Ore 04:50, la sveglia
mi urla di alzarmi dal letto. Rimango un po’ sorpreso dal fatto che nonostante
l’emozione della “prima volta”, sono ancora braccato dal sonno. Faccio leva
sulle gambe e come una catapulta mi costringo a sedermi sul bordo del letto.
Sonno…. tanto sonno.
La sera prima,
prevedendo la levataccia del mattino, mi preparo accuratamente tutto, ho iniziato in realtà anche il giorno precedente.
E’ la mia prima gara e in realtà sono convinto che sto dimenticando qualcosa di
utile, mi giustifico comunque perché in fondo non so cosa potrebbe servirmi in
queste situazioni.
Muta, body, scarpe e
bici… credo possano definirsi i quattro “piatti” fondamentali di questo lauto
pranzo di sport, ma anche il contorno è molto abbondante… occhialini, casco,
integratori… un’infinità di cose da portare. Tutto accuratamente piegato e
sistemato nel mio borsone.
Mi trascino
silenziosamente verso la cucina, passando davanti la camera dei ragazzi butto
un occhio e vedo che tutto tace. Fuori c’è poca luce.
La mia moka da due è
lì ad aspettarmi già dalla sera prima, non rimane che accendere il gas. Frutta,
miele, fette biscottate e la pratica colazione è bella che archiviata. Prima di
uscire perdo il conto delle volte che vado in bagno.
Ho appuntamento con
Mario, un mio compagno di squadra, intorno alle 06.30, abbiamo quasi due ore di
macchina davanti a noi e ci prendiamo il giusto tempo. Montiamo le bici sulla
rastrelliera e partiamo in direzione Capodimonte.
Il viaggio d’andata
tra una chiacchiera e l’altra passa abbastanza rapidamente.
Alle 8.30 siamo in
zona gara. Per me è tutto nuovo. Mi guardo intorno incuriosito e sulla mia
sinistra scorgo la mia prima zona cambio. Dentro di me dubbi e perplessità, ma
anche tanta voglia di cominciare. Incontriamo altri compagni di squadra e cominciano
le presentazioni di rito. Ogni tanto mi perdo Mario, ma vengo preso in consegna
da Antonio che per fortuna mi fa da cicerone spiegandomi l’ABC…. e anche tutto
il resto dell’alfabeto.
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Entrato nella zona
riservata alla partenza, mi ritrovo con Antonio, Alessandro e Mario. C’è
parecchia confusione in giro, ma l’aria in generale ha un sapore festante,
molto diversa da una partenza podistica. Mi guardo intorno e penso… “questi so
tutti scemi” e poi mi rendo conto di essere scemo come loro.
Un giudice di gara ci
invita a fare qualche passo verso la riva, si scansa di qualche metro e da il via alle ostilità, perché di ostilità
si parla. In acqua dopo qualche metro di corsa, non sento più il fondale e
comincio a nuotare cercando una bracciata lunga e ritmata. In men che non si
dica sento le gambe “abbattute” da altri concorrenti, volano “botte” da orbi…
non si vede altro che spruzzi bianchi e cuffie gialle. Delle boe
neanche l’ombra. Cambio immediatamente stile di nuotata e accorcio le
bracciate. Il ritmo è frenetico, ma mi rendo conto che mi sto divertendo un
casino. Tra un’occhiata e l’altra in cerca della riva, riesco a coprire i miei
primi 750 metri in acque aperte in un tempo tutto sommato decente.
Butto un
occhio accanto a me e vedo Mario e Gigi, qualcuno urla il mio nome. Nei
primi 40 secondi dall’emersione mi sento completamente scombussolato. Arrivo in
zona cambio per inerzia, seguendo il flusso degli atleti. Una volta davanti alla bici perdo tempo a guardarmi intorno incuriosito dagli altri, vedo un sacco di bici, poi mi concentro e indosso casco e scarpe, infilo il pettorale e riparto.... bisogna pedalare.
Dopo un breve tratto rettilineo, la strada svolta verso sinistra ed è subito salita. C'è un po' di bagarre, scatti e contro scatti, cerco di prendere la scia di un paio di ragazzi della Ostia Triathlon e il ritmo è buono, penso di poter stare a ruota senza troppe difficoltà. Il percorso è un misto di salita con qualche curva "bastarda". Treni di ciclisti ci passano a velocità sconosciute, ma qualche sorpasso riusciamo a farlo anche noi... fino alla salita più dura, dove per un mio errore banale perdo la catena. La vista di questo pezzo di metallo esanime mi sconforta, non solo per la perdita di tempo nel rimetterla, ma anche perché so che perderò contatto con quelli davanti a me. Mi sbrigo, ma ripartire in salita mi spezza, arrivo al giro di boa e perdo completamente il contatto visivo con i miei compagni di fuga. Un vero peccato perché in fondo le gambe vanno. Cerco di non mollare, mi accuccio sulla bici a ogni discesa per cercare velocità e stringo i denti su ogni salita. Sfilo un ragazzo fermo al bordo della strada con la schiena piena di sangue e la crocerossa accanto, arrivo alla zona delineata per scendere dalla sella dimenticandomi di sfilarmi le scarpe... altro tempo perso. Alla fine copro i 20 km in 30 km/h di media la frazione più divertente, avrei potuto fare meglio, ma porca miseria che figata!!
In zona cambio ho più ho meno i tempi e la reattività di un turista in fila ai musei vaticani, infilo calzini e scarpe con la stessa pigrizia di un runner che deve uscire di casa quando fuori piove.
Parto nella corsa e scopro a mie spese che i combinati... bisogna farli. Muovendomi come pinocchio inseguito dai carabinieri, cerco di mantenere un ritmo intorno ai 4'05/4'10 a km, ma le gambe sono come il legno, non rispondono alle mie sollecitazioni. Un sensazione mai provata prima.
Percorro i due giri di corsa a 4'40 di media e questa è l'unica vera delusione di una giornata fantastica.
Il mio primo sprint si chiude in 1h23m e spicci che non saranno pochi, ma mi hanno regalato una giornata davvero divertente e soprattutto la voglia di continuare a praticare uno sport bellissimo.