venerdì 31 ottobre 2014

Play List

Kasabian - Goodbye Kiss




Doomed from the start
We met with a goodbye kiss, I broke my wrist
It all kicked off, I had no choice
You said that you didn’t mind ’cause love’s hard to find
Maybe the days we had are gone, living in silence for too long
Open your eyes and what do you see?
No more laughs, no more photographs

Turning slowly, looking back, see
No words, can save this, you’re broken and I’m pissed
Run along like I’m supposed to, be the man I ought to
Rock and Roll, sent us insane, I hope someday that we will meet again
Running wild
Giving it everyone, now that’s all done
Cause we burnt out, that’s what you do
When you have everything, it can’t be true
Maybe the days we had are gone, living in silence for too long
Open you’re eyes and what do you see?
The last stand, let go of my hand

Turning slowly, looking back, see
No words, can save this, you’re broken and I’m pissed
Run along like I’m supposed to, be the man I ought to
Rock and Roll, sent us insane, I hope someday that we will meet again
You go your way and I’ll go my way
No words can save us, this lifestyle made us
Run along like I’m supposed to, be the man I ought to
Rock and Roll, sent us insane, I hope someday that we will meet again

Acqua

Il mio grande amore
“Io nuoto 6 volte a settimana, 2 ore al giorno. Non preoccupatevi, non starò qui a dirvi che il nuoto è lo sport più bello del mondo, in realtà è tutto il contrario: è ripetitivo, a volte noioso e soprattutto sei da solo. Sì, il nuoto è individuale, non hai sostituti, non puoi dire “non ce la faccio, fallo tu al posto mio”, non hai scuse per niente: se succede qualcosa di spiacevole la responsabilità è solo tua. Mentre stai nuotando non puoi sentire nient’altro che il tuo respiro. Nessuno può incitarti, nessuno può dire se stai andando bene o no, devi saperlo da solo: si suppone che tu sappia, ogni minuto, ogni secondo, cosa stai facendo e se lo stai facendo nel modo giusto. Appena metti piede in una piscina, devi fidarti del tuo allenatore come ti fidi di te stesso. Lì il tuo allenatore è il tuo mentore, la tua squadra è la tua famiglia e l’acqua è la tua migliore amica. Nel momento stesso che metti piede in una piscina, i brutti voti a scuola, le discussioni con i tuoi amici o genitori, non esistono. Lo stress, la paura e la debolezza non possono entrare in acqua con te, devi essere più leggero che puoi, più veloce che puoi, più perfetto che puoi. Durante una gara, se fai qualcosa di sbagliato: un piccolo movimento, una virata sbagliata, una bracciata sbagliata, tutti i tuoi sforzi andranno in fumo, tutti i tuoi sogni, le tue aspettative, tutto ciò per cui hai lottato non saranno altro che vecchi ricordi. Ci alleniamo più di 365 volte all’anno perchè durante le vacanze, quando la maggior parte di voi va al mare o dorme fino all’ora di pranzo, noi ci alleniamo due volte al giorno e stiamo in acqua più di 4 ore. Non sto dicendo che non sono contenta della scelta che ho fatto 12 anni fa, solo che è dura, ma lo faccio nonostante tutto. Lo sport in generale ti insegna tante lezioni che nè la scuola nè la tua famiglia può. Ti mostra come superare i problemi fisici e mentali, ti rende capace di conoscere te stesso da tutti i punti di vista e di capire la differenza tra il tuo compagno di allenamento e il tuo avversario in gara. E’ vero, come ho già detto, sei da solo, ma la tua squadra ti sosterrà sia che tu vinca o che tu perda. Ho scelto il nuoto 12 anni fa perchè è semplice, non ha troppe regole e ci sono 3 cose davvero importanti: tu, il tempo e l’acqua, nient’altro. Non c’è giudizio, non ci sono punti, non c’è gioco di squadra; è tutto basato sulla tua forza.
Nuotiamo più di 3000 chilometri all’anno, andiamo avanti e indietro in una piscina e tutti i nostri sforzi sono indirizzati al raggiungimento di un obbiettivo, che è una performance che sarà finita in meno di 3 minuti nella maggior parte dei casi. A questo punto la domanda si pone spontanea: perchè lo facciamo? Onestamente, non lo so, ma se c’è una cosa che mi fa sentire meglio quando sono triste, arrabbiata o frustrata, quella è il nuoto. Com’è possibile che ad una persona sana di mente piaccia tornare a casa fisicamente distrutta e mentalmente stanca? Beh, credo dipenda da te. Se hai la forza di affrontare le tue paure, le tue debolezze e sopportare le delusioni, sconfitte e rimproveri, allora non sarai solo un grande atleta, ma anche una gran persona.”

Anonima 15nne

Sogni...

