giovedì 17 marzo 2016

Esaustamente Vostro


 Diario di un'aspirina


Immaginare di prendere un tombino di ghisa e lasciarlo cadere in una piscina. Questo ero io oggi. Due giorni fa credevo di essere una farfalla svolazzante a filo d'acqua, oggi mi sentivo più ingombrante e pesante di una fiat 128. Due giorni e tutto cambia.... misteri dello sport. 
Pesante o meno, il lavoro me lo sono portato a casa. 
Cerco sempre di attenermi agli ordini, quindi mai mollare (anche se mai e sempre non esistono). 
Gli ultimi 500 metri, dei tremila che dovevo fare, li ho chiusi veramente di tigna, ma nessuno mi ha mai detto che sarebbe stato facile. Me ne vado a casa soddisfatto... a farmi 40' di corsa leggera.

Don't worry be happy

 Diario di un'aspirina


La sveglia suona sistematicamente alle 05.50 e altrettanto metodicamente mi rifiuto di alzarmi fino alle 06.00. La colazione, la doccia e sei a lavoro. Caffè con gli amici, quattro chiacchiere con i colleghi… ha ragione Totti o Pallotta??! Misteri insolubili. Lavori fino all’ora di pranzo, qui è là qualche distrazione. Un’ora di palestra e poi di corsa a prendere i bambini a scuola.
Traffico, imprecazioni e “Don't worry be happy” a renderti il tragitto più fluido.
Il piazzale della scuola sembra una casa d’aste all’aperto. Le maestre nel ruolo di battitrici, mostrano questi piccoli gnomi di varie taglie,  mentre in attesa, genitori dallo sguardo ebete, alzano la mano per indicare la loro offerta. Poi tutto finisce. Il piazzale si svuota e tutti corrono verso le attività extra scolastiche.
Nel mio caso, il mercoledì è uno dei giorni dedicati alla piscina dei bambini.
Li spogli, li vesti, li vedi nuotare, li rispogli e li rivesti. Un minuto per i capelli di Cesare e venti per quelli di Isabella (a una mamma ne basterebbe la metà). Prendi la macchina e ritorni a casa tra un “papà ho fame” e un “papà Cesare mi da fastidio”. E sono le 19.15. Fai in tempo a disfare il borsone del nuoto e quello della palestra, mettere cinque piatti sul tavolo e arriva tua moglie… stanca più di te.
“Com’è andata?!”. “Bene” (non si lagna mai).
Raramente a cena mangio pasta. Solitamente preferisco carne o pesce e verdura, non disdegno un buon bicchiere di vino… meglio se due.
Verso le 20.30 i ragazzi sono già nella zona di casa di loro competenza, i ritmi si fanno più umani e il livello dei decibel cala. A questo punto, quando la giornata volge al termine e non rimarrebbe altro da fare che sprofondare sul più morbido dei divani, ti viene in mente un ragazzo con una barba importante (sensi di colpa) e l’unica esclamazione che puoi usare è “Cazzo!! Devo fare i rulli”.
Alle ore 21.00 cominci una sezione di allenamento da un’ora e mezzo a +90 bpm.
L’inizio di certi allenamenti è davvero duro, non tanto per lo sforzo fisico quanto per l’impegno mentale. Bisogna “piegarsi” alla logica della fatica, poi però con il passare dei minuti, tutto diventa più soft. I pensieri del padre, le preoccupazioni per i figli, le bollette, il tagliando alla macchina, la visita di tua moglie… sembra tutto più facile da affrontare… e mentre le gambe girano, la testa canta… non preoccuparti e sii felice….



lunedì 14 marzo 2016

Il post sul post





La Roma Ostia è una gara “importante”. Tutti la corrono. Tutti quelli che stanno bene e che sono nelle condizioni di chiudere i 21,097 chilometri che dividono l'Eur dal Lido.  Oltre 10.000 persone, in questa edizione appena passata, hanno tagliato questo traguardo e tutte potrebbero raccontare una storia sul perché si trovavano lì, a faticare su questa lingua d'asfalto. 
E’ una gara che si ama o si odia. A me non fa impazzire… ma non me ne perdo una. Durante la corsa mi capita di soffermarmi sugli atleti che mi circondano. E' un mondo colorato pieno di follie. C’è la ragazza che conosce la posizione di ogni singolo fotografo e si fa trovare pettinata e pronta ad ogni scatto. C’è il signore con la maglietta filosofica tipo “Corro per raggiungere i miei sogni”. C’è quella con le cuffiette che chiude il mondo fuori di sé. C’è Gabriele, con la sua sedia a rotelle pronto ad affrontare la salita del Camping. Ci sarebbero un sacco di storie da raccontare che corrono la Roma Ostia… e poi ci sono io! In continua polemica con me stesso e con i miei risultati. Ebbene si, mi rode! Nella mia testa, non proprio allineata con le gare a tempo, non è molto il risultato finale quello che conta, quanto il modo in cui si arriva ad ottenerlo. 
La mia Roma Ostia 2016 è stata il primo obiettivo dell'era Strong. Seguendo il suo metodo di lavoro ho migliorato tre minuti e mezzo rispetto al mio personale (un botto!). Dovrei quindi essere soddisfatto e invece… manco per niente!! Sarà un difetto (o forse un pregio), ma in cuor mio speravo di far meglio. Non di molto, ma un paio di minuti in meno li avrei graditi e per buona parte della gara ci stavo pure dentro al mio obiettivo, poi… al 16°… tutto si è spento. Ero talmente in difficoltà da credermi al 19° km e di aver quasi finito la mia fatica e invece ero ancora a cinque chilometri dall’arrivo.
Peccato! Peccato perché fino a quel momento le cose andavano bene, avevo un’ottima lettura del mio corpo. Ero decisamente ad un ritmo più veloce delle mie aspettative e lo stavo tenendo bene. Niente malto destrine e forse anche questa politica è da rivedere.
Nei giorni precedenti alla gara avevo avuto delle avvisaglie. Allenamenti “floppati”, interrotti, scarsa continuità… tutte cose che lasciavano presagire al peggio. Continuo a pensare che la resistenza sia il mio punto debole (insieme alla velocità, alla tecnica, etc. etc. :)
Si, è vero, ho comunque migliorato e dovrei essere contento, ma gli ultimi cinque chilometri di questa mezza maratona sono stati i più difficili da quando corro. Sono arrivato solo con la testa, le gambe sono rimaste a Casal Palocco (per gli amici… Palocco).
Adesso non voglio dire che sia tutto andato male... anzi, c'è nella mia prestazione qualcosa di buono. Tanti parziali sotto i 4'15 che mi lasciano soddisfatto, il cazzeggio e la compagnia di un bel gruppo di amici. 
Si, sono incazzato, ma nel mio modo di vedere lo sport questa è indubbiamente una cosa positiva. Non bisogna accontentarsi, mai!
Pescara è sempre più vicina, mancano tre mesi e mi sembra una montagna in lontananza che si avvicina e si fa sempre più grande, un ostacolo insormontabile. 
Il Panda dice che bisogna aumentare il lavoro in bici... credo proprio che ora cominci la salita.




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