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Nonostante la sveglia fissata per le
ore 06.30, alle 05.45 sono già in piedi. Scivolo fuori dal letto
nel silenzio più assoluto, neanche fossi un topo d’appartamento,
sono molto in anticipo rispetto all'incontro fissato con Roberto
per le ore 07.45. Un’ora e un quarto è più che sufficiente per
prepararmi, evitando di farlo la sera prima e poi quell'oretta di
solitudine mi piace, Roma ancora dorme, i figli pure e tutto è
semplicemente… silenzio. Per me è quasi un rito, tutto deve essere
svolto con assoluta calma, caffè caldo non troppo amaro, due fette
di pane con il miele, il borsone, il completo da Ramarro, il cambio
per la pioggia e soprattutto le scarpe… fedeli compagne di tanti
chilometri, oggi all'ultima uscita... tutto accuratamente
posizionato all'interno della sacca. La luce fuori dalle finestre è
più forte, il giorno è cominciato, ma dentro casa la notte è
ancora sovrana come non volesse andar via. Fuori le nuvole sono nere
e non lasciano presagire nulla di buono, ma la temperatura è
gradevole. Arriva il momento di uscire, chiavi della macchina in mano
e borsa nell'altra inforco le scale del mio palazzo e tutte d’un
fiato me le lascio alle spalle, davanti al portone la macchina ad
attendermi, parcheggiare davanti casa è un miracolo a Roma. Passo
sul luogo dell’appuntamento e trovo Roberto in tenuta da gara,
pronto ad aspettarmi con ancora tanto sonno a fargli compagnia. Il
tragitto passa veloce, Fiumicino è vicina e non ci vuole molto, le
solite quattro chiacchiere pre-derby e siamo in zona palazzetto dello
sport dove fortunatamente troviamo un grande parcheggio. Tante auto,
tanta gente, solita atmosfera ludica, ma con un’insolita variante…
il libeccio, forte e caldo. A circa 100 metri da noi scorgiamo il
gazebo bianco e verde degli Amatori di Villa Pamphili (un gruppo
fantastico), non ci sono le bandiere a sventolare per via del vento,
ma è ben riparato da una casetta dell’Enel, ottima sistemazione.
Saluti e convenevoli come da copione e soprattutto ritiro del
pettorale, oggi mi tocca il 1313, non mi piace un granché, il 14 è
il mio numero preferito, ma non è poi un grande problema. Tolgo la
tuta, via le scarpe e indosso calzoncini e canottiera bianco verdi,
il mio ramarro sul petto ha lo sguardo aggressivo oggi, io molto
meno, ipod al braccio, indebitamente asportato nella notte dalla
scrivania della mia piccola Giulia, sintonizzato sui 92.7 per sentire
un po’ di corbellerie calcistiche su Roma e Lazio. Roberto è in
forma, l’influenza l’ha finalmente abbandonato, tonico come
sempre m’invita ad iniziare il riscaldamento, intorno al palazzetto
di Fiumicino migliaia di persone corrono su e giù lungo il viale
come uno stormo di storni che insegue il capo e si lasciano andare a
giochi e acrobazie degne di un pittore. Gli ultimi minuti passano
veloci ci portiamo verso la linea di partenza dove troviamo già
tante persone che cercano di accaparrarsi i migliori posti per la
partenza, con assoluta reverenza e ammirazione si lasciano i posti
davanti ai runner più forti per evitare”tappi” insensati, il
bello di quest’ambiente è che non ci sono prime donne, ma tanti
amanti di uno stile di vita. Lo speaker avvisa che manca 1 minuto
alla partenza, con Roberto ci salutiamo lui si porta più avanti per
raggiungere la zona più adatta al suo crono, io mi piazzo davanti al
pacemaker con il palloncino fuxia che segna 1h 45... è il mio
secondo obiettivo, il primo è solo arrivare. E’ la mia prima mezzamaratona, sono pronto, emozionato e eccitato, niente paura, niente
giochi... solo sport.