Non so quale sia il tuo sogno. Non importa quanto possa essere stato deludente, né quanto tu ci abbia già provato perché quel sogno che è nascosto nella tua mente, è possibile! Qualcuno di voi già lo sa che è dura, che non è facile. E' difficile cambiarti la vita. Ed è inseguendo i tuoi sogni, che andrai incontro a mille delusioni, molti fallimenti, sentirai il dolore. Ci saranno momenti in cui dubiterai di te stesso in cui ti chiederai... Perché, perché sta succedendo proprio a me? Per tutti voi, che avete incontrato delle difficoltà. Non abbandonate i vostri sogni. Arriveranno tempi duri, ma non sarà per molto. Verranno tempi duri, ma non sarà per molto. Verranno, e andranno via. La grandezza, non è solo una fantastica, utopica e segreta caratteristica divina che solo qualcuno di noi proverà. E' qualcosa che esiste realmente, ed è in ognuno di noi. E' davvero importante che tu ci creda, che sei il prescelto. La maggior parte delle persone si fa una famiglia, si guadagna da vivere. E finisce la propria vita così. Smettono di crescere, smettono di lavorare su se stessi, e di spronarsi. Poi ci sono quelli che si lamentano, ma non fanno nulla per cambiare le cose. E la maggior parte della gente abbandona i propri sogni, e sapete perché? Per paura. 
Paura di fallire. ''E se poi le cose non vanno? ''Paura del successo'' e se poi le cose vanno bene e non riesco a controllarle? Queste persone non corrono mai alcun rischio. Hai speso così tanto tempo con gli altri, cercando di piacere alla gente che conosci loro molto più di quanto conosci te stesso e sai tutto di loro, ogni cosa che li riguarda, e vorresti essere proprio come loro. Ma sai che c'è? Hai speso cosi tanto tempo appresso a loro, che non sai più chi sei. 
Io ti sfido a lavorare su te stesso. 
E' necessario allontanare i falliti dalla tua vita, se vuoi realizzare i tuoi sogni. Per le persone che inseguono i propri sogni, la vita ha un significato speciale. E quando comincerai a farlo, ti allontanerai dagli altri… Ma comincerai a ritrovare te stesso, perché fino a quando continuerai a seguire gli altri, ad imitarli non sarai mai neanche una loro copia perfetta anche se farai del tuo meglio. Ti sfido a mettere in mostra il tuo valore. Nessuno lo vedrà, nessuno avrà questa visione. E’ importante che tu lo sappia. Fai parte di una razza rara. E’ necessario che ti circondi di persone, che faranno parte del tuo mondo. Persone che siano inarrestabili e folli. Persone che si rifiutano di vivere la vita così com'è e che vogliono di più! Circondati di persone che stanno vivendo i loro sogni, persone viventi. Queste persone sanno che se questo sta succedendo, se si sta avverando, è merito loro. Se vuoi avere più successo. Se vuoi ottenere e fare cose che non hai mai fatto prima ti chiedo di investire su te stesso. Investi su di te. L’opinione che alcuni hanno su di te, non deve diventare la tua realtà perché non devi vivere passivamente, non devi essere una vittima. E sebbene tu debba affrontare le delusioni, devi ripetere a te stesso: "io posso farcela’’, anche se nessuno ci crede, devo crederci per me stesso. Questo è quello in cui credo per cui sono disposto a morire. Punto. Non importa quanto sia difficile ottenerlo. Ce la farò! Voglio rappresentare un'idea, voglio rappresentare una possibilità. Alcuni di voi adesso vogliono passare al prossimo livello. Voglio un consiglio, voglio essere un ingegnere, voglio essere un medico. Ascoltami. Non puoi arrivare a quel livello. Non puoi arrivare al livello economico che desideri finché non inizi ad investire sulla tua mente, su te stesso. Non stai leggendo un libro. Ti sfido ad andare alle conferenze. Ti sfido ad investire il tuo tempo! Ti sfido a stare solo! Ti sfido a dedicare un'ora a conoscere te stesso. Quando diventi ciò che sei. Quando diventi la persona che sei chiamato ad essere. Quando diventi un individuo. Quello che devi fare è iniziare a separarti dalla massa. Ti sfido ad andare nel posto dove c’è gente a cui non piaci, o che nemmeno si preoccupa per te. Perché? Perché non dovrai più preoccuparti di renderli felici. Perché stai cercando di spingerti oltre, di salire al prossimo livello. Ho bisogno che tu investa nelle tue capacità. Se stai ancora parlando del tuo sogno, se stai ancora parlando dei tuoi obbiettivi, ma non hai ancora fatto nulla al riguardo fai il primo passo! Puoi rendere orgogliosi i tuoi genitori, la tua scuola, puoi ispirare milioni di vite e il mondo non sarà più lo stesso perché hai intrapreso questa strada. Non permettere a nessuno di rubare il tuo sogno! Dopo essere andati incontro a un rifiuto, e ad un "NO" o quando abbiamo un appuntamento e non si presenta nessuno o quando qualcuno ha detto, puoi contare su di me, e non lo fanno. Che succederebbe se avessimo quel tipo di atteggiamento che porta tranquillità, quando nessuno crede in te, quando hai perso più volte, e le luci non ci sono più, sono spente ma continui a credere nel tuo sogno, ripensandoci ogni giorno e dicendo a te stesso: "NON E’ FINITA, FINO A QUANDO NON VINCO!"
Puoi vivere il tuo sogno!

