichevoli, pieni di bande, sbandieratori e gente che saluta allegra anche se
gli ingombriamo la strada principale. Oggi siamo vestite quasi uguali e così il
saluto alle gemelle ci raggiunge più spesso del solito. La strada è
incredibile, il passaggio, visto la mattina dal finestrino del bus, ci si
ripresenta ora in tutta la sua bellezza a una velocità adatta ad apprezzare
ville, giardini, chiesette e rive boscose, nel fiume nuotano anche i cigni e il
clima bucolico incoraggia alla chiacchiera.
Roberta, con una determinazione
incredibile, ci insegue per quasi venti chilometri e ci raggiunge poco prima
della mezza maratona. Insieme ci facciamo i successivi dieci chilometri
alternativamente tirandoci e frenandoci per mantenere il ritmo prefissato
quando la fatica inizia a farsi sentire e qualche volta la reazione è
accelerare invece di tenere come suggerisce la testa.
A complicare le cose ci sono un
paio di ponti e di salite, niente di drammatico, ma le gambe abituate al lungo
piatto della riva del Brenta le sentono comunque e dopo i 30 portati a termine
nel tempo previsto lasciamo di nuovo indietro Roberta e ci incamminiamo nei
dieci chilometri più duri, quelli da fare “con la testa” e che comprendono
quasi cinque di ponte attraverso il mare verso Venezia. Qui la fatica si fa
veramente sentire, soprattutto per Luisa che paga gli allenamenti fatti a metà
nell’ultimo mese. Cerchiamo comunque di stare insieme abbassando un po’ il
ritmo, ma cercando di non mollare. Io al 32 km riesco pure a far spegnere il
garmin per pochi secondi (segnamoci anche questo, fidatevi, che avrà la sua
importanza…) così il conteggio riparte da zero per fortuna su una cifra molto
chiara, da lì in poi sarà come fare una gara da dieci un po’ particolare…
E alla fine la riva di Venezia
arriva al km 37 (ma a questo punto tra il nostro conteggio e quello ufficiale
ci sono quattrocento metri di differenza e bisogna tenerne conto in vista del
tempo finale) anche se è ancora la
periferia dove partono i traghetti, non propriamente affascinante.
Qui Luisa comincia davvero a
faticare, le forze sono allo stremo e allora decidiamo di concederci qualche
metro di camminata a ogni chilometro completato. Riusciamo in questo modo
comunque a tenerci entro i 6 minuti a chilometro e a me, anche se ho un po’ di
energia in più, non dispiace restare con lei per farla ripartire, come tante
altre volte lei ha fatto con me in altre gare.
Poi, superato il 39°, è Luisa a dirmi di andare e io cerco di rimettermi
al ritmo che a sorpresa c’è.
Il percorso aiuta, sono iniziati
i mitici e famigerati 14 ponti da superare, ma sarà l’esaltazione degli ultimi chilometri,
o gli infiniti allenamenti sulla ciclabile con i 600 metri di salita di Monte
Ciocci di “riscaldamento” (che sono diventati un oggetto di infinito umorismo
nel nostro gruppetto di allenamento del mattino), io me li bevo superando un
mucchio di gente che cammina (ne ho vista tanta tanta a questa maratona, anche
tra persone che evidentemente puntavano a un risultato sotto le quattro ore,
segno che forse questa gara è più ingannevole del previsto), fino ad arrivare
al famoso ponte di barche che dopo punta Dogana attraversa il canal Grande e ci
porta a Piazza San Marco, già oltre il quarantesimo chilometro.
Lì il percorso fa fare un piccolo
biscotto, che in realtà è una bellissima passeggiata di fronte alla basilica,
così posso verificare che Luisa continua a non mollare e in realtà non sta
molto dietro di me.
Al quarantunesimo mi supera
Sandro, lanciatissimo, non so nemmeno se senta le mie grida di incoraggiamento,
e io decido che allora posso tirare un po’ anch’io e all’ultimo chilometro ce
la metto tutta, supero ancora parecchia gente e alla discesa dall’ultimo ponte
con meno di 200 metri davanti mi concedo anche un bell’allungo… il PB, sono
sicura c’è… il cronometro generale dice 4 00’ 33” ma io sono partita ben dopo
lo sparo dei Top Runner…
E dopo una quarantina di secondi
ecco arrivare Luisa, anche lei, seppure di pochi secondi, sotto il suo tempo di
San Pietroburgo, e visto il periodo è una gran bella soddisfazione…
E allora, tutto bene no? Non
proprio perché quando curiosa vado a verificare il real time, arriva la
sorpresa. Mentre tutti quanti, amici e compagni di squadra, hanno il loro bel
tempo segnato correttamente il sito di TDS si ostina considerare il mio real
time uguale al tempo di arrivo.
Improvvisamente è come se tutta
la soddisfazione e la fatica che l’ha preceduta si trasformassero in rabbia. Mi
sento defraudata (ed è pure la seconda volta, a San Pietroburgo il real time
non c’era e quella volta mi avevano fregato 50 secondi, ma l’organizzazione lì,
diciamolo, è molto più alla buona, senza nemmeno gli intermedi) e qualcosa mi
monta dentro.
Sarà che è un periodo della mia
vita in cui mi sembra che da nessuna parte io e le cose veniamo giudicati
equamente, mentre la corsa è sempre stato per me il luogo dove nonostante
tutto, invece, potevo misurarmi davvero con quello che valevo, dove la fatica e
il sudore pagavano. Un posto, del cuore e della mente, dove una giustizia per
quanto parziale esisteva. ..sarà…
Probabilmente, anzi sicuramente,
è sbagliato caricare uno sport (o qualunque altra cosa nella vita) così tanto,
quando forse bisognerebbe cercare di farsi valere un po’ di più dove serve.
E di sicuro, anche se domani farò
la mia telefonatina a TDS per cercare di ottenere la correzione (e passare,
magari, da 83° di categoria a un paio di posizioni prima, capirai…), questa
reazione così esagerata (e che ancora adesso che scrivo un po' permane) mi ha
insegnato quanto ancora ho da imparare come runner e anche un po’ come persona.
Quanto ancora deve passare perché
io non faccia dipendere da una misurazione esterna (sia il giudizio degli altri
o quello di un chip che non funziona come deve) il senso di quello che valgo e
il giudizio di quello che sono capace di fare. Che è poi l’unico modo per
godermi fino in fondo un’impresa come questa (tra prima e settima maratona nel
giro di un anno e mezzo ho guadagnato quaranta minuti e mi sento di poter
migliorare) e anche quelle che verranno, godendomele fino in fondo e non
buttando via gli attimi, tanti, di bellezza e soddisfazione per due numeretti
che non corrispondono.
Ma anche di saper affrontare
quelle che riusciranno meno bene o non riusciranno affatto senza farmi
abbattere e anzi ricavando dalle sconfitte o dalle vittorie a metà la forza per
rimettermi in gioco.
Insomma, come runner ancora devo
crescere (magari non di peso, che è meglio), ma questa tutto sommato non è una
brutta notizia a 41 anni… vuol dire che sono ancora un po' bambina.
P.S. La sera stessa della
maratona, in pieno spirito battagliero ho scritto una mail a TDS chiedendo la
verifica e la modifica del tempo, pronta a ingaggiare una battaglia senza
quartiere a suon di telefonate di protesta ripetute… E la mattina dopo mi hanno risposto, nel giro
di 12 ore, gentilissimi e con la correzione già in corso. 3 h 57’ 08” alla
fine…
Una tempesta in un bicchier
d’acqua. Mi sa che devo proprio imparare la pazienza.