sabato 17 novembre 2012

La fuga

Ama, Acea, Planimetrie, piagnistei, bla... bla... bla..., ALT! Fermi tutti.
Ad un certo punto la mente si ferma, gli occhi vedono il movimento delle labbra altrui, ma le orecchie non percepiscono il suono, tutto si fa molto ovattatato, solo una vocina da dentro ti fa dire "vado a correre", allora ti alzi e come nella più classica delle ritirate, prendi su le prime cose che servono e ti catapulti fuori... niente gare, ma la classicissima uscita che da ormai un anno a questa parte è diventata compagna, amante e soprattutto terapeuta. Il luogo è sempre quello, Villa Pamphili, un tempo sconosciuto posto privo di interesse, oggi il mio tempio dedicato alla salute del corpo e della mente. La salitella di Sanpietrini all'ingresso, da fare a marcia ridotta, è il preludio alla fatica, raggiungi la cima e sei lì, sguardo a destra verso la casetta dei runner e a sinistra verso il viale alberato dove già qualcuno corre. Un po' di stretching, il chrono e via... oggi niente tempi, niente lavori, solo lei... villa Pamphili. Le gambe un po' dure ancora offese dalla fatica di domenica stentano a reagire, qui e là le mamme con i loro passeggini che si pavoneggiano dei loro tesori nascosti sotto le copertine, anziani che passeggiano con sguardi malinconici. I colori sono accesi, il verde è lussureggiante e il cielo è più azzurro, corro la mia oretta con estrema passione, stringo i denti e mi godo tutti i profumi del bosco. Quando torno a casa le ricevute, i pagamenti e i bla... bla... bla... sono ancora lì, ma hanno tutto un altro sapore. 

@ fotofhania - Villa Pamphili - Roma

domenica 11 novembre 2012

La mia prima mezza...