Tratto da "Se hai un sogno tu lo devi proteggere" di Nicolò Romio


giovedì 30 ottobre 2014

"La mia prima maratona. Venezia 2014" di Daniela Lelj Cacchioni



"Quella che sto per raccontarvi nelle righe che seguono è una storia bellissima che ha avuto inizio a primavera inoltrata quando, dopo tanto pensare, ho deciso di iscrivermi ad una maratona e la scelta è caduta su Venezia.  Non c’è una motivazione particolare sulla scelta di quella città se mai un insieme, come la bellezza del percorso, il fatto che la prima la volessi fare in Italia, il fatto che fosse a fine ottobre e quindi con un clima ancora gradevole.
E così compro il pettorale. Subito inizio a pensare quando cominciare ad allenarmi, che tabella seguire, il tutto con una sana eccitazione. Poi arriva puntuale l’ostacolo. Un dolore alla gamba, latente da mesi, esplode in una gara a L’Aquila. Delusione per non aver potuto tagliare il traguardo da ramarra nella mia città e preoccupazione per la preparazione che a breve avrei dovuto cominciare. Ferma, non puoi correre se la gamba non va! Fermati. Analizza. Valuta. Intervieni. Nuoto. Diagnosi. Strappo. Terapia.
Ad agosto mi sento meglio, ormai il sogno di Venezia mi sembra sempre più lontano anche se il mio pettorale è li quasi a ricordarmi che i giochi sono ancora aperti. Inizio quindi a riallenarmi, poco alla volta aumento i km poi vado in vacanza e mi fermo di nuovo ed è esattamente nel viaggio di ritorno che inconsapevolmente decido di provarci e così riprendo, con una costanza e una dedizione impeccabili. Sappiamo tutti però che questa è una condizione di sicuro necessaria, ma non altrettanto sufficiente, al raggiungimento dell’obiettivo di una maratona che nel mio caso era “semplicemente” tagliare il traguardo.
Le gambe c’erano, la testa c’era, il cuore non chiedeva altro.
Non mi ripeto sulla maniacalità dei preparativi di cui tanti hanno parlato. Io non sono stata da meno!
Venezia 26 ottobre 2014.
Dopo una ricca colazione salgo sulla navetta che mi porta dall’hotel a Mestre. Insieme a tutti gli altri atleti prendo l’autobus che da Mestre porta a Stra (luogo della partenza). Il tragitto è lungo e sembra di stare in un mezzo a Roma all’ora di punta, unica differenza è che tutti hanno le scarpe da corsa! Come arrivo intercetto subito Luca ed Elisa sorridenti come sempre che mi salutano con tutto il loro calore e pian piano ci dirigiamo insieme alla griglia di partenza.
Con Elisa, con la quale ci eravamo già spallegiate in un allenamento di lungo domenicale, decidiamo di iniziare fianco a fianco. La bellezza della riva del Brenta è difficile da descrivere, poi con una giornata spettacolare come quella, con il sole che dorava dolcemente i colori dell’autunno, tutto si esaltava. Le prime sensazioni:  calore, calma e gioia. Si perché ero consapevole di avere davanti a me tanti km ma di questo ero felicissima. Io ed Elisa cerchiamo di prendere il ritmo che ci eravamo indicativamente date, con un tira e molla tipico di chi non ha molta esperienza e rimproverandoci a vicenda quando spingevamo troppo. Tutto questo guardare l’orologio ha avuto fine quando Elisa, nel chiedere conferma del ritmo ad una persona a fianco a noi, riceve in risposta: “Non so, io corro senza orologio, a sensazione e campanili!” Magia! Quelle parole sono entrate in sintonia perfetta con la poesia che avevo intorno. Da quel momento io ed Elisa, senza dirci nulla, abbiamo guardato sempre meno l’orologio e ascoltato sempre di più noi stesse e ciò che ci circondava. Da brave allieve ci siamo rifornite ad ogni ristoro senza mai fermare le gambe (grazie Chiara, Fabrizio e Francesco per avermelo detto!) e poi ci siamo fatte trasportare dal passaggio nei paesini, dal calore delle persone, dalla musica dei gruppi che suonavamo per noi, dai bambini che volevano “battere il cinque” e ci siamo divertite (grazie Camila e Peppa che mi avevate detto di godermela!).
Passa la mezza in tranquillità e arriva il tratto meno piacevole a Marghera e poi l’ingresso a Mestre. Arriviamo a 30 Km senza problemi  (lì ti ho pensato Roberta e sai perché!) ma sapevamo di dover attraversare a breve il ponte della Libertà, il tratto sul mare che collega Mestre a Venezia, il più critico del percorso (nulla a confronto della tua esperienza Giancarlo!)
Prima del ponte la delusione. Elisa vede Luca che cammina a bordo strada. “Amore no!” quelle parole e quel tono di dolore sono ancora vivi nei miei ricordi. Le sue lacrime, l’abbraccio con Luca e forse la voglia di fermarsi anche lei. Senza insistere ma con i miei modi forse non troppo delicati la invito a non fermarsi e a prendere quella medaglia per regalarla a Luca.
Ricominciamo a correre al nostro ritmo, anzi a ritmo più sostenuto forse per la rabbia... chissà.
Saliamo sul ponte. Vento leggero, mare, luce accecante. Fianco a fianco poi una dietro l’altra poi senza chiedere il permesso ma con tacito consenso iniziamo a correre da sole, io con i miei pensieri,  lei con i suoi.
Questo ponte è lunghissimo, Venezia la vedo ma non si avvicina mai. L’anca che già al decimo mi dava fastidio inizia a bruciare. A quel punto mi dico che devo andare, ce la devo fare e aumento un po’ il ritmo e con fatica arrivo alla fine del ponte e sorpasso un atleta cieco con il suo accompagnatore urlandogli tutta la mia stima. Mi carico ancora di più, corro, corro, incrocio Stefano, una persona conosciuta in treno che mi incita, entro a Venezia. L’ingresso alla città è un po’ modesto ma quando si apre lo scenario e arrivo al km 40 inizia a salire un’emozione mista a commozione che chi conosce può capire. Salto sui ponti, arrivo a piazza San Marco gremita di persone, rido, piango, rido, non ci credo, ci credo. 
Ultimo ponte, un saluto e arrivo!
Dopo poco arriva Elisa, in lacrime anche lei. Poi la sorpresa più bella: arriva Luca con la medaglia al collo.
Grazie Venezia per avermi regalato un’emozione così bella!
Grazie Elisa per avermi accompagnata, non sarebbe stato lo stesso.
Grazie anche a tutti quelli che non ho citato, ma tanto lo sanno che mi hanno aiutata!!!