3… 2… 1… partenza! Il ruggito della
folla e le prime gocce d’acqua iniziano la competizione insieme,
poche decine di metri e subito una rotatoria ci lancia nel
controviale come a fare da molla, solita bagarre per cercare un metro
di strada libera davanti, attenti a non sgambettare chi si trova a
pochi centimetri da noi. Il cartello del primo km arriva quasi subito,
il ritmo è quello programmato e all'orizzonte non sembrano esserci
problemi, tutto procede al meglio, la strada è abbastanza larga da
permettere una discreta distanza tra i runner presenti. La gente che
guarda non sembra molto entusiasta di questa invasione e le macchine
che aspettano il passaggio del gruppo hanno sguardi sinistri e
spazientiti. Fino al 7° km tutto procede al meglio, corriamo fuori
dal centro abitato, poi mi accorgo di aver commesso un errore
abbastanza grossolano, esco dal gruppo e mi metto a fare andatura
davanti al pacemaker, lasciando che il vento si
abbatta su di me con tutta la sua forza. Sul lungo mare tra l’ottavo
e decimo chilometro soffro parecchio le condizioni meteo, anche se la
pioggia non è ancora battente. A metà percorso si scatena il
diluvio. Stiamo per risalire il Tevere e vedo tante persone
abbandonare la gara, le condizioni diventano a dir poco proibitive,
vento trasversale e pioggia forte, le nubi nere lasciano la
sensazione che stia tornando in anticipo la sera. Le scarpe appesantite dalla pioggia e dall'acqua sull'asfalto, le pozzanghere sono tante, qui e là ogni tanto si vede il
flash di qualche fotografo che solidarizza con noi e si prende la
propria dose di acqua. Riesco a tenere il ritmo dei 5’ a km, con
qualche difficoltà, fino al 14° poi entro irreversibilmente in
crisi, maledicendo i 10 km del giorno prima fatti a 4’50, troppo
per me. Stringo i denti e pian piano perdo contatto con il mio
gruppetto e soprattutto con quei palloncini fuxia che mi avevano dato
forza. L’andatura diventa sempre più lenta, cerco però di non
demordere e soprattutto di non andare via con la testa, rimango
concentrato, nelle cuffie mi passano i gol dei vecchi derby vinti
dalla Roma e “urlati” da Carlo Zampa, il volume è troppo alto,
ma non ce la faccio neanche ad abbassarlo, dovrei “smontarmi” il
braccio. Gli altri corridori che mi sfilano m’incitano, grazie a
Francesco un altro Ramarro di Villa Pamphili e a Roberta con il nome
scritto in bianco sulla canottiera blu, arrivo al ristoro del 18° km
con le labbra completamente asciutte, nonostante la pioggia. Bevo un
sorso d’acqua al ristoro rischiando di affogare, e comincio a contare uno ad uno i birilli
arancioni e bianchi che delimitano la corsia a noi riservata rispetto alla auto, tento di distrarre la mente dalla fatica. Continuo a ripetermi che
devo farcela, non sto andando poi così male e la
pioggia è anche finita. Il cartello dei 20 km, mai percorsi in vita
mia, è bello e mi strappa un sorriso, vedo da lontano il palazzetto
dello sport, manca poco ma non sono ancora arrivato e non devo
mollare. C’è più gente in giro, ci sono molti fotografi, qualcuno
incita a non mollare, tanti hanno già finito… lì davanti a me ci
sono gli ultimi 100 metri, ultimo flash, sono arrivato, fermo
l’orologio a 1h47’54” con 5’07 a km. Le gambe m’implorano
di fermarsi, cammino e vedo Roberto che si sta già cambiando.
Sono
distrutto, ma sazio di felicità, ce l’ho fatta, la mia prima mezza
maratona.
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Fiumicino Half Marathon - 11/11/2012 |