www.romacorre.it
Nonostante la sveglia fissata per le ore 06.30, alle 05.45 sono già in piedi. Scivolo fuori dal letto nel silenzio più assoluto, neanche fossi un topo d’appartamento, sono molto in anticipo rispetto all'incontro fissato con Roberto per le ore 07.45. Un’ora e un quarto è più che sufficiente per prepararmi, evitando di farlo la sera prima e poi quell'oretta di solitudine mi piace, Roma ancora dorme, i figli pure e tutto è semplicemente… silenzio. Per me è quasi un rito, tutto deve essere svolto con assoluta calma, caffè caldo non troppo amaro, due fette di pane con il miele, il borsone, il completo da Ramarro, il cambio per la pioggia e soprattutto le scarpe… fedeli compagne di tanti chilometri, oggi all'ultima uscita... tutto accuratamente posizionato all'interno della sacca. La luce fuori dalle finestre è più forte, il giorno è cominciato, ma dentro casa la notte è ancora sovrana come non volesse andar via. Fuori le nuvole sono nere e non lasciano presagire nulla di buono, ma la temperatura è gradevole. Arriva il momento di uscire, chiavi della macchina in mano e borsa nell'altra inforco le scale del mio palazzo e tutte d’un fiato me le lascio alle spalle, davanti al portone la macchina ad attendermi, parcheggiare davanti casa è un miracolo a Roma. Passo sul luogo dell’appuntamento e trovo Roberto in tenuta da gara, pronto ad aspettarmi con ancora tanto sonno a fargli compagnia. Il tragitto passa veloce, Fiumicino è vicina e non ci vuole molto, le solite quattro chiacchiere pre-derby e siamo in zona palazzetto dello sport dove fortunatamente troviamo un grande parcheggio. Tante auto, tanta gente, solita atmosfera ludica, ma con un’insolita variante… il libeccio, forte e caldo. A circa 100 metri da noi scorgiamo il gazebo bianco e verde degli Amatori di Villa Pamphili (un gruppo fantastico), non ci sono le bandiere a sventolare per via del vento, ma è ben riparato da una casetta dell’Enel, ottima sistemazione. Saluti e convenevoli come da copione e soprattutto ritiro del pettorale, oggi mi tocca il 1313, non mi piace un granché, il 14 è il mio numero preferito, ma non è poi un grande problema. Tolgo la tuta, via le scarpe e indosso calzoncini e canottiera bianco verdi, il mio ramarro sul petto ha lo sguardo aggressivo oggi, io molto meno, ipod al braccio, indebitamente asportato nella notte dalla scrivania della mia piccola Giulia, sintonizzato sui 92.7 per sentire un po’ di corbellerie calcistiche su Roma e Lazio. Roberto è in forma, l’influenza l’ha finalmente abbandonato, tonico come sempre m’invita ad iniziare il riscaldamento, intorno al palazzetto di Fiumicino migliaia di persone corrono su e giù lungo il viale come uno stormo di storni che insegue il capo e si lasciano andare a giochi e acrobazie degne di un pittore. Gli ultimi minuti passano veloci ci portiamo verso la linea di partenza dove troviamo già tante persone che cercano di accaparrarsi i migliori posti per la partenza, con assoluta reverenza e ammirazione si lasciano i posti davanti ai runner più forti per evitare”tappi” insensati, il bello di quest’ambiente è che non ci sono prime donne, ma tanti amanti di uno stile di vita. Lo speaker avvisa che manca 1 minuto alla partenza, con Roberto ci salutiamo lui si porta più avanti per raggiungere la zona più adatta al suo crono, io mi piazzo davanti al pacemaker con il palloncino fuxia che segna 1h 45... è il mio secondo obiettivo, il primo è solo arrivare. E’ la mia prima mezzamaratona, sono pronto, emozionato e eccitato, niente paura, niente giochi... solo sport.
3… 2… 1… partenza! Il ruggito della folla e le prime gocce d’acqua iniziano la competizione insieme, poche decine di metri e subito una rotatoria ci lancia nel controviale come a fare da molla, solita bagarre per cercare un metro di strada libera davanti, attenti a non sgambettare chi si trova a pochi centimetri da noi. Il cartello del primo km arriva quasi subito, il ritmo è quello programmato e all'orizzonte non sembrano esserci problemi, tutto procede al meglio, la strada è abbastanza larga da permettere una discreta distanza tra i runner presenti. La gente che guarda non sembra molto entusiasta di questa invasione e le macchine che aspettano il passaggio del gruppo hanno sguardi sinistri e spazientiti. Fino al 7° km tutto procede al meglio, corriamo fuori dal centro abitato, poi mi accorgo di aver commesso un errore abbastanza grossolano, esco dal gruppo e mi metto a fare andatura davanti al pacemaker, lasciando che il vento si abbatta su di me con tutta la sua forza. Sul lungo mare tra l’ottavo e decimo chilometro soffro parecchio le condizioni meteo, anche se la pioggia non è ancora battente. A metà percorso si scatena il diluvio. Stiamo per risalire il Tevere e vedo tante persone abbandonare la gara, le condizioni diventano a dir poco proibitive, vento trasversale e pioggia forte, le nubi nere lasciano la sensazione che stia tornando in anticipo la sera. Le scarpe appesantite dalla pioggia e dall'acqua sull'asfalto, le pozzanghere sono tante, qui e là ogni tanto si vede il flash di qualche fotografo che solidarizza con noi e si prende la propria dose di acqua. Riesco a tenere il ritmo dei 5’ a km, con qualche difficoltà, fino al 14° poi entro irreversibilmente in crisi, maledicendo i 10 km del giorno prima fatti a 4’50, troppo per me. Stringo i denti e pian piano perdo contatto con il mio gruppetto e soprattutto con quei palloncini fuxia che mi avevano dato forza. L’andatura diventa sempre più lenta, cerco però di non demordere e soprattutto di non andare via con la testa, rimango concentrato, nelle cuffie mi passano i gol dei vecchi derby vinti dalla Roma e “urlati” da Carlo Zampa, il volume è troppo alto, ma non ce la faccio neanche ad abbassarlo, dovrei “smontarmi” il braccio. Gli altri corridori che mi sfilano m’incitano, grazie a Francesco un altro Ramarro di Villa Pamphili e a Roberta con il nome scritto in bianco sulla canottiera blu, arrivo al ristoro del 18° km con le labbra completamente asciutte, nonostante la pioggia. Bevo un sorso d’acqua al ristoro rischiando di affogare, e comincio a contare uno ad uno i birilli arancioni e bianchi che delimitano la corsia a noi riservata rispetto alla auto, tento di distrarre la mente dalla fatica. Continuo a ripetermi che devo farcela, non sto andando poi così male e la pioggia è anche finita. Il cartello dei 20 km, mai percorsi in vita mia, è bello e mi strappa un sorriso, vedo da lontano il palazzetto dello sport, manca poco ma non sono ancora arrivato e non devo mollare. C’è più gente in giro, ci sono molti fotografi, qualcuno incita a non mollare, tanti hanno già finito… lì davanti a me ci sono gli ultimi 100 metri, ultimo flash, sono arrivato, fermo l’orologio a 1h47’54” con 5’07 a km. Le gambe m’implorano di fermarsi, cammino e vedo Roberto che si sta già cambiando. 
Sono distrutto, ma sazio di felicità, ce l’ho fatta, la mia prima mezza maratona.

Fiumicino Half Marathon - 11/11/2012

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