lunedì 27 ottobre 2014

Play List

... ed ora che del mio domani non ho più la nostalgia...
 

Vasco Rossi "Stupendo"

È nei ritagli ormai del tempo
che penso a quando tu eri qui
era difficile ricordo bene
ma era fantastico provarci insieme.
Ed ora che non mi consolo
guardando una fotografia
mi rendo conto che il tempo vola
e che la vita poi è una sola...
E mi ricordo chi voleva
al potere la fantasia...
erano giorni di grandi sogni........sai
erano vere anche le utopie
Ma non ricordo se chi c'era
aveva queste queste facce qui
non mi dire che è proprio così
non mi dire che son quelli lì!

E ora che del mio domani
non ho più la nostalgia
ci vuole sempre qualche cosa da bere
ci vuole sempre vicino un bicchiere!
Ed ora che oramai non tremo
nemmeno per amore...sì!...
ci vuole quello che io non ho
ci vuole "pelo" sullo stomaco!

Però ricordo chi voleva
un mondo meglio di così!
sì proprio tu che ti fai delle storie...(ma dai)...
cosa vuoi TU più di così
E cosa conta "chi perdeva"
le regole sono così
è la vita! ed è ora che CRESCI!
devi prenderla così......

SI!!!!
STUPENDO!
MI VIENE IL VOMITO!
è più forte di me
NON lo so
se sto qui
o se ritorno
se ritorno
se ritorno tra poco, tra poco....tra poco

Però ricordo chi voleva
un mondo meglio di così!
ancora tu che ci fai delle storie...(ma dai)...
cosa vuoi TU più di così
E cosa conta "chi perdeva"
le regole sono così
è la vita ed è ora che CRESCI!
devi viverla così.......

SI!!!!
STUPENDO!
MI VIENE IL VOMITO!
è più forte di me
NON lo so
se sto qui
o se ritorno
se ritornoooo

"Il cuore oltre l'ostacolo" di Maria Pia De Santis

I grandi amori non sempre li riconosci da subito, non sempre sono colpi di fulmine improvvisi a volte hai bisogno di tempo per capire che lo siano.
Ecco la corsa è stato quel tipo d’amore, quello che ti si avvicina piano piano e ti rapisce.
Solo un anno fa non avrei mai pensato di iniziare a correre né tantomeno di fare poco più di 21 Km.
Così ho iniziato a percorrere con estrema lentezza i miei primi kilometri settimanali un po’ per fuggire dalla noia e dall’apatia in cui ero avvolta un altro po’ perché trascinata dalla curiosità che mi avevano infuso Anna e Luisa.
Era solo aprile di quest’anno quando ho conosciuto Sandro che ha deciso di colorarmi di verde ramarro e sempre aprile quando ho incontrato Lise, una di quelle persone che noti quando passa perché non puoi non farlo, che ti incanta con quello sguardo blu mare e che ti vede per come sei, non per come vorresti apparire.
A lei devo questa follia quando ancora non credevo di farcela, non credevo di avere gambe capaci di correre, lei che mi ha detto “è maggio mancano tanti mesi ad ottobre ce la farai”.
E, così, con la solita trascinante incoscienza abbiamo deciso in meno di dieci minuti a maggio di unirci al gruppo dei nostri amici di Amsterdam e di rapire anche Luca: la mia prima mezza Maratona, i miei primi lunghissimi 21 Km.
Nonostante gli allenamenti deludenti, nonostante il caldo dell’estate romana ancora di più dei brulli tratturi pugliesi, nonostante la mia avversità a tutto ciò che sono numeri, tempi, di allenamento, lunghi, allunghi e la disciplina ho capito che nella corsa la mente è tutto: i sogni nascono da lì, ma con le gambe ci si può arrivare, ci devi arrivare.
Con estrema fatica sono arrivata al mio ultimo lungo di 18 Km quello in cui ho pensato che non ce l’avrei fatta, che avevo un problema: avevo sottovalutato i miei limiti e sopravvalutato la mia indolenza, ho pensato di non partire, di non esserne capace.
Seduta sulla ciclabile alle otto di sera, con gli occhi chiusi, il sudore salato sulla pelle ed il respiro che si faceva più lento ho deciso comunque di provarci, nonostante il morale sottoterra, di gettare il cuore oltre l’ostacolo.
Arrivati ad Amsterdam la mattina presto l’aria era pungente, i gradi troppo bassi, già la pioggia si faceva sentire, ma i brividi più forti erano dentro di me: i giorni prima erano stati movimentati, pesanti, non proprio perfetti, ma si sa, la vita non è certo perfetta.
Le ore prima della gara sono state molto lente a passare, segnati dalle troppe e tante risate con i miei compagni di avventura, troppe fino alla partenza dell’ultima griglia che era fissata alle due
Ma penso che l’emozione più forte sia stata quando, poco prima della partenza, la mia adrenalina era nuovamente crollata, è stata risollevata di colpo dagli abbracci forti che ti tolgono il fiato con Lise, Luca, Antonio e Fabio.
Partiamo insieme lentamente fino ad arrivare alla grigia rosa io Lise e Luca sorridenti: ma alla partenza perdiamo già Luca, lui è già volato via, lo riesco a scorgere per il primo Km in lontananza, accanto a me c’è Lise.
Inizio faticosamente a correre, guardo il mio Garmin, niente le mie gambe non girano, il piede reduce da una storta la settimana precedente fa male: i primi 5 Km procedono con estrema fatica.
Stringo i denti, guardo il cielo, inizia ad uscire il sole e decido di andare, di lasciarmi trascinare da tutti quei colori intorno, da una mano tesa sconosciuta di chi non aveva gambe adatte a correre eppure lo faceva: in quel momento tutto ha ricominciato a fluire.
Mi sento libera, la musica che suona nelle orecchie, le voci di chi ti incitava, i respiri lenti e tutti quei km fino alla fine sono stati una storia d’amore, con la mia anima, con la città, con gli alberi ai bordi della strada, con i colori ed ero infinitamente felice.
Con estremo stupore non avvertivo più la fatica né i dolori: le malto avevano fatto il loro dovere, ma forse ancora di più avevano fatto le mie endorfine.
L’ingresso nello stadio è stato magico: tutta quella gente, i colori, i suoni lontani: riesco a vedere Luca che mi abbraccia, mi bacia, mi toglie quel poco di respiro  e come avrebbe detto Gino Paoli, a quel punto: “mi sono seduto ed ho usato tutte le lacrime che non ho pianto”.
Più dei kilometri, più della fatica porterò dentro la gioia, i sorrisi, le nuove amicizie e le vecchie amicizie

Un grazie speciale ai miei amici Lise e Luca per avermi supportato, ma soprattutto SOPPORTATO.

Ricominciare a fluire....

sabato 25 ottobre 2014

Il pagellone!!!

Dopo le Vacanze Romane di marzo, anche la trasferta di Amsterdam è passata alle nostre spalle. Con lo stesso spirito scanzonato vi propongo le mie personalissime pagelle sulla trasferta in terra olandese.

HOTEL LARENDE:
Poteva meritare una striminzita sufficienza per quello dimostrato sul campo, ma il piatto di spaghetti in bianco presentato la sera prima della maratona demolisce quanto di buono fatto sino a quel momento. Scotto, sciapo e immangiabile, mai spaghetto fu più maltrattato. ASSASSINI.
Voto: 4

MARATONA DI AMSTERDAM:
L'organizzazione Orange "offre" una magliettina tecnica in un'elegantissima busta di plastica Mizuno e... nient'altro. Le strade del percorso, per buona parte fuori mura, sono strette e affollate. Poco spazio alle bellezze cittadine.  
ROMA-AMSTERDAM=2-0
Voto: 4

CLIMA:
L'ultima volta che hanno visto il sole da quelle parti Adamo portava ancora la foglia di fico all'altezza dell'inguine. Partiamo da Roma con il sole e l'estate nel cuore per arrivare in Olanda con il generale inverno alle porte. Pioggia, vento e freddo il menù del giorno. 
SBIADITI.
Voto: 4

BICICLETTE:
Sir Alfred Joseph Hitchcock avrebbe potuto scrivere una trilogia horror sul mezzo di trasporto preferito dagli abitanti di Amsterdam. Prima di recuperare dal trauma da ciclabile dovremo inanellare ore di sedute da un buon specialista. Mai distrarsi.
INQUIETANTI.
Voto: 4

AMSTERDAM:
Nel confronto con la capitale olandese, la nostra Grande Bellezza, assomiglia di più ad una città del terzo mondo. Non una foglia, non una sigaretta, nessuna traccia di spazzatura o miseria umana. Servizi efficienti e regole rispettate. Per noi ancora tanta strada da percorrere....
AMSTERDAM-ROMA=3-0
Voto: 10

I SAMMARCO'S:
Chi più e chi meno portano tutti a casa i loro 42,195 km. Non saranno arrivati i best time, i personal best o i primati del mondo, ma dietro di loro c'è molto di più di una semplice prestazione sportiva. C'è la voglia di stare insieme, c'è l'amicizia, cose che vanno oltre il tempo in gara. 
Cose che qualcuno non conosce e non conoscerà mai. 
E da martedì si ricomincia.......
Voto: 10

Happy Post!!


Play List

Luca Carboni & Lorenzo Jovanotti - Ci Vuole Un Fisico Bestiale



Ci vuole un fisico speciale per fare quello che ti pare perché di solito a nessuno vai bene così come sei Tu che cercavi comprensione sai, comprensione sai ti trovi lì in competizione sai, in competizione sai  Ci vuole un fisico bestiale per resistere agli urti della vita a quel che leggi sul giornale e certe volte anche alla sfiga  Ci vuole un fisico bestiale sai, speciale sai anche per bere e per fumare sai, fumare, sai  Ci vuole un fisico bestiale perché siamo sempre ad un incrocio sinistra, destra oppure dritto (dritto) il fatto è che è sempre un rischio  Ci vuole un attimo di pace sai, pace sai di fare quello che ci piace sai, ci piace sai  E come dicono i proverbi e lo dice anche mio zio mente sana in corpo sano e adesso son convinto anch'io  Ci vuole molto allenamento sai, allenamento sai per stare dritti controvento sai, allenamento sai  Ci vuole il fisico e il carico e il manico Ci vuole di non farsi prendere dal panico Il tocco magico, lo slancio atletico L'afflato mistico e il diploma allo scientifico Il piano B da realizzare quando è sabato La scarpa giusta e il materasso morbido Ci vuole un dio che ci protegga quando il gioco si complica E un po' di pratica con l'informatica E se si fa drammatica la situazione, ciak, motore, azione  Ci vuole un fisico bestiale per stare nel mondo dei grandi e poi trovarsi a certe cene con tipi furbi ed arroganti  Ci vuole un fisico bestiale sai, speciale sai anche per bere e per fumare sai, fumare sai  Ci vuole un fisico bestiale il mondo è un grande ospedale e siamo tutti un po' malati ma siamo anche un po' dottori  E siamo tutti molto ignoranti sì, sì ma siamo anche un po' insegnanti sai. insegnanti sai  Ci vuole un fisico bestiale perché siam barche in mezzo al mare

"C'ero anch'io" di Antonio Verzino

Eccomi c'ero anch'io, a discapito del mio infortunio.
Partire o non partire... il dilemma era questo fino a pochi giorni prima della gara, poteva essere un azzardo solo pensare di correrla, ma l'affetto che mi avete dimostrato mi ha convinto ad esserci.
La gara... che dire, dopo avere salutato Lise, Mapi, Luca e Fabio, compagni della "mezza", mi ritrovo nella fatidica griglia "Orange", la prima a partire. Vedo gente che si riscalda, chi fa allunghi, chi scatti veloci ed io? Io niente sto li a guardarli penso solo a limitare i danni, ad ascoltare il mio corpo, perché al primo segnale di sofferenza so che guadagnerò l'uscita. Non importa mancano pochi minuti e ... via!!! 

Parto prendo il mio ritmo come se tre mesi di stop forzato non fossero mai esistiti, guardo il mio Garmin e penso che, o i satelliti di Amsterdam sono strafatti o sono io che mi sto lasciando trasportare un po' troppo dall'onda "orange" per cui decido di tenere un ritmo più consono al mio status di convalescente.
Idealmente suddivido la gara in tre parti anche se al mio attivo ho solo 15 km in allenamento, la strada scorre veloce, colori e suoni fanno da coreografia al nostro passaggio, gente che legge il tuo nome e ti incita. I nostri chilometri coincidono a tratti con la parte finale della maratona e il mio pensiero va agli amici che sono passati da li, cercando di immaginare la loro fatica, ma devo pensare a me, sono al 18°, sento che le gambe stanno cedendo, con poco allenamento non si va lontani, ma nel contempo sono felice di non avvertire alcun dolore alla schiena.
Stringo i denti e da li a poco entro nello stadio chiudendo con un tempo che non mi sarei sognato di fare.
Grazie Amsterdam, grazie ramarri!




venerdì 24 ottobre 2014

"La salute non vale una gara" di Francesco Sammarco

Descrivere le mie impressioni su Amsterdam è ardua impresa.
Mi era stata presentata come una gara di facile gestione, ma definire facili 42.195 metri credo sia inopportuno. Sono tanti e pieni di imprevisti, puoi essere super allenato, ma devi sempre aspettarti il conto in anticipo ed io, questa volta, ne ho la prova provata. Al trentesimo chilometro, con una media di tutto rispetto, mi si è spento l'interruttore. Provo e riprovo più volte, ma il mio equilibrio psicofisico ormai si è rotto!!!! Devo tener fede a quanto spesso dico e professo “la salute non vale una gara”. Inizia la mia maratona fatta di tanta gente che ti incita, ti sostiene vedendoti camminare sul ciglio della strada, i magnifici colori delle case olandesi, gli sguardi di apprensione degli splendidi amici di squadra che rimangono sbigottiti nel vederti camminare. In loro leggo la delusione e la preoccupazione per me, li incoraggio a proseguire rassicurandoli. Infine gli ultimi due chilometri abbracciato a Stefano, sorridendo di un traguardo inaspettato e forse insolito. Ecco… la mia maratona trova la sua soddisfazione nel sapere che ho tanti amici vicino con il quale ho condiviso mesi di lavoro e tanto affetto!! Questo non ha prezzo e vale tanto di più di un 3.20 ipotizzato come “personal best”. Di maratone se ne possono ripetere tante, ma di emozioni come quelle che ho provato camminando 10km, mai più! Certo la delusione c’è stata e questo è indiscusso, questa però non è una sconfitta, ma solo un punto di riflessione. Tutto il resto come diceva Califano è noia!! 
Alla prossima!!!

Un grazie di cuore a Peppa, Carlo, Alberto, Claudio, Chiara, Fabrizio, Fabio, Chiara, Stefano, Simona, Lise, Mapi, Luca, Marco, Antonio e Fabio, per il loro calore... e colore. Al mio grande amico Nello Cara, che con la sua grande passione mi ha portato a vivere il bello dello Sport SANO!!
A Luca per le sue tabelle!!!!
A Franca per le rinunce a supporto dei miei allenamenti!!
Correre è anche questo!!!!


giovedì 23 ottobre 2014

I am Carlo

La mia maratona ad Amsterdam è iniziata a Valencia, dopo aver chiuso la mia prima esperienza sulla distanza di Filippide in 4h e 25m. Mi rodeva da morire, era la mia prima maratona e l’unico obiettivo che mi ero posto era quello di arrivare, ma in realtà… sotto, sotto… sognavo di iniziare almeno sotto le 4 ore. Quindi quei 26 minuti in più, corsi con estrema sofferenza, proprio non mi andavano giù. Tornato dalla Spagna quindi ho preso il calendario cercando  la prima maratona “utile” per la mia personalissima riscossa. 
Amsterdam!! Perché no, una bella città da visitare e una bella maratona da correre e soprattutto un anno intero per migliorare. Con 11 mesi di anticipo mi sono iscritto, scatenando anche l’ilarità di molti, ma in fondo sono così, su certe cose sono deciso… su altre molto meno.
Con tanto anticipo ho posato l’idea di Amsterdam in un cassetto e l’ho chiuso, per poi riaprirlo il 1° luglio.
La cosa logorante di una maratona è la preparazione, correrla è molto più facile, sono “solo” 42 km.
Prepararla invece, soprattutto nei mesi estivi, è faticoso. 
Caldo, afa, mare, bibite, gelati… tutto ti porta fuori dal seminato, troppe tentazioni. Ci vuole testa. Alla fine dei conti, prima della partenza, ho potuto farmi pochi rimproveri, ho dato il massimo in allenamento, in termini di impegno e dedizione. Diciamo che al nastro di partenza ero quasi in forma. 
Pre-gara
Della città e dei suoi abitanti ho capito poco. Biciclette lanciate a folle velocità con l’unico obiettivo di portarsi a casa almeno la gamba di un pedone, coffee-shop tristi e dismessi, e un quartiere a luci rosse che regala immagini di caricature femminili esibite non si sa per chi, in vetrine squallide e davvero poco allettanti.
Amsterdam comunque è molto di più, è un senso di civiltà e cultura diffusa in ogni strada, eleganza e accuratezza, una donna affascinante avvolta in un impermeabile grigio.
Il giorno della gara, dopo un piatto di spaghetti in bianco della sera precedente (sul quale bisognerebbe scrivere trattati di pace tra i popoli), inizia molto presto… anche troppo. Lauta colazione, partenza decisamente anticipata per lo stadio olimpico e luci dei lampioni ancora accese. Sul posto arriviamo davvero presto, ci siamo solo noi e i bagni chimici.
Lo stadio olimpico con il passare dei minuti diventa una specie di formicaio. Migliaia di corpi si accalcano sui banchi del deposito borse, file ai vespasiani e orde di runners che vagano in cerca di minuti da perdere in attesa della partenza. In tutto questo io mi perdo. Sono più rilassato dei giorni precedenti, la tensione accumulata è come svanita via, ormai non rimane che correre e questo lo so fare. Il resto dei miei compagni viene fagocitato dal caos generale e io mi ritrovo da solo alla ricerca della mia griglia... quella arancione.  Entro nel fiume di gente che lentamente si dirige all'interno dello stadio. Dallo start alla mia partenza passano almeno 10 minuti. 
Arrivo zona maratona
La gara è particolare, soprattutto all'inizio,  strade strette e troppa gente davanti, il ritmo che mi ero prefissato va subito a farsi benedire, cerco in ogni modo di rimanere calmo, di non "strappare", ci sono 42 km da correre e tanto tempo per recuperare. Nei primi 7 km il pensiero fisso che ho è quello di ritirarmi, le gambe non vanno, il marsupio pieno di malto-destrine continua a sbattermi sulla vescica, Fabrizio che lentamente se ne va. Alzo gli occhi al cielo e dietro il tetto di una casa si affaccia un tiepido sole e mi domando quanto tempo ci impiegherà per fare il suo lavoro e scaldare un po' l'aria. Nelle cuffiette Gino Paoli comincia a cantare... "che cosa c'è..." e tutto cambia. Mi rilasso, al 10mo decido pure di espletare un bisognino e da quel momento la gara diventa tattica, mi metto in attesa. Il mio fisico risponde egregiamente,  sento che potrei spingere però mi trattengo. Il percorso (non eccezionale ndr), ci porta 
Il canale
fuori città, lungo un canale dove la strada è ancora più stretta. Il cielo grigio si specchia nell'acqua e il freddo si fa più intenso. Prima di ogni ristoro faccio attenzione a consumare le "malto" per poi deglutirle meglio con l'acqua. Al 17mo mi scuoto e decido di cambiare passo, mi sento la gamba calda e ho voglia di provarci. Mi sposto sulla sinistra e do una sferzata decisa all'andatura, abbasso 20 secondi a km e mi porto sui 5'. I miei compagni davanti a me non si vedono e penso che stanno facendo una grandissima prova, io continuo ad andare del mio e a sfilare di fianco al serpentone dei corridori. In lontananza intravedo Fabio e Fabrizio, mi sembra quasi di commettere peccato nel superarli, sto un po' con loro e con un ragazzo della Lazio runner che comincia a chiacchierare. In cuor mio ho voglia di andare, li saluto e penso che probabilmente sto facendo una sciocchezza e sto serrando troppo i ritmi. Nelle orecchie tutta la musica di mia madre, dai Ricchi e Poveri fino a Little Tony, sarà strano, ma mi danno una carica! Dopo di loro affianco un ragazzo che sulla maglietta porta una scritta "Dad it's for you - 19/10/2013", gli alzo il pollice in segno di approvazione e vado avanti.  L'unico suono che riesce a sovrastare il volume alto delle cuffiette è la voce di Peppa che urla il mio nome, un sollievo per gli occhi. 
Integratori Olandesi
La prima leggera crisi la sento al trentesimo chilometro. Prima del ristoro butto giù una boccetta Enervit e subito un forte dolore al fegato e alla milza mi piega in due, stringo i denti e tengo duro... davanti a me c'è Claudio. La sua corsa non è brillantissima, gli do una pacca sul sedere e tiro dritto, è un combattente e so che terrà duro fino all'arrivo. Nella mente divido la gara in tanti piccoli tronconi, comincio a giocare con la matematica. Penso e ripenso a quando arriverà la crisi, perché tanto prima o poi arriverà. Mi fa forza il ricordo del Direttore mentre mi spiega la teoria del non stare troppo sulle gambe e degli ultimi km più alti sulla media generale. Inevitabilmente, come da copione,  "il muro" arriva e coincide con la vista di Francesco che procede lentamente a lato della strada. L'impossibilità di aiutare un amico in difficoltà mi pervade di un senso di impotenza disarmante. Questa immagine, inaspettata e quasi irreale, mi sconforta e mi butta giù. Riprendo a commettere il più vecchio dei miei errori, abbasso il tronco in avanti e accorcio la falcata. Davanti a me ci sono 4 km e mi sembrano interminabili. A ogni passo faccio sempre più fatica, ai lati della strada il gruppo di persone che cammina aumenta e spero con tutte le forze di non farne parte. Un prurito al polpaccio sinistro accende un altro campanello d'allarme, i crampi sarebbero la resa definitiva. Al 41mo chilometro, come da tradizione, tra il mio Garmin e i cartelli chilometrici ci sono circa 500 metri di differenza, un'infinità. Prima di entrare dentro lo stadio vedo Lise e Luca, ma non riesco a vedere Maria. Il rosso della pista d'atletica mi tira fuori le ultime energie per chiudere gli ultimi metri che mi dividono dalla linea d'arrivo. Alla fine chiudo con 3:47:20, il mio personal best. 
Spesso mi capita, al termine di una maratona, di sentirmi svuotato nelle motivazioni, di avere bisogno di ricaricare le batterie, questa volta invece non è così, mi sento carico e pronto a ricominciare a faticare. Ho deciso che per il momento accantonerò in parte la corsa per dedicarmi ad altri sport. Ho bisogno di sentire il cambiamento, dopo tanti anni è giusto guardare altrove e cercare nuovi stimoli, nuove persone da conoscere e nuovi colori da indossare.... forse.


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